E ora l’attenzione è puntata sulle prossime mosse della procura di Monza,sugli ulteriori “atti d’indagine” (interrogatori, verbali di sommarie informazioni testimoniali, trascrizioni di intercettazioni telefoniche e ambientali) che i pm Walter Mapelli e Franca Macchia, titolari dell’inchiesta sul cosiddetto “Sistema Sesto”, depositeranno in occasione dell’udienza davanti al collegio del Riesame. I rappresentanti dell’accusa non demordono: secondo loro Filippo Penati e il suo ex braccio destro Giordano Vimercati avrebbero concusso Piero Di Caterina e Giuseppe Pasini, i due imprenditori interessati alla riqualificazione dell’ex area Falck di Sesto
SanGiovanni che, con le loro rivelazioni, hanno provocato il terremoto giudiziario. Concussione e non corruzione, come sostiene il gip monzese Anna Magelli, che ha respinto la richiesta d’arresto per Penati e Vimercati perché i reati che avrebbero commesso sono prescritti. Oltre che sui gravi indizi di colpevolezza (del resto riconosciuti dallo stesso gip), i pm puntano anche (e soprattutto) sulla sussistenza delle esigenze cautelari. Una in particolare: il rischio dell’inquinamento probatorio. È per questo che, sia nella richiesta cautelare che nel ricorso al Riesame, cercano di dimostrare che, da un certo punto in poi, tra l’ex Presidente della Provincia di Milano e Piero Di Caterina si viene a stabilire una sorta di dipendenza psicologica. «Penati – scrive la procura – si sente costantemente in debito con l’imprenditore, perché ne teme le rivelazioni». Fino al punto di intervenire, subito dopo la vittoria del centrosinistra alle elezioni amministrative milanesi, su Antonio Rugari, presidente del Consorzio trasporti pubblici dei Comuni del Nord milanese, non indagato, affinché si adoperi con il nuovo assessore alla mobilità per la risoluzione di un vecchio contenzioso che oppone Di Caterina alla municipalizzata ai trasporti. L’Idv chiede al sindaco Pisapia di «smentire al più presto tali maliziose illazioni, illustrando pubblicamente le ragioni che l’hanno spinta a scegliere una persona in particolare per l’assessorato ai Trasporti»: il riferimento è a Pierfrancesco Maran, definito dai dipietristi «un pupillo di Penati». Sul piano politico, il Pd (dal quale Penati si è autosospeso, confluendo nel gruppo misto in seno al Consiglio regionale lombardo), con il segretario Pier Luigi Bersani e il presidente della commissione nazionale di garanzia, Luigi Berlinguer, «ritiene opportuno che si avvii un’azione di immediata verifica a tutela
dell’onorabilità del partito». Berlinguer ha convocato una riunione dell’organismo per il 5 settembre, «al fine – si legge in una nota – di esaminare le iniziative da porre in essere nel quadro di una concreta azione di vigilanza». «A questo scopo – continua la nota – il presidente Berlinguer ha deciso di invitare Filippo Penati
ad ottemperare al dovere – previsto dallo stesso codice etico del Pd – di informare tempestivamente la Commissione provinciale di garanzia di Milano sui fatti che, allo stato delle indagini, lo hanno investito». Immediata la replica di Penati: «Desidero comunicare – scrive a sua volta in una nota l’ex Presidente della Provincia di Milano – che ho informato il Partito democratico della mia totale disponibilità a mettere a disposizione della commissione provinciale di Milano quanto utile per la ricostruzione dei fatti che mi hanno, come è noto, investito. Ho altresì informato il Pd che ho richiesto ai miei legali di essere a disposizione, tenuto conto dei vincoli processuali attualmente in essere, per fornire eventuali chiarimenti tecnico giuridici».
L’Unità 28.08.11
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Quel «fatto doloroso» che scuote la Festa. «Da noi serve rigore», di Maria Zegarelli
Tra la gente del Pd a Pesaro: si discute dell’inchiesta su Penati. Le parole del segretario, l’orgoglio dei volontari: «Siamo un partito sano, per questo serve un gesto di chiarezza». È un caso doloroso», dice davanti ai microfoni. Più tardi aggiunge, «è unaroba veramente inaspettata, non riesco a capacitarmi». Scuote il capo, il segretario Pd, Pier Luigi Bersani, quandogli si chiede se pensa che davvero sia successo quello che si legge sui giornali sull’ex capo della sua segreteria politica, Filippo Penati. Accuse pesantissime, corruzione, concussione e finanziamento illecito dei partiti.
Scuote la testa e risponde che no, non riesce a capacitarsi. Bersani parla da Pesaro, dove è arrivato per tagliare il nastro di inaugurazione della quarta festa nazionale del partito, bande colorate e artisti di strada suonano e si incrociano lungo le vie del centro storico, gli stand che aprono al pubblico, la band di Francesco De Gregori che scalda i muscoli,maè di Penati che si parla. Gli chiedono: «Cosa dice di quelle sue telefonate per mettere in contatto Gavio con Penati?». «Ho fatto quella telefonata per mettere in contatto due persone, un anno e mezzo prima». Tutto qui, niente più di questo, spiega. «Se qualcuno si azzarda ad accostare il mio nome a questa vicenda io lo querelo». Un duro colpo anche personale per il segretario Pd, Penati il dirigente di cui si fidava, Penati l’amministratore del Nord, Penati sotto inchiesta. Mentre parla il segretario sembra tracciare una linea immaginaria ma nettissima, di confine, tra il suo partito e l’ex dirigente. Adesso andrà tutto nelle mani della Commissione di garanzia, «abbiamo un nostro codice interno, abbiamo un
organismo che si occuperà di questo». Ieri ha parlato a lungo con il presidente Luigi Berlinguer, «La Commissione prende le sue decisioni, ha i suoi orientamenti, la pratica ». Dal richiamo all’espulsione, spetterà alla Commissione decidere. E non spetta al partito, sottolinea, stabilire se Penati, che «ha già fatto non uno ma tre-quattro passi indietro» dimettendosi dalle cariche istituzionali e autospendendosi dal Pd, debba o meno rinunciare alla prescrizione. Eppure la presa di distanza è tutta chiusa in quella risposta che a fine serata durante la presentazione del libro “Per una buonaragione” scandisce davanti alla platea. «Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, gli amministratoridevono essere più che buoni cittadini nei loro comportamenti». Penati ha fatto sapere che invierà tutti gli atti alla Commissione di garanzia provinciale, Berlinguer aprirà un’istruttoria, studierà le carte, il 5 settembre la Commissione nazionale con i suoi nove membri si riunirà e a quel punto stabilirà come procedere. L’onorabilità del partito, dice Bersani, quella va salvaguardata. Perché il Pd, insiste, non c’entra niente in questa storia, nessuna ombra. E ogni partito «dovrebbe dotarsi di una legge così, sulla trasparenza e la correttezza dei comportamenti dei suoi dirigenti».
E la base cosa pensa? Il Pd non ci sta a farsi tirare dentro questa vicenda, non ci sta alle strumentalizzazioni, agli attacchi dei Gasparri di turno. «Noi siamo gente per bene e proprio questa vicenda lo dimostra: se Penati ha sbagliato pagherà , sarà la magistratura a decidere, intanto si è dimesso dai suoi incarichi, si è sospeso dal partito», dice Silvana Faenzi, giovane segretaria di un circolo del partito. E Matteo, 31 anni, volontario della Festa, aggiunge: «deve comportarsi come qualunque cittadino davanti alla legge,ma con rigore, perché noi ci teniamo ad avere una classe dirigente per bene». Stefano, un anno di meno, volontario al Bar Rocca, interviene: «Questo è un partito sano e se una persona ha sbagliato deve farsi da parte». Proprio a loro, alle migliaia di volontari che stanno lavorando alla festa si era rivolto poco prima il segretario: «Siete un accumulatore di gente per bene e di risorse che possono dare una mano al Paese». Gente per bene, te lo ripetono ogni volta che chiedi se c’è una questione morale. Per questo «Penati si doveva sospendere prima», ragiona Roberto Cuillo, dirigente romano, «per tutta questa gente per bene». Franco di anni ne ha 70. Racconta: «Qui a Pesaro il primosindaco della Repubblica si chiamava Renato Fastigli, rimasto in carica dal 1946 al 1959. Era un imprenditore comunista che con la sua amministrazione ha ricostruito Pesaro e la sua economia. Da allora questa città è sempre stata guidata dal centrosinistra. Sfido chiunque a trovare qualcosa di poco chiaro». Mobiliere tra i più affermati della Regione, Fastigli era «guardato con sospetto dall’Urss per questa storia che era un imprenditore»,un padrone, ma qui a Pesaro ancora oggi ne parlano e proprio qualche mese fa la città gli ha dedicato il parco in via Fonseca.
Attenzione a condannare prima dei giudici, avverte Piero 73 anni, 60 anni di tessere Pci, Pds, Ds, Pd. Pesaro è una città che non dimentica quello che successe a Marcello Stefanini, suo cittadino, ex tesoriere
pidiessino travolto dall’inchiesta sulle tangenti rosse «e poi assolto 5 mesi dopo la sua morte».E ci va cauta. Il sindaco, Luca Ceriscioli, 45 anni, fa gli onori di casa. A domanda risponde: «Attenzione, perché sono i fatti come questi a segnare le differenze che ci sono in politica. Si cerca di sostenere che siamo tutti uguali, ma non è così. C’è chi si è fatto delle leggi in parlamento per eludere la giustizia e c’è chi si dimette da tutti gli incarichi e si sottopone al giudizio dei magistrati come è giusto che sia». Marco Marchetti prende a prestito proprio una canzone di Francesco De Gregori, “La storia”. Quella che a un certo punto fa «e poi ti dicono tutti sono uguali, tutti rubano alla stessa maniera. Ma è solo modo un per convincerti a restare chiuso dentro casa quando viene la sera». Non è così, dice il giovane segretario, «e qui stiamo creando l’alternativa. Non siamo tutti uguali, noi vogliamo che la gente esca e si incontri. Questo è la nostra festa».
L’Unità 28.08.11