Primo, sulla manovra: convergenze parlamentari, tra i gruppi di opposizione ma anche con la maggioranza, «non solo sono auspicabili ma devono esserci». Secondo, sulla crisi che attanaglia il Paese: è ampiamente «dimostrato» che questo governo non è ingrado di affrontarla e quindi «approvata la manovra bisogna voltar pagina». Terzo, sullo sciopero generale indetto dalla Cgil: l’autonomia del sindacato «va rispettata» ed è «normale che rappresentanti del Pd partecipino ad iniziative indette da forze sociali, ma noi vogliamo salvaguardare l’accordo del 28 giugno». Per Anna Finocchiaro la discussione in corso al Senato sulla manovra rivela la grande debolezza della maggioranza e l’intento del governo di dividere il fronte sindacale. Dice
la capogruppo del Pd al Senato: «Devono tener conto delle nostre proposte.Non possono solo tagliare e far pagare i soliti noti. Servono misure per la crescita. Altrimenti si consegna il Paese alla recessione».
Pensa sia veramente modificabile col vostro contributo la manovra?
«Intanto verrebbe da dire: quale manovra? Ormai è palese che dentro la maggioranza, su ciascun punto, è in
atto un conflitto aperto. Addirittura, la commissione Affari costituzionali, quindi la stessa maggioranza, ha cassato integralmente il testo approvato dal Consiglio dei ministri, sostenendo che è viziato da profili di incostituzionalità».
Com’è da leggere questo parere?
«Come un attacco frontale alla regia del ministro dell’Economia».
Torniamo alle vostre proposte: per come si è svolta la discussione ritiene possibile che vengano accolte?
«Convergenze parlamentari non solo sono auspicabili ma devono esserci. In commissione Bilancio l’audizione di diversi soggetti produttivi ha fatto registrare un’ampia convergenza sulle nostre proposte. La manovra non può essere varata senza che siano accolte le modifiche indicate dall’opposizione».
Che vanno in quale direzione, per stare a quelle del Pd?
«Bisogna sanare le iniquità di questa manovra. E guardare alla crescita perché c’è un duplice rischio: che a settembre occorra un’altra manovra, se la maggioranza perdura in incertezze e castrazione dell’approccio solamente rigorista, e che se avrà un saldo di Pil pari a zero il nostro debito pubblico non potrà diminuire e anzi necessariamente crescerà. Non si può pensare che il Paese si salvi se insieme alla riduzione degli sprechi, alla chiamata alla solidarietà di chi ha di più e alla modernizzazione non c’è anche un investimento sulla crescita».
Non si capisce come possa portare crescita la più discussa delle vostre proposte, la tassa sui capitali scudati.
«Prevediamo che dei 15 miliardi derivanti da questa operazione una parte venga utilizzata per sollevare i Comuni dal rigore del Patto di stabilità, liberando investimenti. E un’altra parte sia utilizzata per saldare i debiti della Pubblica amministrazione nei confronti di una miriade di piccole e medie
imprese. Più in generale, tutte le nostre proposte in materia fiscale sono finalizzate ad alleggerire la pressione
tributaria per imprese e lavoro, che oggi è troppo forte».
Sempre sulla tassa per i capitali “scudati”: in un editoriale del “Corriere della Sera” si contesta la vostra proposta facendo notare che “pacta sunt servanda”.
«Ma allora lo stesso ragionamento deve valere anche per il Tfr, che invece viene posticipato e dato a rate. Il
“servanda” non può valere solo per gli evasori fiscali, ai quali è stato fatto un triplice regalo: rientro dei capitali con tassazione del 5%, nessuna penalizzazione e possibilità di riesportare. Guardiamo agli accordi fatti dagli altri paesi con la Svizzera, alle aliquote del 19 e del 34% di Germania e Inghilterra per i capitali portati all’estero».
C’è il problema della retroattività…
«Nessuna retroattività, chi ha usufruito dello scudo viene chiamato a un contributo di solidarietà. Così come
chi possiede grandi valori immobiliari. Una patrimoniale su cui si sono detti d’accordo sindacati, Confindustria, Rete imprese Italia. È normale che chi ha di più, in un momento di difficoltà, venga chiamato a dare un contributo, e che a pagare non siano sempre i soliti noti… all’Ufficio delle imposte».
Si parla tanto di taglio ai costi della politica, ma in quanto a gesti concreti…
«Non per causa nostra. E visto che stiamo assistendo a curiose retromarce – come la Lega che prima presenta un disegno di legge per ridurre il numero dei parlamentari e poi quando il tema viene messo all’ordine del giorno lo ritira – propongo di istituire una commissione ad hoc formata da tutti i presidenti dei gruppi parlamentari che grazie al suo peso politico sia in grado di produrre in tempi rapidi testi da portare in Aula sul dimezzamento del numero dei parlamentari, che è una priorità, sulla riformulazione dell’articolo 81 della Costituzione sul pareggio di bilancio e sul riassetto degli enti locali. Porterò questa proposta alla prossima conferenza dei capigruppo. Ho già l’assenso degli altri gruppi di opposizione e anche di una parte della maggioranza».
Con gli altri gruppi di opposizione presenterete degli emendamenti comuni alla manovra?
«Ci stiamo lavorando. Siamo d’accordo che il contributo di solidarietà vada mantenuto. O sul fatto che si potrebbero inserire sgravi per i carichi familiari. Sul capitolo liberalizzazioni mi aspetto che anche il governo si
mostri disponibile, anche se finora segnali non ci sono stati e anzi la maggioranza ha mostrato un atteggiamento conservatore su tutto».
Per Confindustria, visto lo spread sui titoli italiani, i rischi per il nostro paese rimangono elevati: lei che dice?
«Che approvata la manovra questo governo se ne deve andare. Noi abbiamo lanciato l’allarme sulla crisi quando loro continuavano a negarla. La stessa discussione di queste settimaneha svelato quanto siano fragili i piedi di questo colosso d’argilla, tenuto in piedi a colpi di Scilipoti».
Ma c’è in Parlamento una maggioranza alternativa che possa sostenere un diverso governo?
«Io me lo auguro. La stessa discussione sulla manovra può servire a definire una coalizione interessata alla salvezza dell’Italia, perché è di questo che stiamo parlando».
Non la preoccupa il fatto che l’opposizione sia divisa sullo sciopero generale indetto dalla Cgil?
«I partiti devono rispettare l’autonomia dei sindacati, soprattutto in un momento come questo, col governo
che in modo irresponsabile lavora per dividere il fronte sindacale. Noi dobbiamo invece lavorare per tenere insieme le forze sociali, per valorizzare il momento unitario raggiunto con l’accordo del 28 giugno».
Ci saranno esponenti del Pd in piazza, il 6 settembre?
«Ci saranno,comes ono stati a manifestazioni di altri sindacati. E lo ritengo normale».
L’Unità 26.08.11