E dopo il “miliardario” Berlusconi arriva il “miliardario” Montezemolo? Messa così potrebbe essere una battuta da bar ma, invece, questo potrebbe rivelarsi uno dei tanti scenari possibili in vista delle prossime elezioni politiche. Certo, il fascino e il carisma del Berlusconi edizione 1994 non è lontanamente paragonabile allo stile tecnocrate di Montezemolo e alla sua voglia di protagonismo un po’ sgangherato ed approssimativo che sta manifestando in queste settimane.
Ma tant’è. Sempre di “miliardario” si tratta. Ora, però, al di là delle ricchezze e dei puntuali conflitti di interesse che potrebbero affacciarsi, si tratta di valutare sul terreno squisitamente politico l’ipotetico approdo politico del presidente della Ferrari e dell’ex presidente Fiat. Almeno su due versanti. Quello della prospettiva politica e, soprattutto, sui contenuti del nuovo “partito”.
Sul terreno della prospettiva politica, la secca analisi di Bersani è abbastanza calzante. E cioè, siamo in un contesto bipolare. Ma non perché lo impone la regola elettorale. Ma per una semplice constatazione, quasi storica.
Non a caso, tanto nella prima quanto nella Seconda repubblica il bipolarismo è stato vissuto dagli italiani come un dato di fatto quasi strutturale nella concreta dialettica democratica. Certo, si tratta di due bipolarismi profondamente diversi tra di loro.
Ma il dato unificante è che ormai, soprattutto dopo la stagione di Tangentopoli degli anni ’90, il profilo bipolare della democrazia italiana è profondamente connaturato alle sensibilità e alle domande dei cittadini italiani. E questo, lo ripeto, a prescindere dal sistema elettorale che verrà varato dal parlamento nei prossimi mesi. Ma, di fronte a questo scenario, qual è la scelta politica concreta di Montezemolo? Vuole essere sulle ceneri della Seconda repubblica l’uomo nuovo della Terza repubblica? Ma siamo certi che la parte maggioritaria del paese pensa che Montezemolo sia la vera “novità” della politica italiana? Perché svolgere un ruolo terzista, o super partes o vagamente istituzionale è un bel gioco che, però, dura poco almeno per chi pensa di scendere nell’arena politica concreta.
Siamo certi che i cosiddetti “poteri forti” possono nuovamente schierarsi per un progetto di questo tipo – e le prime conferme, del resto già scontate, sono puntualmente arrivate – ma comunque il momento della scelta non può essere tranquillamente rimandato senza provare un po’ di difficoltà. Del resto, è noto a tutti che il centrosinistra e il centrodestra – malgrado gli indispensabili e necessari aggiustamenti – continueranno ad esistere anche dopo le prossime elezioni politiche e difficilmente saranno drasticamente depotenziati perché si affaccia alla ribalta della scena politica un altro tecnocrate da svariati lustri protagonista nel mondo della grande industria e della finanza.
È per questo semplice motivo che Montezemolo dovrà scegliere e scegliere in fretta, fuorché pensi di giocare un ruolo terzista, super partes e vagamente istituzionale anche come progetto politico. E quindi, se così fosse, sarebbe da prendere in considerazione in quanto tale.
Il secondo aspetto riguarda invece i contenuti del nuovo progetto politico.
I punti che ha richiamato nel recente documento di Italia Futura sono certamente interessanti e da non sottovalutare.
Certo, con qualche singolare tesi come quella di vendere immediatamente la Rai e indebolire il servizio pubblico. Un tema, questo dell’informazione, che non tranquillizza sul fronte dei potenziali scenari di conflitti di interesse che potrebbero nascere in futuro. Ma, al di là di questo capitolo, si tratta di punti programmatici di buon senso e di forte sensibilità all’antipolitica che soffia con impeto in questi mesi nella società italiana.
Ma, come tutti sanno, non è passando dall’antipolitica che si recuperano le ragioni e la forza per un progetto di governo serio, affidabile, democratico e riformista. Ed è proprio sul profilo del nuovo partito, del suo progetto politico, della sua valenza programmatica che, a tutt’oggi, manca ancora un contributo da valutare seriamente e con la dovuta attenzione. Si tratta dell’ennesimo “partito personale” retto e gestito da chi, per forza propria o per grandi disponibilità finanziarie, può accollarsi l’intera la battaglia politica? Se così fosse, sarebbe la semplice continuazione del berlusconismo, in forma ridotta, con altri mezzi e altri uomini.
Sarebbe questa la novità? Ora, senza fare alcun processo alle intenzioni ma, semmai, guardando con attenzione e interesse al progetto messo in campo aperto da Montezemolo, anche il Pd non può guardare con sospetto alle novità reali che si affacciano in una fase politica nuova che si dischiuderà dopo la lunga stagione berlusconiana.
Senza preconcetti e senza pregiudizi. Ma anche senza appaltare ad altri, in nome di una strana e bislacca “novità”, le sorti di un paese che richiedono idee solide, progetti definiti e partiti non di plastica o dominati da una sola persona. L’unica cosa che non ci dobbiamo augurare è che la lunga fase politica berlusconiana prosegua identica anche senza l’apporto decisivo e protagonistico di Berlusconi. Sarebbe la sconfitta non del centrosinistra o di un’alternativa riformista e democratica, ma la semplice sconfitta della democrazia italiana. E questo il nostro paese non se lo può più permettere.
da Europa Quotidiano 26.08.11