attualità, politica italiana

"L'esilio della politica", di Guido Carandini

Quella che viene spacciata per una ciclica crisi economica e finanziaria è invece qualcosa di assai più serio e storicamente inedito. È in realtà l´esito di una vera e propria controrivoluzione del capitale che, divenuto globale, ha ridotto a brandelli i poteri che le rivoluzioni dei secoli scorsi avevano conferito alle democrazie nazionali, cioè i poteri di controllo sul mondo degli affari e la forza di imporre agli Stati un generoso welfare a difesa delle classi più deboli. La crisi attuale è dunque il crepuscolo della politica democratica delle nazioni decaduta da baluardo dei diritti sociali a passivo strumento del nuovo potere capitalista senza frontiere.
Ne è prova la decadenza, nella piccola Italia come nei grandi Stati Uniti, di governi, parlamenti e partiti, insomma delle istituzioni tradizionali della democrazia. Ormai più che i governi eletti sono le maggiori banche e i fondi privati della finanza mondiale a decidere le sorti dell´economia, perché la politica ha smarrito la capacità di contrastare l´ingordigia degli affari con una forza all´altezza dei tempi in cui viviamo. Quelli cioè della transizione dall´era moderna all´era globale, l´immensa metamorfosi che ha reso la politica una docile preda del capitale.
Nell´era globale il progressivo cadere delle barriere nazionali ha prodotto l´unificazione mondiale dei mercati e con essa il parallelo tramonto delle ideologie sia democratiche che autoritarie (nazionalismo, liberalismo, socialismo, comunismo, ecc.). Al loro posto il capitalismo ha insinuato nelle coscienze una pervasiva religione sociale ispirata all´etica del guadagno e al culto del denaro.
Per indebolire la democrazia il capitale non l´ha attaccata frontalmente, ma con una duplice sfida trasversale. In primo luogo, per riprendersi il suo pieno potere, ha assunto la forma globale e la democrazia, perdute le frontiere nazionali, ha smarrito il suo habitat naturale. In secondo luogo ha minato il cuore stesso del sistema democratico insinuando di soppiatto al suo interno un nuovo assolutismo, quello delle aristocrazie del capitale che abrogano il potere dei governi eletti di imporre un limite alla rapacità del mondo degli affari. Disarcionando la politica quelle aristocrazie hanno minato il potere sia dei partiti di sinistra difensori dei bisogni e diritti collettivi, sia dei partiti di destra fautori del liberalismo individualista, riducendo entrambi a esercitare – i primi loro malgrado e i secondi a loro vantaggio – un potere delegato dal sistema degli affari mondiali che mira soltanto alla massimizzazione dei profitti.
La restaurazione del predominio capitalista sulla democrazia politica è inoltre la maggiore causa delle perverse alleanze fra poteri di governo e poteri di affaristi, come avviene in Italia con Berlusconi e Mediaset, in Inghilterra con Cameron e la Sky di Murdoch e negli Usa con i conservatori del Congresso e gli affaristi di Wall Street.
Per riconquistare un ruolo coerente con la nuova realtà del capitalismo globale non è sufficiente che le democrazie dei piccoli Paesi assumano dimensioni più ampie e integrate, per esempio in una rinnovata Unione europea. Quella continentale degli Usa non la rende immune dagli attacchi trasversali del capitalismo. Ci vuol altro. Occorre cioè una trasformazione che riguardi in primo luogo i soggetti della democrazia che, prima della controrivoluzione del capitale, erano i singoli cittadini che eleggevano parlamenti democraticamente attivi, mentre ora votano per assemblee ridotte a casse di risonanza di interessi affaristici.
Per ripristinare un efficace potere di controllo sul capitalismo occorrono nuovi soggetti, nuove forze collettive di giovani generazioni che per riappropriarsi del proprio futuro devono, mi sembra, fare due cose. In primo luogo rinunciare ai vecchi strumenti della rivolta e dello scontro frontale che sono diventati armi spuntate. Si è rivelato di nuovo più efficace l´approccio trasversale se attuato dalle forze collettive in rete aventi una potenza d´urto democratica assai maggiore degli asfittici partiti e partitini di vecchio conio. Ne abbiamo viste all´opera molte, giovanili e femminili, audaci portatrici di spinte anti-autoritarie in Italia, Israele, Spagna, Libia, Tunisia, Egitto, Siria, India e Brasile.
In secondo luogo quelle forze devono liberarsi dall´inquinamento culturale imposto dalla propaganda capitalista. Cioè convincersi che la sopraffazione dei diritti democratici, da parte di un capitalismo lasciato senza freni, è massimamente dovuta alle lusinghe di quella onnipresente religione sociale che si ispira all´etica del guadagno e al culto del denaro, inculcata dal mondo degli affari per raggiungere i suoi scopi. Che sono principalmente i seguenti.
Primo: legittimare nell´opinione pubblica qualsiasi impresa, anche illegale, che favorendo l´occupazione genera redditi e quindi soddisfa bisogni individuali spesso al prezzo della distruzione di bisogni collettivi, come per esempio la sicurezza e la difesa dell´ambiente. Sono esemplari i casi del disastro nucleare giapponese, dei catastrofici inquinamenti da perdite dei pozzi petroliferi e del fenomeno generale della selvaggia speculazione edilizia.
Secondo: anestetizzare la protesta e le lotte delle classi sfruttate ed emarginate, illudendole che la soluzione dei loro problemi si trovi solo nella “crescita economica” e non esiga invece la preliminare difesa dei loro diritti democratici, compreso quello di poter controllare se un dato tipo di crescita sia benefico o nocivo per la collettività.
Terzo: indebolire lo Stato facendolo apparire come il responsabile delle crisi anziché come la maggiore risorsa per superarle, come era stato dimostrato ampiamente in passato dall´intervento della spesa pubblica nelle fasi di debole congiuntura economica.
Occorrerà dunque una vera e propria rivoluzione culturale democratica per sottrarre alla religione del guadagno e del denaro la supremazia su ogni altro valore etico e senso della vita, sia individuale che collettiva. Un compito immenso per le nuove generazioni che dovranno recuperare la politica dal suo attuale forzato esilio affinché nel mondo del capitale globalizzato non abbia il sopravvento una crescita economica che sia principalmente basata sulla corruttrice brama dei profitti, sulla speculazione finanziaria e immobiliare e sulla devastazione dell´ambiente.

La Repubblica 26.08.11

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