La sanatoria per gli evasori divide la maggioranza. Assicura Luigi Casero, sottosegretario all’economia, che «il condono non esiste» e che «non ci sarà nessun condono ». Curioso destino che spetti proprio a lui, ex repubblicano, già forzista e ora pidiellino di area Comunione e liberazione, smentire che il governo stia pensando di usare l’arma finale – quella del condono tributario da 30 miliardi – per mantenere invariati i saldi della manovra in vista della riduzione della tassa di solidarietà per i redditi oltre 90mila euro, mai digerita da Berlusconi. Singolare destino perché non soltanto l’idea di un condono (tributario, non quello valutario sui capitali all’estero già “scudati” o “scudabili”) è sempre stata viva e vegeta nelle file del Pdl, ma perché l’opzione condono era una di quelle da tempo caldeggiata proprio in ambienti ciellini del Pdl e di lì s’è propagata a macchia d’olio, contagiando tutta l’area ex dc del partito di Berlusconi. Il che aveva (ed ha) una logica stringente.
Nu m e r i c a , perché con i tre specifici condoni combinati su base triennale di cui si vocifera, concordato di massa/ condono tombale/integrazioni degli imponibili pregressi – si recuperano con rapidità non meno di 30 miliardi, come ben calcolato dal pdl Osvaldo Napoli, ex dc della sinistra sociale, vicino a Scajola e numero due dell’Anci.
Politica, perché «il nostro elettorato è antropologicamente “non-ostile” ai condoni », come ragionava già settimane fa un autorevole esponente del Pdl ciellino.
Ma il condono resta un’operazione complessa per il rischio boomerang elettorale, e richiede un’intesa con l’opposizione o, quantomeno, una sua parte. In questo senso, sebbene tutti smentiscano, risulta che una verifica con l’Udc sia stata fatta: ma l’esito è stato negativo.
La storia del condono, teoricamente, sarebbe morta lì.
Salvo una sua riesumazione in caso di precipitazione della crisi: un’emergenza drammatica lo renderebbe non più un’opzione ma una necessità.
Quel che è accaduto nelle ultime ore – il riaffiorare e il repentino riaffondare del condono – risponde però a tutt’altra dinamica. È il prodotto della confusione nel Pdl e, segnatamente, il tentativo di pezzi sbandati degli ex An di battere un colpo per non farsi oscurare dall’attivismo della corrente di Scajola (aumento Iva, riduzione della tassa di solidarietà e abolizione delle grandi province) e degli “arditi” di Crosetto, scatenati anche sulle pensioni e su altre misure dirette a far imbestialire la Lega e a mettere in difficoltà Tremonti. Così è riemersa l’idea di condono, rimbalzata su molti quotidiani, lanciata da Maurizio Leo, ex sottosegretario all’economia ed esperto tributarista di An oggi assessore di Alemanno cui politicamente è molto vicino, tallonato dal duo Laboccetta-Mazzocchi, ex An anche loro: tutti e tre brutalmente e sprezzantemente bastonati da Gasparri, che ha smentito alla stampa ogni possibile apertura al condono: «Bisogna stare attenti a non sopravvalutare le fonti».
Così, alle varie liti nel Pdl, oltre a quelle nella Lega e tra Pdl e Lega, s’è aggiunta anche la rissa tra ex An. Fumo a parte, tutto lascia intendere che per compensare una riduzione della tassa di solidarietà si aumenterà l’Iva: tema su cui è più facile fare un patto-pateracchio (a spese di Tremonti) Pdl-Lega.
Su pensioni o altri interventi strutturali «si vedrà più avanti». Cioè, presumibilmente, mai. È la manovra-minimoindispensabile di un governo in rovinoso crollo di consensi, nel disperato tentativo di limitarne i contraccolpi elettorali.
Ma la coperta è troppo corta per un paese a rischio collasso. Basterà un solo refolo di vento dei mercati, nei prossimi giorni, settimane e mesi, e Berlusconi dovrà scegliere: dimettersi o pescare subito soldi freschi col condono. Sarà condono.
da Europa Quotidiano 25.08.11