Due uomini spiccavano, nello squallido panorama politico italiano, perché erano, per una ragione o per l´altra, meglio degli altri. Dei due, uno sembrava destinato a prendere in mano il partito di maggioranza, a diventarne il leader, succedendo a quel fenomeno anomalo, e ormai impresentabile, che è Silvio Berlusconi. L´altro pareva predestinato alla guida di un governo di transizione, che avrebbe permesso di superare una situazione disastrosa. Ma entrambi si sono giocati l´avvenire perché sono scivolati, con incredibile stupidità, su una buccia di banana. Dobbiamo dunque chiederci: quali sono stati i labirinti psicologici che li hanno indotti a rovinarsi, l´uno e l´altro ? Come mai hanno rinunciato, per un piatto di lenticchie, alle grandi mète alle quali potevano aspirare? Il quesito è psicologico piuttosto che politico. Potrebbe interessare, che so, Dostojevski o Stendhal, conoscitori dell´animo umano, piuttosto che i colleghi, Giannini o Cazzullo, che seguono di giorno in giorno la vita politica italiana.
Claudio Scajola era l´unico, nella compagine berlusconiana, con la stoffa dell´uomo politico: non per nulla proveniva dalle schiere democristiane. Aveva la risolutezza, la personalità che contraddistingue l´uomo di comando. Non sarebbe stato facile dare consistenza politica al branco berlusconiano, però lui poteva provarci, forse ci sarebbe riuscito.
Tremonti, di stoffa totalmente diversa, era ben piazzato anche lui. Avvocato fiscalista fra i più importanti in Italia, finanziariamente ben sistemato (dice di essere ricco), intelligente e colto, conosce i problemi che affliggono l´economia di uno Stato moderno. Aveva avuto i suoi problemi anche lui, naturalmente: una buona dose di narcisismo intellettuale, qualche ondeggiamento dottrinario. Le sue frecciate persecutorie contro Mario Draghi, governatore della Banca d´Italia, tradivano complessi che mal si addicono ai protagonisti della vita pubblica. Ma chi più di lui sembrava predestinato a prendere la guida del governo, il giorno in cui i tremebondi personaggi della vita politica italiana avessero finalmente trovato il coraggio di mandare a casa Silvio Berlusconi ?
Ebbene: i due uomini di punta, predestinati a guidare uno il partito, l´altro il governo, si sono giocati la carriera per due vicende piuttosto meschine che nel contesto delle rispettive posizioni erano, come ho detto, bucce di banana. Due episodi di basso conio. Certo: il dono di un appartamento davanti al Colosseo può sembrare un bel premio, la somma di denaro caduta dal cielo era rilevante. E l´uso di un appartamento a due passi da Montecitorio, comodo e lussuoso, può fare gola. Ma valeva la pena, da parte di due uomini che poveri non sono, rovinarsi la carriera ?
Dostojevski, ho detto all´inizio di questo articolo: soltanto un grande conoscitore dell´animo umano può spiegare i tortuosi meandri psicologici che inducono un uomo a rovinarsi la carriera. A Scajola, un appartamento davanti al Colosseo non cambiava la vita; senza quell´appartamento sarebbe stato a un passo dalla guida del maggior partito. Tremonti poteva concedersi facilmente un appartamento nel centro di Roma; senza quello strano rapporto con il suo sottosegretario (e affittuario dell´alloggio) sarebbe stato un buon candidato alla guida del governo. Ma forse, di fronte ai loro passi falsi, senza ricorrere a Dostojevski possiamo porre la domanda alla romana: chi gliel´ha fatto fare? E la risposta è squallida. Nel mondo della politica italiana, farsi regalare un appartamento, o goderne l´uso alla chetichella, sono peccati di poco conto, anzi non sono peccati affatto. Tant´è vero che i due, quando li commettevano, non prendevano molte precauzioni per nasconderli. In altri paesi, basta molto meno per essere messi al bando. Da noi, agli occhi dei due interessati, le due gravi trasgressioni erano fatterelli di ordinaria amministrazione.
La Repubblica 24.03.11