Bersani ascolta le raccomandazioni del Quirinale, ma va avanti per la sua strada. Intervenire sulle pensioni? È l’ultimo dilemma del Pd, che sarà sciolto ufficialmente solo oggi, quando nel primo pomeriggio Pier Luigi Bersani, insieme a Enrico Letta, Rosy Bindi e Stefano Fassina, presenterà la contromanovra dem. Domani, poi, ne discuteranno insieme alle parti sociali: sindacati, Confindustria, Abi, piccole imprese, cooperative, ecc. Gli emendamenti sono stati formulati ieri sera in una riunione a palazzo Madama dai responsabili economici del partito.
La piattaforma di partenza rimane comunque quella già illustrata qualche giorno fa, declinata in sette punti: prelievo straordinario sui capitali scudati, misure più incisive sulla lotta all’evasione fiscale, imposta sui grandi valori immobiliari, un piano di dismissioni di edifici pubblici, liberalizzazioni (anche dei servizi pubblici locali), misure per la crescita, riduzione della spesa per politica e pubblica amministrazione.
Se la scorsa settimana perfino la maggioranza sembrava disposta a prendere in considerazione l’intervento sui capitali scudati, seppur sottodimensionato, la proposta dem negli ultimi giorni sembra aver perso la propria forza, colpita anche da sospetti di incostituzionalità. La contromanovra democratica, così, rischia di perdere, almeno sul piano dell’immagine, il proprio punto di forza. E difficilmente potrà essere rimpiazzato dall’emendamento che punta a reintrodurre il reato di falso in bilancio, sul quale i Democratici hanno spostato nelle ultime ore il loro battage mediatico.
Ecco allora che le pensioni diventano il fulcro del dibattito interno. Ad aprire la discussione in proposito è il senatore di MoDem Enrico Morando, che non esclude in proposito «intese bipartisan» in commissione, nemmeno nel caso in cui la sua proposta di accelerare l’attuazione della legge Dini non fosse fatta propria dal Pd. Lo stesso discorso vale per l’aumento dell’Iva. «In fase di voto – garantisce Morando – vale la disciplina di partito, ma in fase di elaborazione delle proposte non esiste». Sia sulle pensioni che sull’Iva la posizione ufficiale del Pd resta comunque contraria. «Le pensioni le abbiamo già riformate – ricorda Bersani – non abbiamo preoccupazioni a parlare del sistema pensionistico se si tratta di farlo evolvere a favore dei giovani». Ma, per il leader dem, se ne deve parlare «nel modo giusto e nel luogo giusto » e non certo per «tappare il buco del giorno». Anche perché, ricorda Stefano Fassina, «le pensioni hanno già dato tantissimo con i precedenti interventi».
Ma le parole di Morando aprono anche un altro fronte, ossia l’atteggiamento da tenere nel corso del dibattito parlamentare.
Le parole pronunciate in proposito dal capo dello stato al Meeting di Rimini sono state accolte con freddezza al Nazareno. «Noi non diciamo che la crisi è figlia del governo Berlusconi – spiega un dirigente vicino al segretario – ma che l’ha sottovalutata.
E poi certo non ci si può accusare di non fare proposte, anzi ne facciamo anche troppe». È chiaro che il Pd non farà ricorso a forme estreme di battaglia parlamentare, come l’ostruzionismo, ma non ha certo intenzione di indietreggiare sul tentativo di migliorare i contenuti di una manovra che «ha il segno dell’iniquità e dell’assenza di misure per lo sviluppo», sostiene Fassina intervistato da YouDem. Niente emendamenti concordati con la maggioranza, quindi, e per la verità nemmeno con le altre forze di opposizione (il Terzo polo presenterà un proprio “pacchetto”). Se il governo lo permetterà, non chiedendo la fiducia, il confronto in parlamento andrà avanti senza sconti.
da Europa Quotidiano 23.08.11
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“La contromanovra Pd: colpire gli evasori”, di Simone Collini
Si è aperta una settimana decisiva per il futuro del Paese ed è «da irresponsabili sottovalutare la situazione». Questa è la prima convinzione di Bersani. La seconda è che il governo continua a non rendersi conto dei rischi che sta facendo correre all’Italia, prima «sottovalutando e tenendo nascosta la crisi economica» e ora esibendosi in «pericolosi sbandamenti». Per questo il leader del Pd ha recepito il messaggio lanciato da Napolitano al Meeting Cl e però continua a sottolineare con i suoi interlocutori che «sono stati Berlusconi e Tremonti a portare il Paese tra le macerie mentre il Pd per primo e inascoltato denunciava la gravità della crisi». E per questo ora Bersani vuole giocare le battute finali della partita sulla manovra non solo denunciando la «vergognosa favola secondo cui non è possibile far pagare chi non ha mai pagato» (secondo il leader Pd ora «serve una terapia shock contro l’evasione») ma soprattutto lavorando per coinvolgere quanti più tavoli possibile.
Così ieri sera ha riunito a Palazzo Madama i capigruppo del Pd delle commissioni di Camera e Senato per limare insieme al responsabile economico del partito Stefano Fassina il documento in dieci punti che sarà alla base degli emendamenti che verranno presentati in Parlamento. Ma domani Bersani illustrerà questa sorta di contro-manovra anche alle parti sociali: al quartier generale del Pd arriveranno il segretario della Cgil Susanna Camusso, quello della Uil Luigi Angeletti e quello aggiunto della Cisl Giorgio Santini, il numero uno dell’Ugl Giovani Centrella, il direttore generale di Confindustria Giampaolo Galli, il presidente di Rete imprese Ivan Malavasi e la responsabile Funzione bilancio dell’Abi Laura Zaccaria. Sindacati, imprenditori, mondo bancario, perché per Bersani a questo punto sta a chi ha maggior responsabilità affrontare una situazione che il governo si dimostra vieppiù incapace di gestire.
PENSIONI, BUCHI, EVASORI
La discussione che si è aperta tra Pdl e Lega sulla riforma del sistema previdenziale viene definita «curiosa» dal leader del Pd, che spiega arrivando alla riunione di Palazzo Madama: «Noi abbiamo riformato le pensioni e non abbiamo preclusioni a parlarne se lo si fa nel modo giusto, nel momento giusto e a vantaggio dei giovani. Ma non si possono usare le pensioni per chiudere il buco del giorno, ci sono altri posti dove prendere i soldi». E un settore in cui per Bersani non solo si può ma si deve intervenire è quello della lotta all’evasione fiscale. Tra le gravi colpe del governo, per il leader del Pd, c’è quella di continuare a difendere l’«inaccettabile favola» per cui non sarebbe possibile far pagare le tasse a chi finora è riuscito a evadere e farla franca.
La contro-manovra del Pd – di cui Bersani, Letta, Bindi e Fassina daranno qualche dettaglio in più oggi alle 15 con una diretta su Youdem – presenta invece un piano mirato su questo. «Si tratta di una terapia d’urto sull’evasione fiscale – spiega Bersani – di scomodare i grandi patrimoni immobiliari, di dimagrire la Pubblica amministrazione e di fare dismissioni ragionevoli, di dare ampie e concrete liberalizzazioni e misure per dare fiato al lavoro che resta la preoccupazione numero uno degli italiani, e infine di chiedere il contributo di solidarietà non ai tassati ma ai condonati». Ai sette punti annunciati nei giorni scorsi – tra i quali c’è la tracciabilità dei pagamenti superiori ai mille euro e un contributo straordinario del 15% sui 105 miliardi esportati scudati dal governo nel 2009 – sono stati aggiunti un pacchetto di interventi sull’efficienza della macchina organizzativa della giustizia e una serie di misure per far tornare una disciplina stringente sul falso in bilancio.
SEGNALI DALL’UDC
Il documento del Pd, oltre che con le parti sociali, verrà discusso anche con gli altri gruppi di opposizione, prima che vengano depositati gli emendamenti alla manovra. L’Udc, dopo un pomeriggio di riunioni, ha diffuso una nota per lanciare al premier questo messaggio: respinga il «ricatto» della Lega e proponga in Parlamento «misure serie ed equilibrate»: «Se troverà questo coraggio troverà anche in Parlamento i voti necessari per approvare il decreto». Una posizione che non impensierisce però il Pd, che la giudica più il frutto di una tattica per smascherare l’incapacità del governo che non un reale convincimento.
L’Unità 23.08.11
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