La proposta del Pd di tassare con un’imposta straordinariamdel 15% i capitali che hannom beneficiato dello scudo fiscale ha sollecitato un intenso dibattito. Ad essa è stata contrapposta nelle ultime ore l’ipotesi, avanzata da alcuni parlamentari del Pdl, di mettere a punto un nuovo scudo fiscale da cui ricavare, con un’aliquota che potrebbe essere del 7%, un gettito straordinario di 2-3 miliardi. E’ un’ipotesi sorprendente in quanto sconfessa la logica stessa con cui ci avevano venduto il primo scudo. Ci avevano detto che quello scudo avrebbe riportato capitali freschi in Italia che sarebbero serviti a finanziare la ripresa economica.Male cose sono andate ben diversamente: come ci hanno mostrato le statistiche relative alla bilancia dei pagamenti, coloro che hanno aderito allo scudo hanno generalmente preferito regolarizzare i loro capitali mantenendoli comunque all’estero. Ci avevano detto che il contemporaneo inasprimento delle sanzioni e dei controlli per chi esportava illegalmente capitali avrebbe, non solo garantito l’emersione dei capitali fuggiti, ma anche impedito il verificarsi di nuove fughe
nel futuro. E allora perché dovremmo aspettarci di avere gettito fiscale da un nuovo scudo? E perché tutti i giornali ci informano di ungrande rinnovato interesse di contribuenti italiani nei confronti dei depositi e investimenti in paradisi fiscali (specialmente la solita Svizzera), per paura di essere chiamati a contribuire ai costi della crisi? Insomma, uno scudo bis, in questo momento, non solo non avrebbe effetto (chi è fuggito e non ha regolarizzato e chi sta fuggendo adesso si sente evidentemente al sicuro da qualsiasi accertamento), ma sarebbe un ulteriore vergognoso condono di cui un Paese con più di 100 miliardi di gettito evaso non ha proprio bisogno.
Veniamo allora alle grida contro l’ipotesi del Pd: la tassazione bis dei capitali già scudati. Due sono le obiezioni principali: chi dice sarebbe tecnicamente impraticabile e che infrangerebbe un patto sacro tra Stato e contribuenti. Si tratta, in entrambi i casi, di affermazioni confutabili. Il prelievo sui capitali scudati è stato fatto a suo tempo in forma anonima: le banche e gli altri intermediari coinvolti hanno provveduto al versamento dell’imposta rivalendosi sui proprietari dei capitali. Il «nome» degli aderenti allo scudo non è stato reso noto all’Agenzia delle Entrate ma è noto alle banche. E per forza lo è ancora, se no lo scudo fiscale non potrebbe funzionare.
Lo scudo infatti opera in questo modo: se un domani il fisco giungesse a ipotizzare un’evasione fiscale, diciamo ad esempio
per 5 milioni, a carico di un soggetto che ne ha usufruito, questo soggetto potrebbe evitare ogni accertamento dimostrando, attraverso la documentazione in possesso della banca, di avere regolarizzato 100 milioni di capitali. E quindi bisogna che la banca tenga questa documentazione a disposizione del suo cliente. La nuova tassazione potrebbe quindi avvenire in forma anonima secondo il meccanismo già usato: le stesse banche che hanno effettuato il primo potrebbero effettuare questo secondo versamento
rivalendosi poi, in via riservata (anonima), sul contribuente. In questo modo non verrebbe neppure, in alcun modo, messo in discussione il patto originariamente fatto con lo Stato: l’imposta a
suo tempo versata ha reso possibile pulire (scudare) capitali frutto di evasione. Nessuno sta proponendo di togliere questo scudo, la sanatoria che è stata fatta resta confermata.
Quello che succederebbe è solo che la dichiarazione anonima che riguarda i capitali rientrati verrebbe utilizzata come indicatore di capacità contributiva (così come lo è nel caso del contributo di solidarietà la dichiarazione, non anonima, di un reddito superiore ai 90 mila euro) e, nella logica di un prelievo straordinario, si chiederebbe anche ai proprietari di questi particolari tipi di capitali di dare un loro contributo al risanamento delle finanze pubbliche.
Sarebbe un prelievo retroattivo? Certo, esattamente come lo sono il contributo di solidarietà e la cosiddetta robin tax (l’addizionale Ires sulle società che operano nel settore dell’energia). Muterebbe delle regole che si consideravano immodificabili?
Certo, come avviene con la sospensione della corresponsione dell’identità di buonuscita per i dipendenti pubblici e con la modifica dell’età pensionabile. Può darsi che in alcuni casi quelli che hanno fatto ricorso allo scudo fiscale non siano più in possesso dei capitali per cui hanno beneficiato dello scudo. Niente di male: si potrebbe lasciare loro l’opzione, per non pagare il nuovo tributo, di uscire dall’anonimato e accettare una verifica fiscale sulla loro situazione patrimoniale.
L’Unità 19.08.11