La continua ricerca di scorciatoie per fare prima e
meglio e soprattutto quello che serve. Aggiustamenti, raccomandazioni, in alcuni casi vere e proprie pressioni sulle massime istituzioni della Repubblica per raggiungere l’obiettivo: dalla chiusura di un fascicolo di indagine alla nomina di un giudice. Le sessantamila pagine di atti giudiziari con cui l’aggiunto Giancarlo Capaldo e il sostituto Sabelli stanno per chiedere il giudizio con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla violazione della legge Anselmi (del 1982 che vieta le associazioni segrete, nata dopo lo scandalo della P2), alla corruzione, alla diffamazione e all’abuso di ufficio sono il racconto di questo sistema che i media hanno chiamato P3. La procura ritiene di aver trovato le prove per otto episodi: i tentativi di influire sulla Corte Costituzionale per il Lodo Alfano; le pressioni sul Csm per la nomina, poi avvenuta, di due procuratori di sedi minori e dei presidenti di Corte d’Appello di Salerno e Milano (Marconi e Marra, che dopo lo scandalo lasciarono l’incarico); le pressioni per rinviare alle Sezioni Unite della Cassazione la decisione sull’annosa vertenza per cui Mondatori doveva pagare allo Stato 173milioni di euro di tasse evase nel 1991 (ai tempi del Lodo Mondadori) e riuscì poi a cavarsela con molto meno (il 5 per cento). Le richieste di rinvio a giudizio riguardano tra gli altri quattro deputati del Pdl (Cosentino, Parisi, Verdini e Dell’Utri, solo gli ultimi due hanno l’associazione segreta); Flavio Carboni, Arcangelo Martino e Pasquale Lombardi, il nucleo della P3; il governatore della Sardegna Ugo Cappellacci (c’è di mezzo tutta la storia dell’eolico), l’ex presidente della Corte di Cassazione Vincenzo Carbone.
Ma la lettura delle carte racconta che “la rete” e “il sistema” hanno avuto un raggio d’azione assai più vasto degli otto fatti contestati. Per la procura, però, non tutto ha raggiunto lo spessore della prova giudiziaria e quindi molto nomi non risultano tra i venti per cui è stato chiesto il giudizio. Colpisce, ad esempio, il verbale di Arcangelo Martino del 24 settembre che conferma il contenuto di quelli del 19 agosto e del 17 settembre 2010. «Ritengo di aver esposto tutto quanto a mia conoscenza circa i miei rapporti con Carboni e Lombardi. Mi ero però dimenticato di riferire l’intervento di Lombardi (ex segretario della Dc e giudice tributario per trent’anni), almeno secondo le sue parole, sul presidente Fargnoli che, quale presidente del Tribunale dei ministri di Roma, sempre a dire del Lombardi, era competente di un procedimento penale contro Berlusconi per la vicenda dei voli con gli aerei di Stato (giugno 2009, subito dopo il caso Noemi, quando si scoprì che sui voli di Stato per la Sardegna prendevano posto cuochi, cantanti e, soprattutto, ballerine, tutti con destinazionen villa Certosa, ndr). Il Lombardi – continua Martino – sosteneva di essere intervenuto su Fargnoli su richiesta di Gianni Letta e che «era stato lui a risolvere il problema», intendendo dire in questo modo che il procedimento contro Berlusconi era stato archiviato dal Tribunale dei ministri grazie al suo aiuto. Proprio per questo intervento il Lombardi riteneva di avere un credito importante da parte di Letta e di Berlusconi e riteneva pertanto che questi dovessero accontentarlo rispetto alle sue pretese. Il Lombardi chiedeva per sé incarichi nel partito o nella Regione Campania”. Pasqualino Lombardi ha avuto alla fine solo un mezzo incarico, il coordinamento di qualcosa. Di certo l’inchiesta sui voli di Stato affidata al Tribunale dei ministri ha vissuto il tempo di una farfalla, tre-cinque giorni.
Qualche riga più sotto Martino racconta la rete di amicizie di Lombardi, l’amico di giudici e procuratori, l’uomo dei convegni delle toghe e che entrava e usciva da palazzo dei Marescialli come fosse casa sua. «Tra i personaggi politici, oltre a Casentino e Gargani, Lombardi aveva rapporti con Caliendo (il sottosegretario alla Giustizia indagato e ora in via di archiviazione) e Gianni Letta (che poi vedremo assiduo anche di un’altra associazione di amici, la P4 di Bisgnani e Papa, ndr). Mi è accaduto più volte di ascoltare conversazioni telefoniche tra lui e Letta. Tra i magistrati, di grado molto elevato, i rapporti di Lombardi erano addirittura amicali. I riferimenti più importanti erano il presidente Carbone e l’avvocato generale della Cassazione Vincenzo Martone». Ancora Martino: «Tra il 7 e l’8 ottobre 2009 ci incontrammo all’hotel Eden io, Carboni, Lombardi e Dell’Utri. Scopo dell’incontro era riferire a Dell’Utri l’esito della decisione della Corte Costituzionale (Lodo Alfano, ndr) che doveva essere in linea con i desideri di Dell’Utri (…). Lombardi gli consegnò un bigliettino su cui erano riportati i voti dei giudici costituzionali. Secondo i risultati raccolti da Lombardi avrebbe prevalso per 8 a 5 o 8 a 6, non ricordo, la tesi per cui il Lodo Alfano era costituzionale.
L’incontro all’hotel Eden durò lo spazio di un caffè, tra i 10 e i 15 minuti». Il verdetto della Consulta fu l’opposto. E i tre ebbero modo di dire, in alcune intercettazioni, che avevano fatto «una figuraccia». La prima informativa del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza è protocollata 23 dicembre 2010 ed è un’analisi puntuale dei movimenti sui conti correnti di Marcello Dell’Utri. Che è un uomo fortunato, come tutti sanno. Fortunato perché ha un amico che corre sempre in suo soccorso. Per esempio, il 22 maggio 2008 Dell’Utri riceve da Silvio Berlusconi un milione e mezzo di euro perché la sua «posizione al momento della disposizione presentava un saldo negativo pari a euro 3.150.134 (affidamento concesso 2,8 milioni di euro). Il bonifico serviva a riassorbire l’esposizione». La prosa del finanzieri è chiara: Marcello ha in rosso il conto in banca, Silvio corre a coprire il buco. I soldi arrivano a Dell’Utri dalla filiale di Segrate del Monte dei Paschi, diventata suo malgrado famosa perché da lì veniva il contante per le ragazze delle feste, Ruby Rubacuori compresa.
I guai economici di Dell’Utri che il premier si premura di risolvere sono causati, scrive il Nucleo Speciale, «da due finanziamenti che non presentano un andamento regolare». Il primo è un mutuo ipotecario di due milioni di euro aperto nel 2004, il secondo uno «scoperto a revoca» concesso del 2006 per un importo di 2 milioni e 850mila euro. I finanzieri vanno a spulciare nei movimenti a partire dal 2005. E’ qui che appare evidente il ruolo del Credito Cooperativo Fiorentino di Denis Verdini (che, come Dell’Utri, è accusato di associazione a delinquere nell’ambito della P3): è nella piccola banca di Campi Bisenzio che Dell’Utri ha il conto sofferente, il numero 280399. Nei mesi successivi all’informativa di dicembre, Berlusconi ha avuto modo di dare nuove prove sonantidella sua amicizia. Tra il febbraio e il marzo scorsi, infatti, ha versato sui conti correnti del senatore altri otto milioni di euro. L’operazione ha avuto come intermediaria Banca Intesa Private Banking. La causale indicata da Berlusconi è sempre la stessa: prestito infruttifero. Non frutta interessi, ma qualcos’altro
forse sì.
L’Unità 13.08.11