La natura, il Vesuvio, furono crudeli nel 79 dopo Cristo ma a modo loro più pietosi: in un paio di giorni Pompei venne sommersa da una colata piroclastica e per secoli giacque addormentata. In questi ultimi anni assistiamo invece alla progressiva agonia del sito archeologico, da ascriversi alle geometriche incompetenze certificate da un rapporto dell’Unesco; alla sottrazione di risorse preziose per la sua conservazione, grottescamente distolte in forza del decreto cosiddetto «Salva Pompei»; mentre una feroce speculazione minaccia di mortificare ulteriormente l’area strangolandola nel cemento.
Brillante, presenzialista, gran dichiaratore, Giancarlo Galan aveva scelto proprio Pompei, epicentro della “débacle” del suo predecessore Sandro Bondi, per la sua prima conferenza stampa da Ministro dei Beni e delle Attività Culturali: era il 12 aprile scorso e per il disastrato sito promise una nuova cura, nuovi fondi statali ed europei e, che noia!, il salvifico arrivo dei privati. Il tutto facendosi forte di un decreto legge, il n. 34, approvato il 31 marzo: se non ché proprio quel provvedimento sancisce de iure la futura agonia del sito. All’articolo 2, pomposamente intitolato «Potenziamento delle funzioni di tutela dell’area archeologica di Pompei», c’è la norma che permette al ministero di «disporre trasferimenti di risorse tra le disponibilità delle Soprintendenze».
E quindi, per potenziare la soprintendenza di Pompei, grazie a questo comma gli hanno subito sottratto 5 milioni di euro, destinati a ripianare i debiti del Polo Museale della città di Napoli, un carrozzone creato nel 2003 dall’allora ministro Giuliano Urbani, a quanto si dice per poltronificare Nicola Spinosa da risarcire per la mancata nomina a Direttore regionale. Costo: una voragine di 12 milioni di euro in pochi anni. Per ripianare questo buco, oltre a Pompei, altri 5 milioni di euro sono stati sottratti alla soprintendenza di Roma, con lavori già pianificati e ora rinviati: a quando? A Pompei la situazione è drammatica: l’anno scorso, dopo i crolli reiterati, mentre l’allora ministro Bondi incolpava la sinistra dei disastri, una commissione dell’Unesco era piombata nell’area archeologica per capire cosa davvero stesse succedendo. La relazione Unesco boccia l’opera di Marcello Fiori, commissario straordinario voluto da Bondi e preso dalla Protezione civile: in generale per la mancanza di manutenzione e di conservazione, e in particolare individuando le cause dei crolli nella mancata irregimentazione della acqua piovana; giudica inutili e avventati i lavori promossi da Fiori per valorizzare il sito, come l’orribile rifacimento del teatro nuovo. Tra gli ispettori Unesco c’è Alix Barbet,
l’insigne archeologa esperta in pitture dell’età romana: non le sfugge la mancanza di alcuni affreschi smontati dalle collocazioni ni originali, ne chiede conto ma nessuno sa rispondere. Si reca in questura, fa un esposto: gli affreschi sono rintracciati in un magazzino, dove erano stati «dimenticati». La relazione dell’Unesco si conclude con 19 raccomandazioni di fuoco allo Stato italiano: più di tutte brucia l’accusa di non aver capito l’importanza universale di Pompei. L’Unesco infatti non protegge siti belli o di per sé importanti e suggestivi, ma ciò che ha valore per tutta l’umanità e il cui significato deve essere conservato e non disperso. Torneranno nel 2013 gli ispettori dell’Unesco, nel frattempo segnalano una situazione di progressivo degrado e una decina di domus in immediato pericolo. Ma prima che arrivi l’inverno, come correre ai ripari se le risorse sono state tagliate? Il Ministro aveva promesso nuovo personale – ma fino a oggi nulla è stato fatto – e 100 milioni di euro europei prima dai fondi Fas, poi dai Poim. In entrambi i casi si tratta di procedure lunghe e complicate, sulle quali a Bruxelles l’Italia si è guadagnata una triste fama. Arriveranno? E quando arriveranno? Impressionati dalla situazione di Pompei, gli ispettori dell’Unesco hanno contattato le fondazioni internazionali dedite al mecenatismo: si è interessata la Fondazione Défense, una cordata di imprenditori che può godere di agevolazioni fiscali per gli investimenti in cultura non solo in Francia ma in tutta la Ue. Si parla di 200 milioni di euro e, improvvisa, scende subito in campo un’altra cordata, di imprenditori napoletani questa volta: soldi zero, ma disposti a realizzare a pagamento – con i soldi dei loro colleghi francesi, che faranno bene a stare molto attenti – una serie di opere intorno al sito: alberghi, ristoranti, centri commerciali, info-point e vai così. Il rischio di cementificazione intorno al sito è reale: sempre il decreto «Salva Pompei» prevede infatti che interventi cosiddetti urgenti «all’esterno del perimetro delle aree archeologiche (di Pompei) possono essere realizzati in deroga alla pianificazione urbanistica». A insorgere contro questo comma, quando il decreto venne trasformato in legge, è stata solo Italia Nostra, «vox clamantis in deserto». Pompei anno 2016: un anello di cemento, fatto di alberghi, centri commerciali e benessere con altisonantinomi tipo Hotel Polibio, Epicurus Lounge, Resort Casti Amanti, circonda una area ex archeologica oramai ridotta a discarica del passato. Internet gratis
per tutti.
L’Unità 09.08.11