Barcone in avaria in acque libiche. La Nato non interviene: in duecento salvati dagli italiani
Dall´alto dell´elicottero della Guardia Costiera la scena che si presenta è apocalittica. Duecento uomini, donne e bambini su un barcone in avaria che chiedono aiuto. Sono disperati, allo stremo, senza cibo ed acqua da almeno cinque giorni. Il racconto dei sopravvissuti: “I cadaveri gettati perché in stato di putrefazione”
Hanno visto morire un centinaio di compagni di viaggio che sono stati buttati in mare perché i loro cadaveri erano già in putrefazione. E quando il velivolo sta proprio sopra il barcone e cala il cestello nel tentativo di recuperare un paio di quei dannati scoppia l´inferno.
«A decine di sono aggrappati al cestello, eravamo in difficoltà con l´elicottero, non potevamo sollevarlo perché forse li avremmo ammazzati. Non avevamo scelta, si aggrappavano l´uno all´altro per tentare di salire. Ma non era possibile e allora, sia pure con grande disperazione e dolore, abbiamo mollato il gancio e siamo rimasti ancora in volo lì vicino in attesa che arrivassero le motovedette della nostra Guardia Costiera, che dopo qualche ora sono giunte sul punto nave che avevamo segnalato a 90 miglia da Lampedusa, vicino alle coste libiche. Ma prima di mollare il cestello abbiamo lanciato loro viveri e acqua». È questa la drammatica testimonianza di uno dei marinai dell´equipaggio dell´elicottero della Guardia Costiera che era partito alcune ore prima da Catania.
Quando le motovedette sono giunte sul posto sono partiti i primi soccorsi. E a quel punto l´elicottero ha lanciato un altro cestello sul quale sono state issate tre donne, di cui una incinta, che erano in gravissime condizioni e rischiavano di morire. Poi l´elicottero, una volta trasferite a terra le tre donne, è ritornato indietro soccorrendo altri due disperati in gravi condizioni, anch´essi trasferiti nel poliambulatorio di Lampedusa.
È stata Fatima, una delle donne tratte in salvo, a raccontare l´ultima tragedia che si è consumata nel Mediterraneo: «All´inizio eravamo trecento, ma un centinaio, soprattutto donne, non ce l´hanno fatta e gli uomini sono stati costretti a buttare in acqua i loro corpi».
Qualcuno però poteva intervenire prima e non l´ha fatto. In zona c´era un rimorchiatore cipriota che già ieri aveva segnalato la presenza di quelle centinaia di extracomunitari partiti dalla Libia in gravi difficoltà. E lo sapevano anche i mezzi aerei e navali della Nato che da mesi operano in quel cielo ed in quelle acque. Ma nessuno ha mosso un dito. Il rimorchiatore si è tenuto a debita distanza dal barcone lanciando in mare due zattere di salvataggio per evitare che quei disperati potessero raggiungere il loro rimorchiatore che non poteva soccorrerli tutti.
Dopo il soccorso italiano è scattato l´allarme sulle vittime. I superstiti hanno ricostruito il viaggio: la partenza venerdì scorso dalle coste libiche, l´avaria al motore, l´agonia e la morte di un centinaio di persone, l´orrore dei corpi gettati in mare. Numeri ancora da confermare: è stato recuperato un solo cadavere. Ma che non intaccano la portata della tragedia.
I sopravvissuti sono stati trasferiti a bordo delle motovedette, diretti a Lampedusa, dove nella notte sono stati accolti e soccorsi.
Quella di ieri è la seconda strage della settimana. Lunedì scorso 25 immigrati sono stati trovati morti nella stiva di un barcone partito dalle coste libiche. Erano stati chiusi lì con la forza dagli scafisti, probabilmente colpiti a bastonate. Ma prima di loro molti altri migranti hanno trovato la morte in mare quest´anno. Oltre cinquantamila persone sono sbarcate in Italia dopo l´esplosione delle rivolte in Tunisia e Libia. Per 1.699 – secondo le stime – il mare Mediterraneo è diventato una tomba.
da la Repubblica
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“L´allarme ignorato per due giorni” e Frattini protesta con l´Alleanza”, di Alessandra Ziniti
La nave dell´organizzazione internazionale era a sole 27 miglia. L´ira di Maroni dopo la tragedia. La Farnesina: “Fatto molto grave”. L´Sos era partito da un rimorchiatore cipriota. La Lega: non possono solo bombardare
Corpi di donne e bambini in mare, centinaia di migranti stremati a contendersi un ultimo sorso d´acqua, uomini che si gettavano in mare nel disperato tentativo di raggiungere le zattere lanciate dall´unica imbarcazione fermatasi a soccorrerli ma poi sparita nella notte. Tutto nell´indifferenza generale delle imbarcazioni che incrociavano in quel tratto di Canale di Sicilia ancora molto lontano da Lampedusa e fuori dalle acque territoriali italiane.
Dal rimorchiatore cipriota che aveva avvistato i profughi già mercoledì era partita la richiesta di aiuto. Segnalazione a tutte le autorità presenti in zona, a cominciare dalla Nato che monitora ogni movimento tra Nord Africa e Italia. A 27 miglia una nave dell´Alleanza atlantica ha risposto con un secco no che, per l´ennesima volta, ha mandato su tutte le furie il ministro dell´Interno Maroni che ha chiesto ai colleghi della Difesa La Russa e degli Esteri Frattini di avanzare una formale protesta nei confronti della Nato. Rimostranza che è puntualmente arrivata. La Farnesina ha chiesto formalmente spiegazioni all´Alleanza: «Se le circostanze fossero confermate si tratterebbe di un fatto molto grave».
Racconta il capitano di vascello Vittorio Alessandro: «Il rimorchiatore aveva già girato a tutti la richiesta di aiuto mercoledì, noi non potevamo intervenire perché l´imbarcazione con i profughi era in acque libiche e ci sentivamo rassicurati dalla presenza del rimorchiatore in una zona in questo momento rigidamente pattugliata. Solo ieri mattina, quando abbiamo ricevuto l´autorizzazione, siamo partiti». Da Lampedusa, il comandante della Capitaneria di Porto Antonio Morana aggiunge: «L´emergenza è stata gestita direttamente da Roma. Noi abbiamo ricevuto l´ordine di far uscire le motovedette alle dieci di ieri. Il barcone con i profughi era a 90 miglia, ci abbiamo messo più di quattro ore a raggiungerli. Qualche genere di prima necessità, acqua, pane era stato gettato loro da un rimorchiatore cipriota e poi da un elicottero partito in mattinata da Catania, ma entrambi avevano dovuto desistere perché i movimenti dei migranti che si gettavano in mare o si aggrappavano al cestello mandato giù dall´elicottero con i generi di conforto rischiava di far capovolgere la barca con un bilancio ancora peggiore. In zona abbiamo visto indumenti, forse anche corpi galleggiare ma siamo dovuti rientrare velocemente a Lampedusa perché le condizioni dei sopravvissuti erano tali da necessitare di cure mediche urgenti».
Dure le reazioni politiche. Dice il presidente dei senatori leghisti Federico Bricolo: «La Nato deve capire che non è lì solo per bombardare le città libiche. Diventa prioritario che, in ottemperanza del mandato ricevuto, blocchi le imbarcazioni in partenza da quelle coste e le rimandi indietro per evitare le troppe morti alle quali stiamo assistendo». E il presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli chiede la convocazione immediata del Consiglio di Sicurezza dell´Onu. «Nel Mediterraneo si sta consumando una strage di vite nella totale indifferenza della politica, a tutti i livelli».
da la Repubblica