La politica italiana sarà «debole e divisa», come dice Giorgio Napolitano parlando al convegno dei radicali sulla condizione carceraria. Ma riesce a serrare i ranghi per votare la fiducia al Senato sul cosiddetto «processo lungo». Sarà debole e divisa, ma la maggioranza si aggrappa sempre ai suoi numeri nei momenti cruciali.
Peraltro la debolezza generale non impedisce a Umberto Bossi – ministro in carica – di replicare in modo ruvido al Quirinale sui ministeri al Nord. Strana vicenda. Il capo dello Stato invia una lettera piuttosto ferma al presidente del Consiglio e non riceve una risposta formale (almeno fino a ieri sera). Solo una frase generica («ne terremo conto») pronunciata da Berlusconi nel Consiglio dei ministri. In compenso Bossi butta lì, davanti ai giornalisti, che «la Costituzione non c’entra niente», quando il punto del Quirinale riguardava proprio il profilo costituzionale di Roma capitale. Per non dire della bizzarria di uffici aperti a Monza senza neanche un decreto pubblicato dalla Gazzetta ufficiale.
Siamo a una sfida istituzionale, come qualcuno ieri ha pensato? In realtà, no. Per questo ci vorrebbe una politica forte, determinata su certi suoi obiettivi. Qui siamo ai piccoli gesti simbolici, sgradevoli ma fine a se stessi. Il tema della «devoluzione» al nord si è immiserito in qualche stanza nella Villa Reale di Monza, chiuse subito dopo l’inaugurazione (riapriranno forse a settembre).
È la fotografia un po’ deprimente, bisogna ammetterlo, di una politica che vorrebbe gonfiare i muscoli, anche davanti al presidente della Repubblica, ma che non riesce a essere convincente. Debole, appunto, e alquanto sfilacciata. C’è fermento nella Lega e c’è inquietudine anche nel Pdl, come sempre quando non si vede una prospettiva sicura. Il caso Tremonti, nei suoi contorni indefinibili, acquista un sinistro valore emblematico: la prova che gli attuali equilibri scricchiolano. Nella sostanza più che nei numeri, almeno per ora.
I mercati finanziari restano minacciosi, i famosi «spread» con i titoli tedeschi crescono, il sentimento generale è l’incertezza. Berlusconi garantisce di voler andare avanti fino al 2013, ripartendo da un grande piano di riforme, ma ha l’aria di credere poco alle sue stesse parole: almeno per quanto riguarda le riforme. Però si vota sul «processo lungo», per quanto la fiducia su una discutibile legge pro-Berlusconi provochi qualche sofferenza alla Lega. Ma tant’è.
Siamo alla fine di luglio e fra poco si andrà in vacanza. Mai come quest’anno la pausa estiva, se davvero sarà tale, coinciderà con un quadro di generale nervosismo. Da cui non è esente l’opposizione, come sa chi ha seguito il segretario del Pd nel suo crescendo polemico: dalle lettere ai giornali, molto riflessive, alla minaccia di una «class action» a carico di chi ha esagerato nelle critiche sui casi Penati, Tedesco, eccetera.
È un sistema turbato e semi-paralizzato in cui nessuno ha in mano il bandolo della matassa. Forse solo il capo dello Stato che non a caso si mantiene saldo al centro della scena. Il richiamo alla politica debole e divisa vale, sì, come invito a una maggiore coesione nazionale. Ma è anche un modo per ricordare a tutti, in quest’estate 2011, chi conta davvero nella politica e nelle istituzioni. In attesa di un autunno che non sarà di ordinaria amministrazione.
Il SOle 24 Ore 29.07.11