È un’ecatombe senza precedenti quella che sta per abbattersi sugli organici della scuola statale. Il prossimo anno scolastico inizierà, infatti, con 42.100 cattedre in meno. Per l’anno successivo è previsto un altro sacrificio di 25.600 posti di insegnamento e, infine, un ulteriore salasso di 19.700 cattedre sarà effettuato per il 2011. In tutto: un taglio di 87.400 cattedre. A farne le spese saranno soprattutto i precari. Specialmente al Sud, dove peraltro rischiano il posto anche i docenti di ruolo, sui quali pende l’incognita della dichiarazione di esubero e della successiva messa in disponibilità per 24 mesi, con tanto di licenziamento allo scadere del periodo.
La situazione è talmente drammatica dall’avere spinto il ministero dell’istruzione, alle prese in questi giorni con il decreto sugli organici per il prossimo anno (in attuazione della manovra estiva), a considerare la possibilità di consentire ai precari di inserirsi nelle graduatorie di più province contemporaneamente. L’ipotesi allo studio prevede, infatti, la permanenza nella graduatoria a esaurimento di attuale collocazione e la possibilità di chiedere l’inserimento in altre 2 o addirittura 3 province. Nelle nuove province, però, l’inserimento avverrebbe in coda. La situazione, oltre che drammatica è anche paradossale. A fronte di una carenza cronica di cattedre al Sud, che vede assottigliarsi sempre di più il numero delle cattedre e il numero degli alunni, al Nord, invece, per trovare i supplenti non di rado le scuole devono ricorrere alle messe a disposizione.
In sostanza, dunque, le scuole del Nord, per assumere i docenti, dopo avere scorso senza esito le graduatorie di istituto, assumono i supplenti interpellando i precari che si rendono disponibili con delle semplici dichiarazioni presentate in segreteria. E nella maggior parte dei casi si tratta di docenti inclusi nelle graduatorie del Sud che sono rimasti senza lavoro e che si vedono costretti ad emigrare. Si tenga presente, peraltro, che le retribuzioni che vengono erogate a coloro che accettano le supplenze dai presidi sono ancora più basse di quelle dei supplenti che vengono assunti con incarichi conferiti dagli uffici scolastici o dalle scuole polo. Mentre ai primi viene attributi lo stipendio intero, sebbene al minimo contrattuale, ai precari assunti dai presidi viene applicata una decurtazione che corrisponde all’importo dell’ex compenso accessorio. E se si assentano per malattia hanno diritto alla metà della retribuzione solo per un mese. Dopo di che, nulla. Tra l’altro sulla questione della mancata attribuzione degli scatti di anzianità ai precari c’è anche una sentenza della Corte di giustizia europea che dovrebbe essere applicata anche in Italia. Ma finora non è successo nulla (si veda ItaliaOggi del 6 novembre 2007). Insomma, assumere precari fa risparmiare alle casse dello stato un bel po’ di soldi. L’amministrazione però sarebbe intenzionata a chiedere l’autorizzazione ad immettere in ruolo almeno 20mila precari: 15mila docenti e 5mila Ata. Insomma una boccata di ossigeno che riaccende la speranza per i 130mila precari che lavorano attualmente nelle scuole di tutto il paese con contratti a termine. Le immissioni, se ci saranno, verranno concentrate al Nord. Anche perché nel Mezzogiorno a rischiare il posto non ci sono solo i precari, ma anche i docenti di ruolo. Per questi ultimi si fa avanti lo spettro della riconversione coatta oppure della mobilità intercompartimentale. Ipotesi questa che non dispiacererebbe ai più. Ma il problema è che i posti nelle altre amministrazioni sono pochissimi. Anzi sono talmente pochi che l’amministrazione scolastica non è riuscita a ricollocare nemmeno i docenti inidonei, che sono appena 5mila, per i quali è stato costituito un ruolo a esaurimento. E dunque, se non sarà possibile ricollocare i docenti in esubero in altri insegnamenti o altre amministrazioni bisognerà applicare gli articoli 33 e 34 del decreto legislativo 165/2001. Una disciplina che risale al 1993, che fu introdotta dall’allora governo Amato. Ciò vuol dire che gli in collocabili saranno messi nelle liste di disponibilità a stipendio ridotto e poi licenziati.
ItaliaOggi, 17 febbraio 2009