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"Bonus bebè, sorpresa di governo", di Marco Ventimiglia

La beffa, il bonus bebè da restituire, e il danno, un procedimento penale per falsa autocertificazione. È quanto stanno vivendo le 8.000 famiglie che hanno ricevuto un’intimazione del ministero dell’Economia. «Scusate sono una mamma di Prato
e in questi giorni ho ricevuto una raccomandata dove mi viene intimata la restituzione non solo dei 1000 euro del bonus bebè ma anche il pagamento di una sanzione amministrativa di 3000 euro perché il reddito risulta superiore ai 50.000 richiesti. Ho controllato sia il mio CUD che quello di mio marito e nel 2005 come reddito complessivo avevamo 50.410 euro… Adesso io sono disoccupata da ben 3 anni e mio marito non sta ricevendo regolarmente lo stipendio da ben 4 mesi. Come possiamo fare?».
E’ una mail, una delle tante, che stanno ricevendo in queste settimane le associazioni dei consumatori. Una storia, una brutta storia, quella della restituzione del bonus per i figli nati del 2005, che sta avvelenando le giornate di circa 8mila famiglie italiane. Una vicenda che sintetizza alla perfezione il populismoe l’inettitudine dei governi guidati da Berlusconi, nel caso in questione l’attuale esecutivo e quello in carica quando fu emanato il discusso “regalo” per i neonati.

TONI DA TELEVENDITA
Due lettere. Sono quelle che scandiscono la tempistica di questo guazzabuglio paradossale. La prima, firmata direttamente da Berlusconi, informava direttamente il bebè del diritto maturato con toni da televendita: «Caro…, felicitazioni per il tuo arrivo! E’ il presidente del Consiglio a scriverti per porti la prima domanda della tua vita: lo sai che la nuova legge finanziaria ti assegna un bonus di mille euro? I tuoi genitori potranno riscuoterlo presso questo ufficio postale. Un grosso bacio». La seconda missiva, spedita adesso dal Ministero dell’ Economia, non contiene invece alcuna felicitazione: «Dagli accertamenti effettuati è emerso che Lei ha falsamente dichiarato di avere un reddito familiare complessivo nonsuperiore a 50.000 euro… Si contesta, pertanto, di avere riscosso illecitamente il bonus bebè utilizzando un’autocertificazione mendace… Si intima la restituzione entro 30 giorni del bonus e il pagamento della sanzione amministrativa pari a 3.000 euro che dovrà essere effettuato solo dopo che il giudice penale si sarà pronunciato in merito alla punibilità della falsa autocertificazione».
Manuela Ghizzoni, deputata del Pd, da tempo si sta occupando del caso. Sul suo sito dialoga con molte delle famiglie coinvolte, ed ha infine “costretto” a rispondere ad una specifica interrogazione il sottosegretario con delega alla Famiglia, Carlo Giovanardi. «La vicenda – dice – è l’emblema della politica di Berlusconi e dei suoi governi. A suo tempo furono stanziati 696 milioni per un provvedimento, quello del bonus bebè, utile soprattutto alla propaganda del centrodestra e che riguardava tanto gli incapienti che le famiglie con reddito fino a 50.000 euro. Insieme alla pomposa comunicazione del premier venne spedito un allegato che indicava le modalità d’applicazione del provvedimento, nel quale però non si specificava se il “reddito complessivo” da considerare era quello netto o lordo. E questo ha tratto in inganno molti, mentre un altro errore frequente è stato quello di non aver aggiunto l’eventuale reddito da fabbricati nel monte complessivo».
Insomma, a sei anni di distanza tante famiglie scoprono di avere sbagliato in buona fede. «Giovanardi – prosegue la deputata democratica – si è limitato a dare delle generiche rassicurazioni mentre il governo deve intervenire per “sanare” una vicenda di cui porta la responsabilità. Dire al cittadino di ricorrere all’autocertificazione senza fornirgli informazioni sufficienti porta a queste conseguenze. L’esecutivo deve eliminare le conseguenze penali mentre è giusto che le famiglie che hanno ricevuto il bonus senza averne i requisiti lo restituiscano». Fra l’altro, come hanno sottolineato le associazioni dei consumatori, in alcuni casi potrebbe essere scattata la prescrizione rendendo nulla la pretesa del ministero dell’Economia.

L’Unità 25.07.11

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«Veniamo trattati come truffatori e rischiamo la denuncia»

Mirko: «Tra me e mia moglie arrivavamo a 49.700 euro lordi:
ma non ho inserito il reddito della casa che è di 700 euro.
50.400 euro in tutto. Quanto è stato speso per inviare le lettere?
Si sentono presi in giro. Beffati, da uno Stato che si finge generoso, per poi spingerti in un angolo. Un angolo da cui non è facile
uscire, se i soldi che arrivano a mese sono quelli che sono. Con l’aggravante di una politica partenalistica e retorica che non ha esitato a speculare sui figli di chi è in difficoltà economiche. Scrive Katia: «Anch’io e mio marito siamo stati indotti in assoluta buona fede a dichiarare il falso, nel senso che abbiamo autocertificato che il nostro reddito non superava i 50 mila euro in quanto abbiamo pensato al reddito netto, cioè quello che effettivamente entra in casa. Risulta ancora più amara la beffa considerando che, andando a rispolverare la denuncia dei redditi del 2005, il lordo superava appena di 110 euro il limite dei 50 mila previsti». È una sottile disperazione la chiave per capire quest’ennesima ferocia del berlusconismo. «Siamo una famiglia di persone perbene – annota ancora Katia nella mail inviata alla deputata pd Manuela Ghizzoni – penso che la nostra fedina penale sia pulita da generazioni, e adesso ci troviamo di fronte non solo a dover restituire 1000 più 3000 euro (non pochi per le nostre tasche),ma addirittura unadenuncia di carattere penale: è incredibile!».
Eh già, parrebbe incredibile se non vivessimo nel paese del bunga bunga. «Se si fanno leggi con testi ingannevoli e poco chiari con che principi si governa?», si chiedono babbo Alberto e mamma Marzia. «Il tenore della lettera che ci è arrivata ci ha dipinti come truffatori con il rischio di trovarsi con la fedina penale sporca, quando tutto quello che dobbiamo e abbiamo sempre dato allo stato (stato in minuscolo è voluto), lo abbiamo dato alla luce del sole». Una malastoria da fine impero, degna di un governo alla disperazione: tra i destinatari della lettera di oggi, c’è chi si ricorda quella firmata «un grosso bacio: Silvio Berlusconi». «Nelle istruzioni della riscossione del bonus si era omesso di inserire l’indicazione di ‘reddito netto o lordo’: se così fosse, ritengo che sia veramente un sopruso da parte dello Stato chiedere dei rimborsi altamente esosi ad una famiglia tratta in inganno da un invito del presidente del consiglio». Così Marco. Scrive invece Mirko: «Ho guardato la lettera che ricevetti allora (quella del Silvio) e dietro ho letto che come requisito bisognava stare al di sotto dei50 mila euro di reddito. Verificando la mia posizione ho guardato nei vari Cud e come somma del lordo, tra me e mia moglie, arrivavamo a 49.700 euro. Però, da quello che ho capito, mi sono sbagliato perché non ho inserito il reddito dell’abitazione principale, che è di 700 euro. La somma dei due redditi è di 50.400 euro, sempre lorde…».
Meno che spiccioli, per il presidente del consiglio. Sarebbe da chiedersi quanto quanto fu speso da Palazzo Chigi per inviare ai neonati del 2005 tutte quelle lettere. Soldi nostri. Chi lo restituisce il maltolto?

L’Unità 25.07.11

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La proposta di una sanatoria per la “beffa” del bonus bebè, per le famiglie che dovrebbero restituirlo oltre a pagare una multa: viene dalle parlamentari del Pd Ghizzoni e Donata Lenzi.

La deputata del Pd chiede al sottosegretario Giovanardi di fare chiarezza Ottomila le famiglie toccate dal problema, a Modena sono quasi trecento. «È insostenibile la vicenda dei rimborsi sui bonus bebè: è auspicabile un provvedimento di sanatoria che possa rimediare in modo tempestivo ad una situazione incresciosa». Lo chiedono due deputate del Pd che hanno sollevato il problema alla Camera – la carpigiana Manuela Ghizzoni e la collega Donata Lenzi, puntando il dito contro il sottosegretario modenese Calo Giovanardi. «Giovanardi non fa chiarezza su bonus bebè del 2005 e per migliaia di famiglie c’è il rischio di dover restituire quattromila euro allo Stato: i mille che erano stati erogati del bonus più la sanzione di tremila euro per aver ottenuto il bonus senza averne il diritto. Tutto questo per colpa di un sistema di attribuzione poco chiaro che ha finito per trarre in inganno le famiglie». Le deputate del partito democratico hanno interrogato in commissione Affari sociali alla Camera il sottosegretario alla famiglia, Carlo Giovanardi sulle 8mila lettere ricevute dalle famiglie che avevano ottenuto nel 2005-2006 il bonus bebè di mille euro e che si vedono adesso chiedere i soldi indietro con gli interessi. Una vicenda che solo a Modena interessa più di trecento famiglie (183 quelle accertate e 125 quelle da accertare). «Il sottosegretario – proseguono le due parlamentari – ha minimizzato i numeri assicurando che le famiglie dovranno restituire solo mille euro e non 4mila come risulta invece dalle denuncie di cui siamo in possesso. Siamo in ogni caso disponibili a raccogliere le testimonianze di chi si trova in questa situazione e a rappresentarle al ministro. In ogni caso – concludono – se le rassicurazioni di Giovanardi dovessero essere smentite, invitiamo il Presidente del Consiglio a scrivere nuovamente una lettera ai bambini nati nel 2005 e gli proponiamo fin d’ora il testo: “Felicitazioni per il tuo sesto compleanno. È il Presidente del Consiglio a scriverti per farti capire come teniamo a te e alla tua famiglia: lo sai che i tuoi genitori dovranno pagare all’erario 4000 euro? Il motivo è dovuto al fatto che nella fretta di scriverti cinque anni fa non avevo spiegato come funzionava il bonus bebè perché ero più interessato al voto dei tuoi genitori». La Ghizzoni ricorda anche come, tramite l’intervento di associazioni di categoria, alcune famiglie siano riuscite ad ottenere la prescrizione del reato di falso in atto pubblico essendo passati cinque anni dalla domanda di ricevimento dell’assegno e quindi dal “reato”. «L’auspicio – aggiungono ancora – è che ora venga fatta una sanatoria in modo da non gravare sulle famiglie con un onore decisamente importante che, oltre al danno suona come una beffa umiliante e inaccettabile».

La Gazzetta di Modena 25.07.11

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“FAMIGLIA E PROPAGANDA”, di Maria Cecilia Guerra

Il bonus bebè ha visto la luce nella finanziaria preelettorale relativa al 2006. Si è trattato di uno strumento a forte impatto mediatico: un dono del governo Berlusconi direttamente nelle tasche dei cittadini. È stato finanziato con il taglio del fondo per le politiche sociali (la quota distribuita dallo Stato alle Regioni e da queste ai Comuni, per il 2005, è stata quasi dimezzata Una bella pensata: i 1000 euro del bonus bebè sarebbero stati considerati merito del governo, i tagli ai servizi locali colpa dei Comuni. Uno strumento una tantum, centralizzato, per massimizzare il ritorno elettorale; tre volte sbagliato.
1) Sbagliato perché distribuito al di fuori di un serio disegno di politiche per la famiglia. Non un incentivo alla natalità, in un Paese con uno dei più bassi tassi di fecondità al mondo, perché in larga parte riservato a bambini già nati o già concepiti. Non uno strumento di contrasto alla povertà, nel Paese europeo con più alto tasso di povertà minorile, perché misura una tantum, che ha poi lasciato il bebè al suo destino.Nonuno strumento di razionalizzazione del disordinato insieme di strumenti di sostegno monetario esistenti: detrazioni familiari che non danno aiuto a chi è troppo povero per pagare imposte; assegni familiari che non raggiungono i nuclei in cui il reddito da lavoro dipendente sia inferiore al 70% del reddito familiare.
2) Sbagliato perché centralizzato, mentre le politiche per la famiglia richiederebbero di concentrare le risorse per costruire una omogenea e articolata presenza di servizi sul territorio (es. asili nido), che aiutino le donne a conciliare il lavoro di cura con quello di mercato, in un Paese in cui, secondo l’Istat, sono il30% le madri, con meno di 65 anni nel 2009, che nel corso della loro vita hanno dovuto interrompere il lavoro per motivi familiari.
3) Sbagliato perchè basato su una comunicazione ingannevole, che ha umiliato tutti quei cittadini che hanno ricevuto la lettera, personalizzata, del premier, che comunicava un dono a cui, a conti fatti, non hanno poi avuto diritto, o perché superavano i limiti di reddito, o perché extracomunitari. Il bonus bebè non veniva infatti riconosciuto ai bimbi dei residenti extracomunitari: perché sprecare dei soldi per gente che non vota? Ora sappiamo che ci sono anche state 8000 famiglie che hanno commesso errori nell’autocertificazione dei reddito. Si poteva evitare: bastava prevedere l’intervento dei Caaf. Si è trattato di una scelta: non spezzare il filo diretto fra presidente e cittadini. Non è stata l’unica volta in cui la propaganda ha fatto premio sulla corretta informazione: basti pensare alla vicenda della social card.

L’Unità 25.07.11

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