È positiva e va estesa la decisione i alcune regioni di congelare l’applicazione dei superticket da dieci euro: ora il governo li abolisca». Così interviene il segretario confederale della Cgil Vera Lamonica. Per la sindacalista « non si può scaricare sui cittadini il peso diuna misura iniqua e punitivamanon è giusto, né potrà reggere a lungo, affidare la soluzione alle singole Regioni che sono già duramente colpite dai tagli della manovra ». Insomma, la «questione sanità», che poi è questione sociale, continua a tenere banco a quattro giorni dal varo definitivo dell’ultima stangata. La maggior parte dei governatori (almeno 11) ha già deciso di ribellarsi alla decisione dell’Economia, a costo di altri tagli al bilancio. Tra gli altri, il dibattito è aperto su un eventuale ripensamento. «Siamo tra Scilla e Cariddi – spiega Roberto Formigoni – Confermo che stiamo cercando di trovare una soluzione. Ricordo che il ticket è stato introdotto per legge, nella manovra, e quindi o sono i cittadini a pagarlo o dovremo togliere fondi da un altro capitolo e dunque offrire meno servizi». Traspare imbarazzo dalle parole di Roberto Cota. «per ora stiamo facendo le nostre valutazioni», dichiara il presidente del Piemonte.
ITALIA DIVISA Insomma, l’Italia resta spaccata in tre, tra chi ha già deciso di evitare l’«obolo», chi lo ha sospeso e chi è stato costretto a introdurlo, per mancanza di alternative. Tra queste ultime, Liguria, Lombardia, Calabria e Basilicata. Anche nel Lazio il pagamento è stato introdotto, ma a macchia di leopardo solo in alcune Asl. La governatrice Renata Polverini ha annunciato l’intenzione di alzare le fasce di esenzione. Nel tardo pomeriggio è partita una circolare dall’assessorato pugliese alle Asl per l’introduzione dei ticket che scatterà da oggi, così come per le Marche. Dall’altra parte cresce il fronte delle Regioni che hanno detto no all’aggravio di spese sanitarie per i cittadini, fronte che si rafforza con l’ingresso di altre regioni nel gruppo di quelle alla ricerca di soluzioni alternative. Febbrili gli incontri negli uffici degli assessorati regionali, anche in preparazioni della riunione prevista per domani con il ministro della Salute Ferruccio Fazio. E di fronte agli sportelli delle Asl non sono mancate le proteste dei cittadini per i quali è scattato l’aumento di 10 euro per la specialistica e la diagnostica e 25 per i codici bianchi di pronto soccorso. Intanto con l’aumento della contribuzione alla spesa chiesto ai cittadini, si assottiglia la differenza fra quanto pagato in una struttura pubblica o in una privata per lo stesso esame o visita specialistica. Inoltre in molte Regioni dove il ticket da pagare in pronto soccorso per i codici bianchi già si applicava, a prescindere dall’inserimento del provvedimento in manovra economica, gli stessi codici sono notevolmente diminuiti, al punto che a pagarli «sono solo il 30%» rispetto a prima. Congelare il ticket sanitario «è una buona scelta», per il segretario Cisl, Raffaele Bonanni, che ha lodato l’’Emilia Romagna, tra le prime a pronunciarsi sul ticket.
L’Unità 19.07.11
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“Sanità con 12 mila medici in meno primi a sparire: anestesisti e rianimatori”, di Luisa Grion
Giovedì gli stati generali delle associazioni di categoria per fare fronte comune. Già in difficoltà i nosocomi più importanti come il Cardarelli di Napoli. Non è solo questione di ticket da versare: le misure che, con la manovra, il governo ha introdotto sulla sanità sono destinate a produrre un taglio netto anche nel numero di medici a disposizione del servizio nazionale e quindi nell´offerta ai cittadini. Per risanare i conti dello Stato è infatti previsto che le amministrazioni pubbliche continuino nel blocco del turn over, tanto più se stiamo parlando di regioni già sottoposte al piano di rientro della spesa sanitaria (per le quali è prevista solo una contestatissima deroga a favore dei primari). La misura, secondo le proiezioni effettuate dallo Smi, (sindacato medici italiani) si tradurrà nella riduzione nel 2014 del 10% dei medici del servizio sanitario: 12 mila unità in meno rispetto agli attuali 120 mila.
«Il blocco del turn over dettato dai piani di risanamento riguarda Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna e Sicilia, regioni che nel complesso hanno un bacino d´utenza di 32 milioni di cittadini e fanno riferimento ad un corpo medico dirigente di circa 60 mila unità» spiega Gianfranco Rivellini, responsabile per la dirigenza medica dello Smi e psichiatra all´ospedale di Mantova. Ora, «se leggiamo assieme le previsioni sul blocco del turn over e i picchi di pensionamento che la categoria subirà nell´immediato futuro, le conseguenze della mancata copertura saranno devastanti». Da qui al 2015 – secondo uno studio del sindacato ospedaliero Anaao-Assomed – si verificherà infatti un picco di uscite di medici dalle corsie (per via della concentrazione anagrafica di nati negli anni Cinquanta). «Non si può dire che la qualità dei servizi possa subire un crollo del 10 per cento – precisa Rivellini – ma se non si riforma il sistema della specialistica di base e delle cure primarie, il taglio di presidi territoriali che la necessità di produrre risparmi ci richiede si tradurrà in Pronto soccorso che scoppiano e più lunghe liste d´attesa». L´emergenza è denunciata da tutte le associazioni di categorie: per giovedì prossimo, la ventina di sigle che la rappresentano ha indetto gli Stati generali per fare fronte comune conto i tagli dettati dalla manovra (8 miliardi) e il blocco della contrattazione. «Non solo, qui si tratta di riflettere sul destino del servizio sanitario» avverte Costantino Troise, segretario nazionale di Anaoo-Assomed «ci sono alcuni casi, come quello della Campania, dove la situazione è esplosiva: escono dalle corsie 4 mila medici all´anno e da quattro anni non si indicono concorsi, le voragine vengono coperte con medici precari sui quali nessuno fa formazione o aggiornamento».
Fra i casi limite che Anaao segnala vi è il San Camillo di Roma dove, grazie al taglio dei posti letto e alla scarsità di personale medico, nel 2010 oltre 2 mila persone hanno aspettato in barella più di 24 ore al Pronto soccorso. Al Cardarelli di Napoli, il più grande nosocomio del Mezzogiorno, i sindacati denunciano «turni massacranti e preoccupazione per la salute dei pazienti». Ma gli effetti dei tagli sono visibili anche nelle strutture più piccole: la Fp-Cgil medici fa sapere che nel Pronto soccorso di Fratta Maggiore, dei 24 medici previsti dall´organico in servizio ce ne sono solo 12. A Palermo il sindacato denuncia insufficienze del 10 per cento in tutte le principali strutture. «Questa non è una manovra – commenta il segretario Massimo Cozza – ma una picconata alla sanità pubblica».
E se la carenza è generale ci sono categorie dove i buchi sono più profondi che altrove. «La carenza di anestesisti e rianimatori sta creando seri problemi in diversi ospedali – racconta Vincenzo Carpino di Aaroi-Emac, sigla della categoria – ne mancano già 3.500, di cui 2.200 nelle Regioni che subiranno sicuramente il blocco, dai 500 del Lazio ai 350 della Sicilia. La manovra in questo caso rischia di essere davvero pericolosa».
La Repubblica 19.07.11