Titolavamo ieri “L’Italia sull’orlo del crack, l’opposizione pronta a salvarla”: e infatti. Senza Pd, Udc, Idv il paese sarebbe andato a fondo. Già, perché in questa operazione di responsabilità (ma non di corresponsabilità), il partito di Bersani ha saputo raccordarsi con quelli di Casini e Di Pietro e, fuori dal parlamento, con quello di Vendola, con tanti saluti a chi dice che uno schieramento alternativo alla destra appartiene al mondo dei sogni.
Il Pd sta dando un prova molto forte, di grande sensibilità nazionale. Ha esercitato leadership. Avrebbe potuto mettere i bastoni fra le ruote, ottenendo l’umiliazione del governo ma facendo pagare un prezzo assurdo all’Italia. Essendo un partito serio, ha scelto un’altra strada, e ha fatto bene.
Nella mente di Berlusconi martellano altri pensieri. Dover sborsare 560 milioni di euro a De Benedetti. Il destino delle sue aziende. I compromessi fra i figli. Le peripezie giudiziarie. Le sue tempie pulsano per tutto questo, non c’è molto spazio per il resto. Infatti non si fa vedere né sentire, costretto alla fine a parlare con una nota scritta chissà da chi.
I grandi giornali lo criticano, l’Italia che conta mugugna, l’opinione pubblica più larga ha assistito sbigottita ai disastri in Borsa, le persone normali temono per il futuro dei loro risparmi Ma il governo, di fatto, non c’è più. Non ce la fa, da solo. Ha bisogno degli altri, delle opposizioni.
Potrà restare aggrappato al potere come una cozza allo scoglio ma non potrebbe reggere un altro urto finanziario, o un altro scandalo, o una nuova sconfitta parlamentare. Trovare i miliardi che mancano sarà una rogna tutta di un Tremonti stordito.
Mancano ancora – è vero – aperte dissociazioni nella sua maggioranza, ma c’è una forza delle cose che potrebbe impedire una penosa agonia. E portare ad una crisi, a un governo autorevolissimo, e di lì ad elezioni. Le opposizioni – unite – devono crederci.
da Europa Quotidiano 13.07.11
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“Così il Professore è tornato in scena” di Mariantonietta Colimberti
Anche l’ex premier capisce l’emergenza e non si tira indietro.
In questi giorni l’hanno chiamato in tanti, e non soltanto per chiedergli un parere. Lo hanno invitato, sollecitato, spinto a parlare, a spendere la sua faccia pulita e autorevole per sostenere il paese che ha governato due volte e che ora è in un momento drammatico, vicino al baratro. E Romano Prodi ha risposto, ha detto a tutti, in Italia e all’estero, che lui c’è. E non perché punti al Quirinale e misuri i suoi interventi sull’obiettivo presunto, come qualcuno si ostina a scrivere in articoli ai quali il Prof riserva battute graffianti, quanto perché si sente un «patriota».
Questa manovra non gli piace per niente, la considera insufficiente e iniqua, ma ora «bisogna spegnere l’incendio» perché «i mercati stanno lavorando contro di noi». Per aiutare a spegnere l’incendio si è vestito da pompiere, non negandosi alle occasioni pubbliche e nemmeno alle interviste, giornali ed emittenti esteri compresi, come Die Welt e Bbc, ma non solo. In una situazione come quella in cui ci troviamo, è il ragionamento, sarebbe fin troppo facile anche se legittimo da parte dell’opposizione sottolineare la scarsa credibilità internazionale dell’esecutivo, la sua inadeguatezza etica e morale, in definitiva la sua incapacità a governare.
Ma cosa accadrebbe se sulle tv internazionali andassero in onda scene di protesta o notizie di misure non approvate, di impossibilità del governo e del parlamento di varare la manovra? Di qui la scelta di Prodi di sollecitarne la «rapidissima» approvazione, che l’opposizione consentirà, concordando al massimo qualche emendamento, ma senza andare oltre.
L’importante è presentarsi «uniti di fronte all’estero». E all’estero, il Prof è sicuramente tra gli italiani più noti e più credibili. Dunque, Prodi è tornato, pluri-richiesto. «Ci vogliono tempi calamitosi perché un paese si rivolga a lui», diceva Paolo Baffi di Nino Andreatta, come ricordò Padoa-Schioppa in un convegno del 2008. Oggi i tempi sono calamitosi e in tanti si sono rivolti al Prof, che di Andreatta è stato allievo.
In realtà Prodi era già tornato.
Almeno in altre due occasioni importanti. La prima, quando alla vigilia del voto amministrativo di Bologna, salì sul palco dove Virginio Merola chiudeva una campagna elettorale in cui la vittoria al primo turno non era affatto scontata.
Nelle settimane precedenti si era detto che Prodi era più vicino ad Amelia Frascaroli, sostenuta dalla moglie Flavia e dalla portavoce Sandra Zampa. Il Prof alzò sorridendo la mano che stringeva quella del candidato del Pd. Merola fu sindaco al primo turno.
La seconda occasione fu a vittoria avvenuta, quando tra gli applausi raggiunse al Pantheon Pier Luigi Bersani che festeggiava il quorum raggiunto e i quattro sì dei referendum. Oggi il Prof è indirettamente impegnato su un altro fronte che gli preme molto, quello della difesa, o meglio della costruzione, del bipolarismo («quello degli ultimi 15 anni non è bipolarismo» ha detto ieri a Padova) e della modifica del Porcellum. Con la testa e con il cuore sta con Arturo Parisi e con i promotori del referendum ripristina-Mattarellum, ma per ora eviterà di apporre la sua firma, pronto a intervenire se sarà necessario.
Il mondo prodiano è tutto da quella parte. Perché il bipolarismo ce l’ha nel dna, insieme alla diffidenza verso tutto ciò che sa di “inciucio”, grosse koalition compresa. Ieri Prodi è tornato a dire no al governissimo. «Quando l’emergenza sarà finita si potrà aprire un confronto sulle riforme, ma con chi e come spetta alla politica e non a me dire», perché «io sono un professore, anzi, un pensionato professore».
da Europa Quotidiano 13.07.11
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Subito la patrimoniale e il governo se ne vada
Che fare di fronte alla crisi? Parla di politica Susanna Camusso, leader della Cgil, del silenzio del governo, del giudizio di inaffidabilità che pesa sul nostro paese, della timidezza poco responsabile di molti (ed è un richiamo chiaro alla Cisl e alla Uil: come è possibile che in un frangente come questo i sindacati non si facciano avanti con una proposta unitaria?), della debolezza fino alla inutilità di questa manovra.
Ma, insistiamo, voi della Cgil avete un’idea per correggere la manovra? “Sì, un’idea c’è, per misure di rapida formulazione: una patrimoniale ordinaria e una patrimoniale straordinaria, qualcosa di strutturale e qualcosa che cerchi di rispondere alle domande della crisi, certo colpendo le grandi ricchezze e i redditi più alti, chiedendo in questo momento un sacrificio che è generosità, corresponsabilità, sensibilità di fronte ai pericoli che incombono. Sono misure nel segno dell’equità, mentre questa manovra funziona in direzione opposta, colpire i più deboli, risparmiare e incoraggiare i più forti…”.
C’è un governo che non ascolta… “E che non parla. E’ inverosimile che Berlusconi e Tremonti abbiano lasciato passare questi giorni di fuoco senza aprire bocca. Al posto loro parlava la Merkel. Un governo che non dice nulla non sa che cosa fare o non è in grado, per contrasti interni, di fare qualcosa in modo coerente: una settimana fa Berlusconi invitava ad alleggerire la manovra, ieri s’è fatto sentire per reclamare tagli più radicali. Una dichiarazione di inaffidabilità, un lasciapassare per gli speculatori”.
Che cosa la indigna di più di questa manovra? “Molte cose. Cominciamo dai tagli agli enti locali, già bersagliati, già in difficoltà, tagli che impediscono un livello sensato di copertura sociale. La conseguenza sarà una riduzione dei servizi alle persone, ai più deboli, che in aggiunta dovranno pagare il ticket sanitario e che soffriranno di una sanità, colpita a sua volta dalla scure. Di male in peggio. Una sofferenza che si acuisce…”. Aggiungiamo le pensioni. Altre tasse, per chi non gode di assegni d’oro. “Anche qui dove sta la giustizia, dove sta la sensibilità sociale? Loro vanno sul sicuro, senza fantasia”.
Molti, politici e commentatori, tornano sull’innalzamento a 65 anni dell’età pensionabile per le donne. E’davvero intollerabile quel traguardo? “Bisogna considerare il contesto, chiedersi quanto pesano per le donne, in termini di interruzione della contribuzione, la gravidanza e la maternità, chiedersi quanto è poco considerata ancora l’occupazione femminile, quanto c’è di precario nel lavoro femminile, quanto la donna è costretta a sottrarsi al lavoro per dedicarsi ai familiari, dai figli agli anziani, in conseguenza dell’inefficienza o della scarsità dei servizi. Quando si parla di età pensionabile, siamo alle solite: si ragiona sulle spalle dei lavoratori, che pagano sempre, gli allungamenti di un anno, poi il blocco del turn over, le ristrutturazioni…”.
Si può correggere questa manovra? “Se c’è un’emergenza, si corre ai ripari. Questa manovra rischia solo di peggiorare gli effetti di quella passata: solo depressiva, senza spunti per la crescita, ingiusta, inutile se non dannosa (in una congiuntura più nera per la produzione e per l’occupazione). Se non si introduce qualche elemento di equità e qualche sostegno alla crescita: la patrimoniale, ordinaria e straordinaria, che vorremmo introdurre, dovrebbe servire a questo: qualche taglio in meno, qualche investimento in più”.
Sacrificio, sacrifici, senza orizzonti? Ma c’è un’alternativa? “Dobbiamo approvare rapidamente la manovra, dobbiamo rassicurare i mercati. Va bene. Ma un minuto dopo questi se ne devono andare. E’ loro la responsabilità dei nostri guai: per tre anni ci hanno ripetuto che tutto andava per il meglio, ci hanno confezionato addosso manovre fatte di tagli, solo depressive, sbagliate, inique. E’ il momento della svolta, perché un altro governo prenda in considerazione una finanziaria di crescita, che riequilibri i redditi, che ridistribuisca la ricchezza, che attui qualche investimento (modificando il patto di stabilità), che rifaccia girare l’economia”.
Che farà la Cgil? “Proporremo le nostre critiche e le nostre proposte. Domani pomeriggio (oggi per chi legge) saremo davanti al Senato. Venerdì analoga manifestazione dello Spi davanti alla Camera. Continueremo”.
L’Unità 13.07.11