Banche sotto pressione, spread a livelli record: la speculazione ci tratta come la Grecia
Un bagno di sangue sui mercati, con tensioni inimmaginabili fino a qualche giorno fa sui titoli di stato e un tonfo in Borsa delle principali banche.
Immaginate un’Italia troppo debole e poco credibile. Un paese in bilico tra il rischio di contagio e l’area salvezza. Con un governo rissoso, una situazione politica quantomeno opaca, un contesto economico esangue sul lato della crescita. Una penisola in cui gli attori principali della scena politica ed economica giocano con il fuoco. Tanto più in presenza di una dilagante speculazione che insiste sull’Europa e che erode il sistema economico-finanziario.
A questo punto potrete capire perché ieri l’aumento dello spread tra i titoli a lungo termine italiani e quelli tedeschi abbia superato la soglia massima di 245 punti base, raggiungendo un nuovo record dall’introduzione dell’euro a 245,3. Complice l’inaspettata debolezza del ministro Tremonti giudicato all’estero il baluardo del rigore, l’impressione è che la speculazione tenderà nei prossimi giorni a forzare quota 250 con un incremento rispetto ai giorni pre-manovra di mezzo punto. Gli analisti scommettono ormai che entro la fine dell’anno, anche a manovra approvata, il differenziale Bund- Btp possa arrivare a 400 punti base con un aggravio notevole sui conti pubblici. Già perché, se da qui alla fine dell’anno l’Italia dovrà pagare di più per finanziarsi sui mercati internazionali, l’esborso per ogni 100 punti di spread eccedenti i 200 d’inizio settimana sarà pari a 17 miliardi di euro. Il che significa che la manovra da 48 miliardi di euro, sulle cui coperture pesano le perplessità degli investitori, potrebbe non essere sufficiente e potrebbero mancare all’appello altri 30 miliardi di euro.
La giornata vissuta ieri sui mercati internazionali è stata drammatica, di quelle che l’Italia non vedeva ormai da oltre tre lustri. Un venerdì nero che rischia di far intravedere quel tunnel di scarsa credibilità, alta speculazione, elevata inflazione che all’inizio degli anni ’90 portò l’Italia dritta in un circolo vizioso.
Nel ’92 la battaglia per mantenere la lira nello Sme fu sanguinosa e perdente; certo oggi c’è l’ombrello dell’euro. Eppure il momento è davvero tragico se anche il Governatore della Banca d’Italia e prossimo presidente della Bce, Mario Draghi, ha cercato di calmare i mercati definendo «credibile» il pareggio di bilancio nel 2014 e la manovra «un passo importante per il consolidamento dei conti pubblici. A fronte di un crollo del 3,47% della Borsa di Milano, arrivata a perdere a metà seduta quasi 4 punti percentuali, a preoccupare è il tonfo di Unicredit (-7,85%), di Banco Popolare (-6,46%), della Popolare di Milano (-6,12%) e di Intesa San Paolo (-4,56%).
Perdite che rischiano di stringere il cappio intorno agli istituti di credito chiamati alla prova degli stress test. Se i risultati dei test europei si sapranno solo il 15 luglio, ieri il Governatore Draghi si è detto certo che «gli intermediari italiani supereranno con un margine significativo gli stress test in corso in sede europea».
In un simile scenario si colloca lunedì l’esordio in parlamento della manovra da 48 miliardi di euro, per quella che si preannuncia una corsa contro il tempo vista la scadenza concordata nell’incontro di ieri tra Berlusconi e Tremonti di una conversione in legge del decreto prima dell’estate. E così si comprimono i tempi della discussione in commissione bilancio del senato, unica sede di discussione parlamentare, in vista del licenziamento per l’aula il 18 luglio.
L’impressione è che la finestra per le auspicate modifiche, a saldi invariati, sollecitate sia dalla maggioranza che dall’opposizione oltre che da ministri ed esponenti di sindacati e categorie, sia ridotta. E comunque, se le tensioni sui mercati dovessero proseguire sarà utilizzata più sul fronte del rigore (per dare certezza a quei 15 miliardi che mancano all’appello) che su quello dell’equità.
da www.europaquotidiano.it