I presidenti Pd scrivono a l’Unità dopo il voto alla Camera sulla proposta Idv per l’abolizione.
Abbiamo assistito in questi giorni ad un dibattito sulla cancellazione delle Province intriso di demagogia e di superficialità.
I cittadini e le imprese ci chiedono di riformare con coraggio la pubblica amministrazione per renderla più snella ed efficiente e per consentire al Paese riforme ormai non più rinviabili. Tutto ciò è tema che riguarda seriamente il Partito Democratico e la sua capacità di collocarsi in modo convincente sul terreno delle riforme, spiegando ai cittadini ciò che intende fare e soprattutto ciò che farà al governo del Paese. Per questo la scelta del Partito di non sostenere l’ipotesi demagogica dell’Idv e dei centristi, volta solo all’incasso di un consenso a breve, ci convince.
Di fronte alla presa di posizione di autorevoli esponenti del nostro partito, per “amor di verità” crediamo di dover richiamare il nostro programma elettorale del 2008, che come Presidenti di Provincia abbiamo condiviso e che prevedeva l’eliminazione entro 1 anno di tutti gli ATO, settoriali e non, attribuendo le loro competenze alle Province. Si prevedeva inoltre l’eliminazione delle Province là dove si costituiranno le aree metropolitane.
Mai, come Presidenti di Provincia, abbiamo attestato l’associazione della quale facciamo parte, su posizioni di difesa acritica dell’attuale sistema istituzionale.
Crediamo però che un grande partito abbia il dovere di spiegare ai cittadini quale Paese ha in mente. Peraltro, mentre ragioniamo di tutto ciò, il Parlamento si appresta ad approvare la Carta delle Autonomie, testo fondamentale per l’attuazione del federalismo, perché in esso vengono definite le funzioni fondamentali di Comuni e Province; in pratica il “chi fa che cosa” nel sistema delle autonomie locali. Le Associazioni delle autonomie e le Regioni hanno suggerito soluzioni diverse, ognuna a difesa del livello di governo che rappresentano, ed il Governo ha compiuto una difficile mediazione. Siamo sicuri che quel testo non debba essere più preciso per evitare ogni sovrapposizione di competenze, definendo con esattezza il mestiere di ciascuno, per rendere la vita più semplice ai cittadini e alle imprese, e rendere possibili significativi risparmi, semplicemente evitando che tutti facciamo le stesse cose? E, visto che si parla solo di Comuni e Province, non è il caso che le Regioni facciano la stessa cosa, evitando di distribuire in modo irrazionale o, ancor peggio, di trattenere, funzioni che possono essere conferite agli enti più vicini ai cittadini, così che possano avere finalmente, per una loro esigenza, un solo interlocutore?
E allora qualche domanda è legittima.
L’abolizione delle Province porta con sé l’abolizione dei capoluoghi e quindi l’eliminazione di prefetture, questure, uffici decentrati dello Stato e delle Regioni?
Si vuole cioè concentrare il potere e l’economia pubblica in venti città e non più in cento città italiane?
Si vogliono eliminare soltanto le Province e lasciare organizzati lo Stato e le Regioni come adesso e quindi, di fatto, spostare a livello Regionale compiti, funzioni e personale, vista la oggettiva difficoltà di trasferire ai Comuni competenze di area vasta?
Se fosse così 50.000 dipendenti residenti in quasi tutti gli oltre 8.000 comuni italiani, che svolgono per la gran parte funzioni legate al territorio, rimarrebbero irrimediabilmente nelle Province e le Regioni non potrebbero far altro che costituire agenzie, società e sovrastrutture con costi facilmente immaginabili.
Al di là della demagogia è arrivato il tempo delle proposte serie. Su di esse i Presidenti di Provincia saranno al tavolo di chi vuole riformare profondamente l’Italia: presto, bene e con coraggio, senza posizioni pregiudiziali e pronti a condividere scelte che riguardino anche e soprattutto le Province. Quello che non è tollerabile è la continua delegittimazione di rappresentanti delle istituzioni, eletti dai cittadini e che in trincea si confrontano quotidianamente con le difficoltà che stiamo attraversando.
Al Partito Democratico chiediamo di scegliere subito la strada da percorrere, strada di riforme profonde che può e deve riguardare tutti i livelli istituzionali del Paese.
Il centrodestra in lunghi anni di governo non ne è stato capace, sta a noi dimostrare che riformare le istituzioni seriamente è possibile.
I PRESIDENTI DI PROVINCIA PD DELL’UNIONE DELLE PROVINCE D’ITALIA:
ANTONIO SAITTA (TORINO) NICOLA ZINGARETTI (ROMA) FABIO MELILLI (RIETI) ANDREA BARDUCCI (FIRENZE) BEATRICE DRAGHETTI (BOLOGNA) GIOVANNI FLORIDO (TARANTO) PIERO LACORAZZA (POTENZA)
L’Unità 08.07.11
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“Mi indigno io”, di Goffredo De Marchis
Il capogruppo difende la linea del Pd: l’abolizione è solo una bandiera
“Walter voleva tenere le Province sbagliato dare segnali demagogici”
Franceschini: agli elettori dobbiamo dire la verità. Il ruolo di questi enti fa parte della riorganizzazione dello Stato non del tema dei costi della politica Sono io che mi indigno di fronte alle critiche. Un legislatore non segue gli umori, guarda all’efficienza.
Onorevole Franceschini, il Pd poteva dimostrare di avere a cuore il taglio dei costi della politica abolendo le province. Invece, nel voto di martedì mercoledì le ha salvate.
«Tutte sciocchezze. Il ruolo e la soppressione delle province fanno parte di un tema che si chiama riorganizzazione dello stato non del tema costi della politica».
I commentatori e soprattutto i militanti la pensano in modo diverso. Il sito del Pd straripa di critiche per la vostra astensione.
«Allora spieghiamo bene cosa è successo. Ai nostri militanti, prima ancora che ai commentatori. In aula abbiamo applicato, com´è d´obbligo, il programma con cui ci siamo presentati agli elettori nel 2008. Candidato premier Veltroni e io suo vice perciò ricordo bene cosa c´è scritto in quella piattaforma. Al punto 4 si parla di attribuire più competenze alle province. Ma laddove si costituiscono città metropolitane l´ente locale va abolito. Sull´onda di quel punto, è stata presentata una proposta di legge a prima firma Bersani e prima del voto dell´altro ieri abbiamo fatto una lunga nell´assemblea del gruppo. Le nostre proposte sono di sopprimere o accorparle su scelta delle regioni. La proposta dell´Idv era una proposta purament di bandiera».
Ma non dovrebbe essere anche la vostra bandiera?
«Eliminare dalla Costituzione la parola province? Eppoi chi si occupa di strade, scuole, discariche, acqua, urbanistica»
Poteva essere un segnale.
«Io mi indigno di fronte a questo ragionamento. Un legislatore non segue gli umori, deve guardare ai costi, all´efficienza. Tanto è vero che in tutti i decreti attuativi del federalismo, un tema del quale tutti si riempiono la bocca, vengono date più risorse alle province. Il Pd propine un percorso organico di riforma della struttura dello Stato. Non vuole fare due urla e sventolare una bandiera».
Lo dovete dire ai vostri elettori che protestano in massa.
«Chi ha funzioni politiche deve fare le cose giuste, quelle possibili. Non dare un segnale. Vorrei che qualche commentatore dedicasse un po´ di tempo a leggere il provvedimento dell´Idv. Che mi dicesse se era giusta o sbagliata la proposta di Di Pietro. Sono stanco di ipocrisie. Se si vuole essere credibili per un´azione di governo bisogna assumersi delle responsabilità. Non si vota una cosa sbagliata e demagogica per mandare un segnale».
Ma era quello che i cittadini si aspettavano da voi.
«Se la gente pensa che la riduzione dei costi della politica sia la soppressione delle province noi abbiamo il dovere di spiegare che non è così. Devono essere le regioni che stabiliscono quali vanno soppresse quali vanno accorpate. Bisogna dire chi si occupa dei 60 mila dipendenti delle province italiane? Dove vanno, al cinema? E nei confronti dei nostri militanti il dovere è spiegare i fatti senno non c´è cultura di governo ed è l´abdicazione della politica. Il Partito democratico ha un programma elettorale, una proposta di legge firmata dal segretario, una delibera dell´assemblea programmatica, un´assemblea del gruppo che indicano una direzione precisa. Se il partito non vuole riaccendere il virus che ha colpito l´Ulivo, l´Unione. Anche sulla legge elettorale».
Si riferisce allo scontro tra i referendum?
«La direzione è chiamata a discutere e varare una proposta di legge sensata. Vedere che il Pd rischia di dividersi tra i sostenitori del referendum A e del referendum B è un problema. Ha fatto benissimo Bersani a richiamarsi allo spirito di squadra».
Vuole impedire ai dirigenti di appoggiare un quesito?
«Alla legge elettorale è legata la natura stessa del partito. Allora sui quesiti è giusto confrontarsi nel partito, dire la propria. Ma alla fine è altrettanto giusto sostenere la posizione comune. Altrimenti replichiamo il male che ha colpito il centrosinistra negli ultimi decenni. Si sceglie tutti insieme e il minuto dopo si va in ordine sparso».
La Repubblica 08.07.11