Diciamolo subito: in un Paese che si appresta a tirare di nuovo la cinghia i tagli agli scandalosi costi della politica dovevano scattare ieri. Che tutto sia rimandato al prossimo parlamento, alle prossime nomine, soprattutto alla prossima maggioranza, e che certi privilegi acquisiti non vengano nemmeno sfiorati, può provocare legittimo sconcerto. La motivazione del rinvio, peraltro già previsto nella proposta originaria di Giulio Tremonti, è che una riforma così radicale non sarebbe mai stata approvata da chi l’avrebbe dovuta subire.Per la serie: «Non si può chiedere al cappone di festeggiare il Natale» . Ma anche se fosse passata, spiega il ministro dell’Economia, difficilmente avrebbe retto alla inevitabile valanga di ricorsi legali. Preoccupazioni che è difficile giudicare infondate. Di certo c’è che, nonostante non colpiscano nessuno nell’immediato, i tagli non sono stati affatto ben digeriti (come dimostrano le polemiche nel consiglio dei ministri di giovedì). E anche se sono finiti (a forza) in un decreto legge sul quale verrà probabilmente posta la fiducia, la strada è ancora lunga e insidiosa. La misura più indigesta è quella che stabilisce, pur se dal prossimo giro, l’adeguamento degli stipendi e delle indennità a una regola aurea: quella della media dell’area dell’euro. Lunghissimo l’elenco dei soggetti ai quali questo parametro, sconvolgente per l’Italia, dovrebbe essere applicato: parlamentari, consiglieri regionali e provinciali, sindaci… La norma è destinata a provocare un terremoto nelle Regioni e nelle Province autonome, dove le retribuzioni degli amministratori sono in alcuni casi elevatissime. Ma anche altrove. Fra gli organismi colpiti, come stabilisce un allegato al decreto, ci sono per esempio il Csm, il Cnel, la Corte costituzionale, delle autorità indipendenti fra le quali l’Antitrust e la Consob. E poi l’Aran, l’Agea, la Civit… Dal 2012, in ogni caso, gli stanziamenti per il Cnel, il Csm e gli altri organi di autogoverno delle diverse magistrature, nonché delle autorità indipendenti, compresa la Consob, saranno ridotti del 20%rispetto a quelli dei quest’anno. Ma il principio del «livellamento europeo» non risparmierà nemmeno i vertici della burocrazia pubblica: segretari generali dei ministeri, capi dipartimento e altri dirigenti generali. Una sorpresina c’è anche per i magistrati (prevalentemente quelli amministrativi) ingaggiati dalle autorità indipendenti e dai ministeri. Costoro non potranno più contare, come avviene finora, sul doppio stipendio: quello dell’amministrazione di appartenenza e quello dell’amministrazione di destinazione. Un cumulo che garantisce trattamenti economici scandalosamente immotivati, e che comunque sarà anch’esso abolito (se la proposta Tremonti passerà indenne) soltanto a partire dai prossimi contratti. Ancora: le riduzioni delle spese di Camera e Senato sono demandate all’autonomia dei due rami del Parlamento. Come quelle che dovranno riguardare la Corte costituzionale. In ogni caso, i risparmi dovranno essere destinati ai seguenti scopi: «Fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, conservazione dei beni culturali» . Vedremo. Come vedremo se sarà davvero tassativa la norma che stabilisce l’election day, cioè la concomitanza in una unica data delle elezioni politiche, amministrative ed europee. A proposito: nella prima bozza del decreto pubblicata sul Corriere. it si citava anche il caso dei referendum, riferimento che non compare più nell’ultima versione. Un giro di vite (sempre in futuro) è previsto anche per i titolari di alte cariche pubbliche cessati dal servizio. Non potranno avere più alloggi, né auto, né personale di servizio pagato dallo Stato. L’uso degli aerei blu dovrebbe poi essere rigorosamente limitato al capo dello Stato, al premier e ai presidenti delle Camere. Ogni eccezione sarebbe esplicitamente autorizzata, con l’obbligo di pubblicazione sul sito internet di palazzo Chigi. Entro tre mesi tutti gli organismi pubblici dovranno quindi rendere note on line le proprie partecipazioni societarie, con ogni informazione del caso. Compresi i risultati di bilancio degli ultimi tre anni. E veniamo a una delle note forse più dolenti: il finanziamento pubblico dei partiti, che va oggi sotto l’ipocrita denominazione di «rimborsi elettorali» . Il decreto stabilisce che sarà ulteriormente diminuito del 10%, «cumulando così» , dice testualmente il provvedimento, «una riduzione complessiva del 30%» . Nel caso di scioglimento anticipato delle Camere, inoltre, i contributi pubblici non potranno più essere erogati per l’intero quinquennio, ma soltanto per gli anni effettivi di durata della legislatura. Con un regalino: la frazione di anno sarà calcolata come anno intero. Anche volendo prendere per buona la storia del cappone e del Natale, perché pure il taglio ai contributi dei partiti debba scattare soltanto dopo le prossime elezioni resta francamente un mistero. Ameno che non serva per evitare a Tremonti di fare in Parlamento la stessa fine di Giulio Cesare, come qualcuno a quanto pare gli avrebbe promesso.
Il Corriere della Sera 02.07.11