Il capo dello Stato Giorgio Napolitano dà il via libera al decreto rifiuti ma ritiene il provvedimento «non risolutivo» e auspica ulteriori interventi del governo. Per il presidente della Repubblica serve ben altro «per assicurare l’effettivo superamento di un’emergenza» di rilevanza nazionale. Commenta il leader della Lega Umberto Bossi: «Lo capisco, è originario di lì. Però la gente del Nord i rifiuti di Napoli non li vuole» Non aveva alternative, e dunque ha firmato. Ma con una forte riserva morale. Perché il decreto legge sui rifiuti di Napoli e dintorni «non appare rispondente alle attese e tantomeno risolutivo» del problema. Serve ben altro, e lo segnala, «per assicurare l’effettivo superamento di un’emergenza» che ormai ha assunto «rilevanza nazionale» . Servono «interventi ulteriori» . Vale a dire «una piena responsabilizzazione di tutte le istituzioni, insieme con le autorità locali della Campania» . Va ben oltre gli «auspici» di rito, il richiamo reso pubblico ieri con una nota ufficiale dal presidente della Repubblica, subito dopo aver emanato le «misure urgenti» (ma «pilatesche» , le ha definite il sindaco de Magistris, e «insufficienti» per il governatore Caldoro) che hanno scontentato tutti e che certo non possono risolvere il disastro della spazzatura nella capitale del Mezzogiorno. È una staffilata severa al governo, quella che cala dal Quirinale, e in particolare al partito — la Lega — che non ha avuto remore a sabotare il provvedimento predisposto già da tempo, impedendo così di superare le difficoltà di questi giorni. Per il capo dello Stato non ha senso, su un fronte simile, muoversi in base a calcoli di convenienza politica (mettendo di nuovo il Nord contro il Sud, magari per recuperare i consensi perduti alle ultime elezioni), come è emerso da molti retroscena del Consiglio dei ministri e dalle stesse dichiarazioni di diversi leader leghisti. Non a caso, la partita di Napoli mette in gioco l’interesse del Paese e la sua reputazione internazionale, visto il rilievo mediatico che la faccenda ha assunto. Insomma: l’emergenza, che rischia di diventare presto anche sanitaria, impone un «impegno solidale delle Regioni italiane» . Tutte. Napolitano lo ha chiesto infinite volte, e l’ultima appena una decina di giorni fa, il 23 giugno, rispondendo ai tanti appelli che gli erano giunti dalla sua città e confessando «l’allarme» e «l’inquietudine per la mancata approvazione» , in due successive riunioni del governo, del decreto studiato ad hoc. La formula ambigua — minimalista e rinunciataria, altro che «massimo sforzo» — uscita l’altro ieri da Palazzo Chigi lo ha deluso profondamente. Proprio perché contraddice «lo spirito dell’intesa che, con un apprezzabile sforzo unitario» , era stata raggiunta in origine, anche se non messa nero su bianco. Questo era l’assillo del presidente, che aveva sollevato l’argomento direttamente con il premier, ricevendone rassicurazioni, l’ultima volta in cui aveva avuto un faccia a faccia con lui, la settimana scorsa. Pure allora aveva espresso la consapevolezza del «lavoro duro e di lunga durata» necessario sul fronte della Campania. Infatti, Napolitano sa bene che, quando sarà superata la fase dell’emergenza, bisognerà comunque mettere mano alle «misure strutturali» indispensabili per risolvere il problema alla radice. Il che significa studiare e programmare — come ha sollecitato a più riprese— un sistema integrato di raccolta differenziata, siti di trasferenza, discariche, inceneritori, termovalorizzatori e quant’altro fosse necessario per l’intera regione. Qui entra in gioco soprattutto la responsabilità diretta delle amministrazioni locali. A loro, del resto, il capo dello Stato non ha mai risparmiato critiche severe.
Il Corriere della Sera 02.07.11