Nel discorso della corona di ieri Angelino Alfano a un certo punto ha pronunciato due parole particolarmente care alla cultura della destra: «talento» e «merito». Basterebbe pensare che mentre Alfano pronunciava quelle parole c’era lì, davanti a lui, Nicole Minetti, per convincersi che il neo segretario aveva voglia di scherzare. L’igienista dentale diventata di botto consigliere regionale, senza neppure passare attraverso il voto dei cittadini, è talmente in sintonia con quei criteri di talento e di merito che perfino il direttore del Giornale Alessandro Sallusti, in un’intervista di qualche settimana fa, l’ha definita «inquietante», aggiungendo: «Adesso sappiamo perché è andata a occupare quel posto. Non è un bell’esempio».
Ma va detto che Nicole Minetti è in abbondante compagnia. Nello stesso listino bloccato che l’ha portata in Consiglio regionale ci sono, ad esempio, un geometra di Arcore e un massaggiatore del Milan.
Esono quisquilie, se paragonate alla pletora di ex dipendenti Edilnord, o Fininvest, o Publitalia eccetera diventati di colpo sindaci, presidenti di Province, coordinatori regionali del partito. Chi poi ha occasione di andare a Montecitorio, e di osservare dall’alto i banchi della Camera occupati dai deputati del Pdl, ha solo l’imbarazzo della scelta fra avvocati del premier, medici del premier, ex dipendenti del premier, amici e amiche del premier e via di questo passo. Ci sarebbe da fare qualche ragionamento anche su alcuni ministri, ma lasciamo perdere.
Tuttavia nessuno può seriamente pensare che Alfano avesse voglia di fare dell’autoironia, quando ieri ha pronunciato quelle due parole, «talento» e «merito». Né si può pensare che non abbia calcolato l’effetto che simili parole avrebbero provocato. Avrà certamente messo in conto che molti avrebbero reagito con il più classico dei «da qual pulpito!». E allora si può ipotizzare, siccome Alfano sprovveduto non è, che abbia voluto lanciare un segnale. Non tanto a Berlusconi, che ancora per un bel po’ resterà il monarca assoluto del Pdl e continuerà a fare quello che vuole e a promuovere chi vuole. Quanto all’elettorato di centrodestra. Alfano è giovane e ha sicuramente un futuro davanti a sé. E probabilmente ha capito che per recuperare consensi il centrodestra ha bisogno di mettere fine a un andazzo che negli ultimi anni lo ha reso ridicolo e soprattutto poco credibile.
Non è un caso che la frase completa di Alfano sia la seguente: «Dobbiamo diventare il partito del merito e del talento». Dicendo «diventare» il neo segretario ha implicitamente ammesso che, per ora, il Pdl non è un partito in cui il talento e il merito sono le principali credenziali per andare avanti. Alfano ha dato l’impressione di guardare al domani, cioè al dopo Berlusconi, anche quando ha detto che non tutti nel Pdl sono onesti; che non tutti sono vittime delle toghe rosse; e che quindi una pulizia è necessaria.
Insomma, pensando al futuro il nuovo segretario ha dato l’impressione di aver capito che il centrodestra non può prescindere da alcuni di quei valori che ne hanno sempre costituito l’essenza. Montanelli, quando chiuse la breve e sfortunata avventura della sua Voce, scrisse: «Noi volevamo fare, da uomini di destra, il quotidiano di una destra veramente liberale, ancorata ai suoi storici valori: lo spirito di servizio, il senso dello Stato, il rigoroso codice di comportamento che furono appannaggio dei suoi rari campioni, da Giolitti a Einaudi a De Gasperi». Valori di cui la destra degli ultimi anni ha fatto carne da cannone, per non dire di peggio.
Citando la meritocrazia, Alfano ha ricordato proprio una delle grandi battaglie di Montanelli: quella contro le carriere per scatti di anzianità, contro le lottizzazioni dei partiti, contro le esagerate tutele di un sindacato che non distingueva tra lavoratori e profittatori. Citando il talento, ha citato un altro valore della destra storica: quello del principio di ineguaglianza. E dicendo che nel Pdl non tutti sono onesti, ha voluto sottolineare che il valore della destra è la legalità, non la filosofia secondo la quale «tutti sono colpevoli e quindi tutti sono innocenti».
Intendiamoci. Sui convincimenti profondi di Alfano non ci pronunciamo: a proposito di legalità, egli è pur sempre il ministro di Giustizia che ha dato il la a più di una legge ad personam. E’ probabile insomma che ieri certe cose le abbia dette per calcolo. Ma non importa. Quel che ci pare una novità da cogliere è che il nuovo segretario del Pdl abbia in qualche modo riconosciuto che certe storture nel Pdl ci sono davvero, e non sono un’invenzione della stampa comunista.
La Stampa 02.07.11