Per contenere il deficit e per rispettare i vincoli di bilancio imposti dall’Europa, il blocco degli scatti di anzianità e degli stessi contratti collettivi potrebbe continuare ancora per altri due-tre anni: la notizia sta ormai circolando da diversi giorni anche perché il Governo ha già fatto sapere che nella prossima manovra finanziaria da 40 miliardi bisognerà prevedere una bella sforbiciata delle spese.
E poiché una delle spese principali del bilancio dello Stato riguarda proprio gli stipendi pubblici, è davvero molto probabile che stipendi e pensioni vengano rivisti e corretti.
Nei giorni scorsi il ministro Renato Brunetta si è comunque affrettato a precisare che non c’è nessuna volontà del Governo di cancellare la contrattazione che, al contrario, rappresenta il pilastro centrale delle relazioni con le organizzazioni sindacali.
Ma c’è il fatto, indiscutibile, che senza risorse sembra un po’ difficile poter contrattare.
A meno che il Ministro non intendesse dire che resta aperta la possibilità di contrattare le risorse destinate alla “premialità”. In un futuro non troppo lontano, gli unici aumenti di stipendio ai quali potranno aspirare docenti e Ata saranno insomma quelli destinati ai “migliori” e saranno ricavati dai risparmi di sistema, e cioè dalla riduzione degli organici.
Duro il giudizio della Flc-Cgil che afferma: “Dopo aver cancellato gli scatti d’anzianità nella scuola e averli ridimensionati nelle università, adesso il Governo Berlusconi vuole eliminare il contratto nazionale per lasciare il campo libero alla legge Brunetta che trasforma i diritti e le retribuzioni contrattuali in elargizione clientelari e unilaterali”.
E questa volta il sindacato di Pantaleo non è solo; pochi giorni fa Raffaele Bonanni è stato chiaro: “Adesso basta, ha detto in sintesi il segretario nazionale della Cisl, o si fa una riforma fiscale seria che consenta una maggiore equità, altrimenti sarà sciopero generale”.
Parlare di unità sindacale ritrovata è forse eccessivo, ma il Governo dovrà certamente tenere conto che penalizzare ancora una volta la scuola e il pubblico impiego potrebbe avere conseguenze imprevedibili
La Tecnica della Scuola 27.06.11