La mobilitazione di genitori e insegnanti in piazza Matteotti ha raggiunto l’obiettivo. I casi di Spilamberto e San Damaso. «A Modena mancano all’appello 123 insegnanti ridateceli». Prosegue la mobilitazione del coordinamento genitori delle scuola della provincia contro il taglio degli insegnanti, le classi sovraffollate e i tanti problemi legati alla riduzione dei costi per l’istruzione. Ieri in piazza Matteotti una nuova giornata per raccogliere adesioni, ora già arrivate a quota diecimila firme.
Da oggi il numero che più conta non sono più i 123 insegnanti che mancano alla scuola modenese, ma piuttosto le 10mila firme che il movimento provinciale dei genitori ha raggiunto. Un traguardo che non ha precedenti e che deve far riflettere: «Se è vero, come abbiamo dimostrato – commenta Beppe Stefani, tra i responsabili del coordinamento – che la scuola non è una questione di destra e sinistra, ci piacerebbe che queste diecimila firme dimostrassero l’interesse di una città intera per un sistema che non funziona più e portassero ad una presa di coscienza di tutti i politici e le autorità per intervenire e risolvere il problema». Terminati gli esami di maturità, comincia il periodo di assegnazione dell’organico di fatto, quello che una volta per tutte traccerà il quadro della scuola modenese, sempre più in deficit non solo economico ma anche di personale. Ieri tra i genitori si sono visti anche alcuni politici, l’onorevole Manuela Ghizzoni e l’assessore provinciale Elena Malaguti. La Ghizzoni ha sottolineato come il problema scuola sia ormai generalizzato e anche per gli adulti – corsi serali e carceri – l’istruzione «non è più garantita». La Malaguti si augura che «l’ufficio scolastico soddisfi le richieste di un territorio che chiede semplicemente ciò che gli spetta», ma la situazione è ancora piuttosto ingarbugliata. Ieri diversi genitori hanno raccontato in piazza Matteotti storie diverse ma di uguale disagio. A Spilamberto Tania Ghiaroni spiega come «da tre anni debba partire la classe dei 3 anni alla scuola materna statale, tra l’altro appena ristrutturata, e invece puntualmente ogni anno da Roma non inviano le maestre». A San Damaso c’è il rischio più che da settembre scompaia il tempo prolungato: «Passare da 36 a 30 ore – racconta Alba Bassoli – significa perdere ore importanti di italiano, matematica, ore di compresenza e recupero che permettono alle classi di rimanere in pari. Tagliando tutto si fanno differenze e la scuola pubblica non dovrebbe essere così». In montagna togliere i pomeriggi diventa un problema sociale: «Il tempo prolungato – spiega Rita Capitani – è una esigenza per le comunità dei paesi più o meno piccoli perchè l’offerta pomeridiana è più scarsa che in città e la scuola aiuta a creare relazioni». Infine l’Ottavo Circolo, dove il presidente Vasco Boscaino ha fatto mettere a verbale che non si potranno costituire classi con 27 ragazzi poichè troppo numerose. Staremo a vedere.
da La Gazzetta di Modena