L’ultima scena del festival delle mazzette in salsa parmigiana, con dirigenti comunali a mungere le casse pubbliche per autofinanziarsi la sistemazione del giardino di casa o la ristrutturazione della villetta al mare, è la gente in piazza, alle otto della sera, a tirare monetine contro il palazzo municipale. Urla, slogan e fischi sotto i Portici del Grano: «Vignali dimettiti da sindaco: vergogna, vergogna» . Centinaia di persone confluite spontaneamente in strada sull’onda del tam tam e di un’inchiesta che ha portato in galera per corruzione 11 persone (tra cui il capo dei vigili urbani e i due principali collaboratori del sindaco), facendo emergere, parole degli inquirenti, «un sistema di tangenti complesso e una sorprendente propensione a delinquere dei dirigenti» . Serata da brividi, dopo una giornata di fango e veleni. «Fuori i ladri dal municipio!» , gridano giovani e anziani. Due assessori fanno capolino alle finestre e si beccano il segno delle manette. Polizia e carabinieri proteggono l’ingresso del palazzo comunale. Vola qualche spintone. Dentro, in quelle stanze passate al setaccio dalla Finanza, si celebra in un’atmosfera da resa dei conti la seduta del consiglio comunale. Le opposizioni (Pd, Idv e altri) stanno presentando il conto al sindaco Pietro Vignali, da 4 anni alla guida di una giunta civico-berlusconiana (senza Lega): «Non poteva non sapere: lasci l’incarico, questa indagine è politicamente devastante per la città» , tuona nell’aula consiliare il capogruppo del Pd, Giorgio Pagliari, tra gli applausi del pubblico e i volti terrei di una maggioranza che si stringe a testuggine attorno al sindaco, deciso a non mollare: «Non mi dimetto— dice Vignali—, ero all’oscuro di tutto, i dirigenti sono stati sospesi, il Comune si tutelerà» . L’hanno chiamata «Green Money» , moneta verde, quest’inchiesta. Ma di bucolico ha poco. L’obiettivo era attingere soldi dalle casse comunali attraverso fatture gonfiate o fittizie per lavori di manutenzione del verde pubblico, in realtà mai fatti o del tutto inutili. Un giro di mazzette da quasi 500 mila euro che la Finanza, tra intercettazioni e filmati (tra cui la scena del pagamento di una tangente), ha messo impietosamente a nudo. «Il fenomeno della corruzione— ha detto il capo della Procura, Gerardo La Guardia — qui è molto diffuso» . Con l’aggravante, secondo l’accusa, che a gestire la rete erano tre dirigenti comunali, uomini legati a doppio filo al sindaco Vignali: il comandante dei vigili urbani, Giovanni Maria Jacobazzi, il direttore marketing ed ex capo dello staff del primo cittadino, Carlo Iacovini, e Manuele Moruzzi del settore Ambiente. In carcere anche 3 imprenditori, 4 titolari di piccole società e un investigatore privato. Il frutto delle tangenti, oltre che alla sistemazione di case e giardini, veniva dirottato anche sui conti correnti delle mogli dei dirigenti comunali. Pesante la posizione del capo dei vigili urbani, Giovanni Maria Jacobazzi, 40 anni, ex tenente dei carabinieri, voluto dal sindaco dopo lo scandalo del caso Bonsu, il giovane di colore picchiato e umiliato nel comando dei vigili urbani dopo essere stato scambiato nel settembre 2008 per uno spacciatore (10 le guardie municipali sotto processo). Il dirigente dovrà rispondere di altri due fatti. Aver fornito notizie riservate, attinte dal sistema informatico del Viminale, ad un investigatore privato di Monza, Giuseppe Lupacchini, facendosi pagare 4 mila euro. E aver esercitato pesanti pressioni su un vigile, suo sottoposto, per fargli togliere una multa inflitta a un noto commerciante. Un tipetto singolare, Jacobazzi. Insignito del titolo di Cavaliere da Carlo Saverio di Borbone per i servizi resi durante i funerali del duca Carlo Ugo, è salito alla ribalta giorni fa quando ha sospeso dal servizio 11 vigili in odore di assenteismo: «Chi lavora per il cittadino deve mostrare etica e correttezza» , tuonò, testa alta e petto in fuori.
Il Corriere della Sera 25.06.11