Da almeno un anno nella politica italiana esistono due universi paralleli: quello della realtà e quello della finzione. La realtà, così come la raccontano ministri, sottosegretari, senatori, deputati, faccendieri, lobbisti, manager delle grandi aziende e diplomatici di ogni nazionalità, è che il governo è paralizzato, il presidente del Consiglio totalmente assorbito dalle sue vicende personali e la maggioranza lacerata da rivalità, invidie e lotte di potere.
La realtà però viene solo sussurrata: al telefono, nelle cene private o a margine degli incontri di lavoro. Da un anno capita di ascoltare esponenti di primo piano dello Stato e del governo ripetere che una stagione è finita, il Paese non più governato e che ormai si vive nella palude. E fin qui siamo all’analisi politica, poi si viene investiti da una serie di lamentele, sfoghi e pettegolezzi sul premier e sui suoi ministri che, al confronto, tutto quanto è stato letto sui giornali risulta perfino pallido e stinto.
Al posto della realtà va in scena una grande rappresentazione, in cui appare una corte che ancora crede nell’invincibilità del sovrano, nella sua capacità di tornare in sella e soprattutto nell’unicità del suo carisma.
Se si vanno a ricercare le dichiarazioni pubbliche degli esponenti del centrodestra è difficile trovare traccia di critiche, prese di distanza o dubbi sull’operato di Berlusconi o del governo. Eppure le occasioni non sono mancate, da Noemi a Ruby, dal bunga bunga alle pressioni per cancellare programmi e conduttori Rai, dalle assenze nella politica internazionale (la nostra incapacità di avere un ruolo di primo piano nelle crisi in Tunisia, Egitto e Libia) fino alla mancata crescita e al nostro declino.
Molte volte, di fronte a situazioni estreme, è venuto da chiedersi come fosse possibile che il mondo del centrodestra digerisse tutto, senza mai muovere una critica o indignarsi.
Lo scorso autunno incontrai un giorno Bisignani, che non avevo mai visto prima, e, come molti altri esponenti del governo nelle stesse settimane, mi raccontò di un presidente del Consiglio assente e distratto dal suo privato e di una maggioranza completamente allo sbando. Rimasi colpito dal doppio registro della narrazione: un racconto privato che divergeva totalmente dalla rappresentazione pubblica
Poi sono arrivate le intercettazioni del caso Ruby, i file di Wikileaks (con le confidenze agli americani di molti nostri politici e manager) e perfino le telefonate di Briatore nell’inchiesta sul suo pànfilo. Così abbiamo scoperto giudizi taglienti e senza appello su Berlusconi, i suoi comportamenti e sullo stato del governo, scagliati da persone che credevamo vicinissime e fedeli.
Da qualche giorno infine, con le migliaia di intercettazioni dell’inchiesta chiamata P4, il velo è completamente caduto e leggiamo attoniti delle risse, degli insulti, degli odii che lacerano il governo e circondano Berlusconi. Al di là degli aspetti penali e del malcostume di un sistema che sembra aver abolito ogni trasparenza e ogni criterio di merito, emerge uno scenario in cui i veleni hanno conquistato ogni spazio del discorso pubblico.
Scopriamo che anche i ministri o gli amici di una vita dileggiano Berlusconi (così come facevano le ragazze ospiti delle feste ad Arcore), lo considerano finito e organizzano continue guerre intestine. La reazione naturale sarebbe stata quella della resa dei conti, della cacciata degli infedeli, ma invece nulla è successo. Perché per sopravvivere c’è bisogno di tutti, si è costretti a scendere a patti con chiunque e a qualunque prezzo: l’unico problema appare quello di chiudere il rubinetto della realtà, di ripristinare in fretta la finzione.
Così vediamo una ministra, che abbiamo appena saputo ritenere il premier «poco intelligente», sedersi ai banchi del governo, o molti altri stringersi la mano e sorridersi nonostante sia stato reso noto che si detestano e tramano uno contro l’altro.
Così si corre a cercare di rimettere in pista ogni strumento per bloccare le intercettazioni e la loro divulgazione: il problema non è la sostanza ma la rappresentazione. Bisogna impedire in fretta di far sapere agli italiani non tanto di eventuali scandali ma cosa pensano davvero parlamentari e ministri. Dobbiamo credere che regni ancora l’armonia, per farlo è necessario chiudere al più presto porte e finestre affinché la rissa si svolga tutta tra le porte di casa. L’urgenza adesso è quella di rimettere in piedi la Grande Recita, i problemi veri possono aspettare ancora un giro.
La Stampa 24.06.11