Uno dei momenti centrali della Conferenza nazionale per il lavoro promossa dal Pd e che inizia domani a Genova sarà un’inchiesta realizzata da Swg. Il titolo è promettente «Essere operai in Italia». Un viaggio nella condizione operaia con l’ambizione non di presentare un’indagine definitiva sul mondo del lavoro italiano in questo 2011 ma di cogliere umori, esperienze vissute, cambiamenti. Il tutto dentro il ciclone di una crisi che non ha lasciato certo indenni le condizioni lavorative e nemmeno forza e ruolo dei sindacati. Il tentativo è quello di delineare la figura dell’operaio nelle sue diverse componenti: dalle condizioni oggettive (qualifica, stipendio, ore di lavoro, contratti integrativi), al grado di soddisfazione, alle preoccupazioni per il futuro. Unafoto tessera di Cipputi oggi, insomma. L’appuntamento di Genova non sarà così solo un confronto fra stati maggiori, un vertice di esperti. Anche per la presenza massiccia di 600 delegati eletti nel corso di 78 conferenze sul territorio, con la partecipazione di dodicimila persone. Con molti ospiti e tra questi la segretaria generale della Confederazione europea dei sindacati Bernadette Sègol, i segretari di Cisl, Uil, Ugl e Acli, rappresentanti di associazioni imprenditoriali. L’obiettivo è quello di avviare davvero un radicamento del Pd nel mondo del lavoro. Hanno discusso un documento preparatorio, intrecciando il dibattito, in molte zone, a vicende concrete, a lotte in corso. Così per la cantieristica a Napoli e in Liguria, per la chimica nel Ternano e a Venezia, per le piccole imprese nell’Italia centrale e in Emilia. Ed è stata apprezzata, sottolineano gli organizzatori, la presenza attiva di lavoratori autonomi, soprattutto artigiani e giovani professionisti, il mondo delle partite Iva. È stato un confronto di massa, concentrato su molte proposte (sulla precarietà,ma anche sulla rappresentanza sindacale, sul rapporto tra contratto nazionale e aziendale, sulle tutele sociali). Tra i punti più delicati quello relativo al sindacato e la volontà «di promuovere la comprensione delle diverse culture sindacali» favorendo «la convergenza su punti fondamentali, come le regole della rappresentanza e della democrazia nei luoghi di lavoro» (con un richiamo all’intesa unitaria del 2008 ora corretta però dalla Cgil). Per i precari è respinto «il paradigma sbagliato e subalterno del meno ai padri, più ai figli». I garantiti, come dimostrano gli oltre 200 tavoli di crisi aperti al ministero dello Sviluppo, «sono una specie in via di estinzione». Sono aspetti presenti, invece, come ha informato ieri il quotidiano Europa sotto il titolo “Pd sul lavoro non c’è pensiero unico”, in un altro documento (alternativo?) che si rifà alle proposte di legge di Pietro Ichino (articolo 18, contratto unico, eccetera). Qui l’intenzione è quella di superare il dualismo fra protetti e non protetti, nonchè quello fra dipendenti delle imprese di dimensioni medio-grandi e dipendenti delle più piccole. Per far ciò si propone il passaggio a tempo indeterminato per tutti (non per i casi classici di contratto a termine, quali le sostituzioni per malattia o i lavori stagionali), con le protezioni essenziali (in particolare quella contro le discriminazioni). Nessuno però risulterà “inamovibile”. È la cancellazione del famoso articolo 18. Tale controproposta godrebbe delle firme, tra gli altri, di esponenti veltroniani comeTonini e Morando, oltre a Chiamparino, Giaretta, Scalfarotto. Ma la sua approvazione ribalterebbe, se non capiamo male, l’esito complessivo delle 78 conferenze che hanno preceduto quella nazionale
L’Unità 16.06.11