Raggiungere quota 25 milioni significa portare alle urne anche la destra, «Arrivare al quorum è come scalare una montagna, ma stavolta siamo lì, la cima è a portata di mano». Mai come stavolta la metafora usata dal segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, è azzeccata, per entrambi i concetti evocati. A cominciare da quanto sia difficile portare domani e dopodomani mezza Italia alle urne.
Il numero magico da raggiungere, stando alle cifre fornite dal Viminale, è 25.209.345 ossia la metà più uno degli italiani, sia quelli residenti nei confini nazionali sia quelli all’estero. Cosa tutt’altro che agevole, se si gioca un po’ con i numeri. Prendiamo ad esempio le elezioni europee del 2009, quando andarono al voto due italiani su tre. Ebbene, se si fa la somma algebrica delle preferenze prese dall’opposizione a questo governo, che oggi spinge i propri elettori ad andare alle urne, siamo ben lontani dalla soglia necessaria. Pd, Idv, le due sinistre radicali (Federazione della sinistra e Sel) e Udc si fermarono sotto i quindici milioni di voti, a dieci milioni di distanza dall’obiettivo odierno.
Il che significa sostanzialmente una cosa: per raggiungere il quorum è necessario convincere anche chi solitamente vota a destra (ben più di quindici milioni due anni fa). Alla stessa considerazione si arriva se si prende l’ultima tornata elettorale, analizzando i numeri delle principali quattro città che sono andate al voto. A Milano e Torino il quorum si raggiunge solamente se agli elettori di Pisapia e Fassino si aggiunge la metà di quelli che hanno dato la loro preferenza a Moratti e Coppola. A Napoli e Bologna bisogna coinvolgere addirittura più della metà degli elettori di centrodestra. Nonostante la difficoltà dell’impresa, Bersani si sente comunque tuttora in partita: «Per sedici anni non ci siamo arrivati, questa volta lo possiamo afferrare, allungando la mano: per questo andrò a votare domenica mattina presto, per incoraggiare tutti a farlo».
Un ottimismo della speranza ma anche della ragione, visto che gli ultimi numeri che girano al Nazareno sono buoni e mostrano un forte recupero nel bacino dell’astensionismo negli ultimi giorni.
Anche al comitato promotore dei referendum sull’acqua condividono lo stesso ottimismo, ma non potrebbe essere altrimenti, e hanno messo a punto una specie di road map verso il quorum, sulla base dell’ultimo referendum concluso col 52 per cento di partecipazione, anche se in quel caso la soglia della metà più uno non era vincolante. Si tratta della consultazione costituzionale del 2006, in cui gli italiani rispedirono al mittente la riforma costituzionale fatta dal centrodestra per accontentare la Lega Nord. Allora l’evoluzione dell’affluenza fu questa: alle 12 di domenica andò a votare il 10 per cento, alle 19 il 22,4 e alle 22 il 35 per cento. Per chiudere il lunedì successivo col 52 per cento. Quindi se domani a Mezzogiorno si raggiungerà una percentuale a due cifre, diventa molto probabile il “miracolo” referendario. Altrimenti sarà dura. Non a caso tutti i comitati promotori invitano ad andare alle urne in mattinata, sperando di alimentare l’entusiasmo e l’effetto valanga. Tuttavia c’è chi non crede affatto a una sorpresa nelle urne e anzi si aspetta che l’asticella non venga superata. Per i bookmakers è molto più probabile che la maggioranza degli italiani resti a casa: sulla lavagna questa possibilità è quotata a valori molto bassi, 2.10.
In ogni caso, se lunedì sera lo spoglio finirà con un risultato a cavallo del 50 per cento, c’è il rischio concreto che per un quesito, quello sul nucleare, si apra un inevitabile contenzioso giudiziario. I tre milioni di italiani all’estero, infatti, hanno votato sulla vecchia formulazione, cambiata però dalla Cassazione. Una procedura tutt’altro che regolare, tanto che sia il Pd che l’Idv hanno presentato una memoria alla Corte per scorporare questi tre milioni dal computo del quorum. La Cassazione, dal canto suo, ha fissato l’udienza per il 16 giugno, ben tre giorni dopo lo spoglio delle schede. Quindi se il referendum sull’atomo si fermerà a una manciata di voti dalla validità a causa del voto estero, il risultato verrà congelato e tenuto sub judice fino a che i giudici non si saranno espressi. Così, per la prima volta nella storia repubblicana, un referendum verrà deciso a tavolino.
da Europa Quotidiano 11.06.11