«Abbiamo un debito pubblico enorme che ci costa moltissimo di interessi. Ecco l’eredità che ci hanno lasciato i democristiani e i socialisti». Questa volta non è Silvio Berlusconi ma Umberto Bossi (alla Padania di ieri). Fosse stato il premier, ci avrebbe infilato dentro pure i comunisti, che torna sempre utile. Ma la musica è la stessa.
Bossi come Berlusconi: abbiamo le mani legate per colpa di quelli lì, della spesa facile e spensierata dei tipi della Prima repubblica, vorremmo ma non possiamo, prendetevela con loro e non con noi.
Per carità, la montagna del debito pubblico del belpaese è stata tirata su con decenni di certosina e allegrotta attitudine conducendo l’Italia alla soglia del default, evitata per un pelo – come sanno tutti quelli che allora percepivano un reddito – dalle sanguinose stangate del governo Amato nel ’92.
Ma Bossi e Berlusconi, e Tremonti, non si sono materializzati ieri nei palazzi del Potere. Tanto per dire, tra il primo gennaio 2000 e il 31 maggio 2011, il leader del Pdl è stato seduto a palazzo Chigi per 2920 dei 4270 giorni, vale a dire il 70 per cento del tempo intercorso. E non sono stati anni da esibire come fiori all’occhiello in quanto a risultati di rigore e sobrietà e di contenimento della spesa pubblica.
Tornando al governo, nel 2008, Berlusconi non trovò di meglio che accusare l’esecutivo di Prodi per la “pesante eredità” che gli lasciava (tralasciando di precisare, però, che la coppia Prodi-Padoa Schioppa aveva abbassato di tre punti, in meno di due anni e con una maggioranza di un voto in senato, il rapporto debito/ pil, roba da standard teutonici); naturalmente gli sfuggì anche di osservare che lui, due anni prima, aveva fatto trovare a Prodi un “regalo”, dopo il quinquennio 2001/2006, di 217 miliardi di euro in più di debito, pari al 16 per cento di quanto “ereditato” nel 2001.
Una ricerca dell’anno scorso, incrociando dati Istat e Banca d’Italia, calcolava che, partendo dal ’94, il debito accumulato al dicembre 2009 dai governi di centrodestra (durati sette anni e due mesi) era pari a 261 miliardi di euro al valore di oggi mentre quello dei governi di centrosinistra (durati otto anni e cinque mesi) a 80 miliardi. Pur considerando l’incidenza degli effetti della crisi esplosa a fine 2008, la distanza è tale che non consentirebbe a nessuno di alzare l’indice accusatore verso altri che siano avversari di oggi o governanti di ieri. Ma Berlusconi, e Bossi, non badano a questi dettagli.
D’altro canto, se il debito si alimenta di una crescita sproporzionata della spesa pubblica gonfiatasi, nel decennio berlusconiano, di 245 miliardi (da 542 a 786 miliardi) passando così nel rapporto con il pil dal 46,5 per cento del 2000 al 51,9 per cento del 2010, su esso incide anche l’andamento del pil.
Ma il decennio berlusconiano non brilla nemmeno da questo versante.
Gli ha ricordato la presidente della Confindustria Marcegaglia nell’assemblea di fine maggio: il pil italiano è aumentato del 45,2 per cento negli anni settanta, del 26,9 per cento negli ottanta, del 17 per cento nei novanta e del 2,5 per cento nell’ultimo decennio.
Nessuno, ha detto l’Istat qualche settimana fa, ha fatto peggio di noi nell’Unione e secondo il Fondo monetario internazionale, tra i 180 paesi che vi aderiscono, solo Haiti e Zimbabwe hanno fatto peggio.
Cento per cento colpa di Bossi, Berlusconi e Tremonti? Certo che no. Settanta per cento.
da Europa Quotidiano 08.06.11