La guerra nelle scuole tra presidi e sindacalisti sta per riesplodere. A riaccendere la miccia, il decreto del ministro Brunetta che interpreta e rafforza la sua riforma, sottraendola alle spallate di sindacati e magistrati. A partire, per esempio, dall’utilizzo delle risorse del fondo di istituto: non sarà più materia di contrattazione ma di semplice informativa da parte del preside ai sindacalisti. La guerra nelle scuole tra presidi e sindacalisti sta per riesplodere. A riaccendere la miccia, il decreto del ministro Brunetta che interpreta e rafforza la sua riforma, sottraendola alle spallate di sindacati e magistrati. A partire, per esempio, dall’utilizzo delle risorse del fondo di istituto: non sarà più materia di contrattazione ma di semplice informativa da parte del preside ai sindacalisti.
Il decreto in questione, interpretativo del dlgs n. 150/2009, è approdato nei giorni scorsi al senato, per il prescritto parere delle commissioni parlamentari competenti. I sindacati, in testa Cisl e Uil, contavano di averlo stoppato con l’intesa di Palazzo Chigi del 4 febbraio scorso. Intesa che demandava l’applicazione della riforma Brunetta a un successivo passaggio presso l’Aran. Ma quel tavolo non si è mai aperto. E il ministro della funzione pubblica, Renato Brunetta, intanto è andato avanti per la sua strada, trasmettendo il decreto (As n. 364) al parlamento. Entro 60 giorni, anche senza che le commissioni si siano espresse, il decreto potrà tornare a Palazzo Chigi per la firma definitiva. A sottolineare la tensione che si registra nel settore, una lettera inviata dai segretari di Cisl e Uil, rispettivamente Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, al presidente del senato, Renato Schifani, che evidenzia un «errore» del decreto. Nella relazione dell’analisi di impatto che accompagna il provvedimento, si scrive che «sono stati consultati il dipartimento della Funzione pubblica, l’Aran e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative». E i segretari di Cisl e Uil hanno preso carta e penna per smentire: «Non è mai avvenuto alcun incontro… per la discussione/analisi del testo di cui si è avuta contezza solo in momento successivo all’avvenuto invio a Lei da parte del Consiglio dei ministri». I due sindacati chiedono alla fine di essere auditi in commissione, perché possano dire la loro sul merito del provvedimento. Ma al di là dell’audizione, c’è quell’intesa del 4 febbraio, firmata alla presenza del sottosegretario alla presidenza del consiglio dei ministri, Gianni Letta, che doveva addolcire la riforma Brunetta e che ora, con il decreto correttivo che procede a vele spiegate, rischia di essere carta straccia. Ma che cosa prevede il decreto?
Si precisa in primo luogo che «l’adeguamento dei contratti collettivi integrativi è necessario solo per i contratti vigenti alla data di entrata in vigore del citato decreto legislativo, mentre ai contratti sottoscritti successivamente si applicano immediatamente le disposizioni introdotte dal medesimo decreto». Una precisazione che annulla l’intento dell’intesa del 4 febbraio di rimandare il tutto a dopo il rinnovo dei contratti nazionali, previsto per il 2013. C’è poi l’interpretazione autentica del comma 5 dell’articolo 65 del decreto 150, che recita: «Le disposizioni relative alla contrattazione collettiva nazionale di cui al presente decreto legislativo si applicano dalla tornata successiva a quella in corso». Tale rinvio riguarda il procedimento negoziale di approvazione dei contratti collettivi e non le materie che ad oggi sono oggetto di contrattazione integrativa e che il decreto trasferisce in capo ai dirigenti. In questo ambito rientra l’assegnazione dei docenti ai plessi distaccati piuttosto che l’utilizzo del personale per le attività pagate con il fondo di istituto. Materie su cui il preside, con l’entrata in vigore del decreto correttivo, sarà tenuto alla semplice informativa e non più alla trattativa. Il tutto probabilmente a partire dal prossimo settembre. Sempre che non ci siano nuovi colpi di scena.
da ItaliaOggi 31.05.11