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“Salari bloccati nei settori dove lavorano più donne”, di Carmine Fotina e Serena Uccello

Tra il settore economico più egualitario e quello con la più netta disparità salariale corrono la bellezza di 20 punti percentuali. La mappa delle differenze di retribuzione tra uomini e donne somiglia a un puzzle con pezzi di ogni dimensione: più piccoli quelli in cui la percentuale di donne occupate è estremamente bassa; molto più grandi quelli in cui la presenza femminile è ampia e inizia anchea distribuirsi lungo la scala delle qualifiche professionali.
Emblematico il caso delle costruzioni dove – secondo un’indagine dell’Isfol in corso di pubblicazione – le donne rappresentano solo il 7,6% degli occupati e il differenziale si ferma al 5,5%: salario orario medio di 7,3 euro per gli uomini e di 6,9 euro per le donne. All’estremo opposto della graduatoria, con una differenza del 25,9%, si piazza un comparto eterogeneo nel quale l’Isfol riunisce attività immobiliare, noleggio, informatica, ricerca. Divari molti ampi sono visibili anche in un’altro settore a forte presenza femminile ( 70%)quale l’Istruzione-sanità e assistenza sociale (20,7%, con salari che vanno da 12,4 a 9,8 euro). Discorso simile si può fare per le attività finanziarie (20,5%, retribuzioni orarie da 10,9 a 8,7 euro) e le industrie della trasformazione (18,3%, da 7,8 a 6,4 euro). A metà del guado ci sono il commercio (percentuale femminile di occupati al 43% e differenziale salariale al 10,5%, da 7,2 a 6,4 euro) e i trasporti e comunicazioni (le donne sono il 17,5% degli occupati e il divario si ferma all’ 8,9%con una forbice compresa tra 8,7 e 8 euro). In questa mappa variegata spicca però un solo segno meno: nell’industria dell’energia il salario medio orario delle donne è pari a 9,5 euro, il 5,8% in più rispetto alla retribuzione degli uomini.

«Non bisogna lasciarsi ingannare commenta Emiliano Rustichelli, ricercatore dell’Isfol perché la percentuale di donne occupate è particolarmente bassa ma concentrata nelle qualifiche medio alte. Questo porta a un ribaltamento che non si verifica in nessun altro settore». «Dall’analisi del salario medio per tipo di professione, invece, emerge un altro dato interessante – aggiunge Rustichelli –: il differenziale balza nel caso di professioni non qualificate (17,3%, da 6,7 a 5,6 euro), a dimostrazione che nella parte bassa della distribuzione dei reddito da lavoro le barriere alle donne sono particolarmente alte e chi entra con bassa remunerazione difficilmente risale posizioni. Questo produce un effetto di scoraggiamento rispetto a chi è chiamata scegliere tra restare a casae affacciarsi al lavoro con un salario molto basso ».

Esattamente come accade peri settori, la forbice salariale tra uomini e donne attraversa i profili professionali riservando, soprattutto per quelli più alti, qualche novità. Secondo infatti Unioncamere, che ha messo a confronto 1.134 profili professionali, se, nel 2007, le retribuzioni medie per gli uomini sono state pari a oltre 28mila euro quelle delle donne si sono attestate sui 24.100 euro, con uno scarto a favore degli uomini del 16% (era 16,5% nel 2003). A determinare queste differenze, secondo gli analisti di Unioncamere, nessuna discriminazione di genere.«Indagando la struttura dell’occupazione emerge come i differenziali ” di genere” dipendono prevalentemente dalla diversa distribuzione strutturale di uomini e donne per professione svolta,settore di lavoro, dimensione delle imprese, età, titolo di studio. Se l’occupazione femminile si distribuisse allo stesso identico modo di quella maschile il differenziale retributivo si ridurrebbe, infatti, dal 16 a 3,5 per cento. In altri termini, le differenze tra i generi sono in larga parte dovute al fatto che le donne svolgono ancora prevalentemente professioni in assoluto mediamente meno retribuite. Segno che per loro è ancora difficile accedere a professioni per cui la retribuzione è più elevata (e dove la concentrazione di dipendenti uomini è preponderante)». La conferma è data dal fatto che proprio per le figure dirigenziali, quando cioè riescono a raggiungere posizioni di prestigio, le donne restano dietro agli uomini per 3,3 punti percentuali. La vera sorpresa però arriva da un altro dato: sul totale di questi profili nel 36% dei casi le buste paghe al femminile superano quelle degli uomini. Accade ad esempio “ai responsabili” o piuttosto “alle responsabili”di piccole aziende che guadagnano una media di 91.600 euro annui, il 7,8 per cento in più degli uomini.

Il Sole 24 Ore, 4 Febbraio 2008

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