Non è solo Milano il problema di Bossi e Berlusconi. Da Bologna a Savona, da Varese a Rovigo, i due partiti lasciano sul terreno decine di punti percentuali. Persino dove vincono. E quando perdono (come a Torino) si riducono a quote di sopravvivenza. In rotta l’Alleanza del Nord Lega e Pdl, disastri in serie Attilio Fontana, sindaco leghista di Varese, attende i risultati. Anche lui dovrà andare al ballottaggio
ROMA – Un abbraccio se non mortale, quantomeno velenoso. La Lega di governo affonda insieme al Pdl in una delle peggiori giornate elettorali di Berlusconi e del centrodestra. Un dato per tutti che riguarda la provincia di Treviso 1che, pure, il centrodestra conquista al primo turno col 57,6%. Il presidente leghista Leonardo Muraro si conferma con la stessa percentuale del 2006, ma la Lega Nord perde quasi il 20 per cento in un anno passando dal 48,5% delle regionali 2010 al 29,6% di oggi. Il Pdl cede molto meno (circa il 2%) ma passa dal 15,5% al 13,7%, percentuali decisamente basse rispetto al 27,3% delle politiche del 2008.
E non è un caso isolato. Perché, andando a spulciare (per quanto possibile dal momento che pochi risultati sono definitivi) tra i dati che arrivano dai comuni e dalle province del Nord, si assiste a un fenomeno che ha quasi sempre lo stesso segno: il Pdl arretra e la Lega frena vistosamente. A cominciare da Bologna 2 dove Merola (Pd) ce la fa di poco, ma il centrodestra si ferma ben lontano da un risultato accettabile col 30,36% del giovane Manes Bernardini. Qualche mese fa, in momenti migliori, la Lega aveva accarezzato l’idea di abbattere a Bologna (per la seconda volta dopo Guazzaloca) il consolidato potere del centrosinistra. L’occasione, dopo la rovinosa caduta di Delbono, era ghiotta, ma la Lega non è
riuscita ad essere un fattore di peso in queste elezioni. La sua crescita è evidente: dal 3,1 delle comunali del 2009 al 10,73 di oggi. Ma, in mezzo, c’era già stato l’8,57% delle regionali dell’anno scorso. I due punti in più non sono quello che Bossi e i suoi si aspettavano da Bologna. Né, probabilmente, il Pdl si aspettava di perdere quasi 9 punti passando dal 25,23 delle regionali al 16,51% di queste comunali. Ma, oggi, quello che deve far pensare gli uomini del Carroccio bolognese è il fatto di essere stati quasi raggiunti dai grillini a 5 stelle, veri vincitori di queste elezioni che toccano il 9,44 per cento.
Un fenomeno, che, con qualche differenza, si può leggere quasi dappertutto nel Nord e che pone un serio problema di lettura politica del risultato a Bossi e al suo stato maggiore. Castelli ha cercato 3 di ridurre tutto al problema di Milano e Calderoli ha ricordato che la Lega aumenta i suoi sindaci (rispetto al 2006 non ci voleva molto), ma i numeri, per quanto ancora incompleti, sono piuttosto impietosi.
Partiamo proprio da Milano 4dove è ormai chiaro che Pisapia andrà al ballottaggio con circa il 48% dei suffragi e un netto vantaggio (circa sette punti) sulla Moratti. Ebbene, mentre il Pd risale al 28,6% (aveva ottenuto il 26,3% alle regionali dell’anno scorso), il Pdl lascia sul terreno oltre sette punti passando dal 36,01% al 28,8% di oggi. E anche qui, lo scivolone del partito di Berlusconi (forse prevedibile) non viene compensato dalla Lega “di lotta e di governo” che, pure, ha appena conquistato l’agognato federalismo. Sembra, insomma, che gli elettori colgano più l’appiattirsi di Bossi sui temi berlusconiani (giustizia, lotta alla magistratura e intervento in Libia) che il suo tentativo di distinguersi che si è concretizzato, nelle ultime settimane, in alcune significative prese di distanza. La Lega, in proporzione, fa persino peggio dei suoi partner berlusconiani e, rispetto alle regionali del 2010 perde quasi cinque punti passando dal 14,49% al 9,67%. Bossi, dunque, lascia in piazza del Duomo un terzo del suo elettorato e, questa sera, ha chiaro che l’impresa di (ri)conquistare Milano in due settimane è quasi disperata. Anche perché intorno alla Moratti si respira aria di sconfitta, un’aria che, in politica, non ha mai attirato nessuno.
Ma il fenomeno non ha eccezioni. Basta uscire di pochi chilometri da Milano per arrivare a Varese 5dove il sindaco leghista Attilio Fontana (che nel 2006 era passato tranquillamente al primo turno col 57,8% dei voti), è costretto, questa volta al ballottaggio. Con 3 sezioni da scrutinare su 85, è fermo al 49,15% ed è praticamente certo che, fra due settimane a Varese si voterà di nuovo. Lega e Pdl sono alla pari: 24,39% (Pdl), e 24,01% (Lega) ma, insieme, perdono circa l’11%: 8 punti il Pdl e almeno 3 la Lega.
Cambiando regione, c’è il caso di Savona 6 dove un candidato del Pd è stato arrestato nei giorni scorsi a causa di una serie di malversazioni e di un giro di tangenti legato a una squadra locale di calcio. Molti hanno pensato che il sindaco uscente Federico Berruti l’avrebbe pagata cara e che il centrodestra aveva davanti una grossa occasione per tornare al governo del comune del Ponente ligure. Niente da fare, a fine scrutinio, Berruti è oltre il 57% (l’altra volta venne eletto con il 59,5%) e lo scandalo non sembra averne scalfito la forza. Il Pdl è al 16% (aveva il 24,2%) e la Lega si deve accontentare del 5,3% (partiva dall’8,7%).
Situazione analoga a Pavia 7 dove il centrodestra è costretto al ballottaggio (43,9% contro il 34,1% del centrosinistra) e il Pdl passa dal 30,4% delle regionali al 22,7. La Lega ha lo stesso andamento negativo e scende dal 28,2% al 21,5%. Stesso discorso alla Provincia di Gorizia 8 che il centrosinistra conquista al primo turno: il Pdl scende dal 31,3% al 17,5%, qui, però, la Lega recupera qualcosa passando dall’8,2 al 13,5. Anche a Mantova 9 (ballottaggio con i due contendenti alla pari poco sopra il 41%) entrambi i partiti del centrodestra perdono: il Pdl lascia sul terreno quasi dieci punti (dal 29,2% al 19,7%) e la Lega solo due (dal 22 al 20,4).
Dove, poi, la sconfitta è inequivocabile, come a Torino 10, si assiste al pesante ridimensionamento del centrodestra che si riduce di una decina di punti passando dal 32% complessivo delle regionali al 24% circa di oggi. Il Pdl è al 17,9% e la Lega al 6,7%. Quote quasi marginali nella seconda città del Nord. A Rovigo 11, infine (altro ballottaggio imprevisto per il centrodestra), Pdl e Lega perdono insieme ben 18 punti: i berlusconiani calano dal 33 al 23 e il Carroccio passa dal 19,4% all’11,2%.
I numeri, dunque, non lasciano dubbi. L’alleanza del Nord, questa volta, non ha funzionato: Lega e Pdl, pagano cara la sensazione data agli elettori di essersi occupati molto dei problemi di Berlusconi ma poco di quelli del Paese.
La Repubblica 17.05.11
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“I delusi del Cav non votano Bossi”, di Roberto D’Alimonte
È successo spesso nella storia della Seconda Repubblica che le elezioni amministrative abbiano avuto un impatto notevole sulla politica nazionale. E anche questa volta sembra profilarsi uno scenario del genere. Fu così nel 1993, quando le vittorie dei candidati di sinistra nei comuni al voto in quell’anno furono uno degli elementi che convinsero Silvio Berlusconi a scendere in campo.
Berlusconi voleva rimettere insieme i pezzi allo sbando dello schieramento moderato e contrastare così quella che appariva come una sicura vittoria dei “comunisti” nelle elezioni politiche dell’anno successivo. Nelle regioni del Nord l’operazione è riuscita. Intorno al Cavaliere si è costituito un blocco moderato che ha sistematicamente conquistato la maggioranza dei voti nella gran parte dei comuni e delle regioni di questa zona del Paese. Oggi sembra che qualcosa stia cambiando.
Non ci sono ancora certezze. I dati non sono definitivi e quindi la prudenza è d’obbligo. Da queste amministrative però arrivano segnali inequivocabili che qualcosa sta cambiando all’interno del centrodestra. E Milano è naturalmente il segnale più rivelatore.
Qualcuno aveva dato Pisapia in vantaggio sulla Moratti sulla base di qualche sondaggio. Nessuno però aveva previsto che il vantaggio potesse essere così vistoso. Addirittura 6 punti percentuali, con Pisapia al 48% e la Moratti al 42 per cento. Il dato è ancora più significativo perché la partecipazione elettorale è aumentata di tre punti rispetto alle regionali ed è identica a quella delle precedenti comunali. Quale che sarà il risultato del ballottaggio, questo è già un dato negativo per il centrodestra.
L’ultima volta che questo schieramento vinse al secondo turno fu nel 1997. Nel 2001 Albertini e nel 2006 la Moratti ce la fecero al primo. Ma la situazione di oggi è molto diversa da quella del 1997. Questi dati, se confermati, dicono che il risultato di ieri non è solo dovuto allo scarso appeal della candidata Moratti ma anche alla debolezza complessiva della sua coalizione e in particolare dei suoi due maggiori partiti. Che la Moratti godesse di scarsa popolarità era noto. La novità è che a Milano hanno perso consensi – rispetto alle regionali del 2010 – sia la Lega Nord sia il Pdl. A partire dal 1994 il centrodestra non era mai sceso sotto il 50% dei consensi a livello proporzionale. Adesso si parla di un 43 per cento.
Questa volta, a differenza del passato, non c’è stato scambio di voti tra Lega e Pdl. Ci sono invece state perdite nette dell’uno e dell’altro. Contrariamente alle aspettative i delusi di Berlusconi non hanno votato Bossi. E così tutto il centrodestra arretra.
Il problema non si presenta solo a Milano. Se così fosse la spiegazione potrebbe essere cercata in fattori locali. E quindi la rilevanza nazionale del voto andrebbe ridimensionata. E invece non è così. Rispetto alle ultime regionali Pdl e Lega perdono sistematicamente in tutto il Nord sia nei comuni che nelle province. La Lega perde in 14 dei 15 Comuni capoluogo dove era presente. Guadagna solo a Bologna. Perde più di 3 punti a Torino, 5 punti nella provincia di Treviso, 6 punti nella provincia di Pavia.
Il Pdl perde ancora di più: 12 punti a Ravenna, 10 a Rimini, 15 a Trieste, 10 a Bologna e così via. La presenza di liste civiche può spiegare una parte di queste perdite. Ma il trend è troppo generalizzato per essere spiegato solo in questo modo. È difficile immaginare che i rapporti tra i due partiti possano restare gli stessi dopo questo tornata elettorale. La collaborazione competitiva non funziona più come una volta. Ma è anche difficile immaginare per loro scenari alternativi nel breve periodo.
Quanto al centrosinistra può essere soddisfatto della sua performance mentre non si può dire la stessa cosa del terzo polo e delle sue componenti. Il partito di Bersani è andato bene a Torino e a Milano e in fondo anche a Bologna. A Napoli però ha dovuto cedere il passo all’Italia dei valori che però non ha molto di cui gioire a parte Napoli. Il partito di Di Pietro infatti sembra aver perso terreno quasi dappertutto. Probabilmente a favore del movimento di Grillo che ha confermato e in alcuni casi superato il risultato ottenuto nelle regionali del 2010. Il terzo polo, a parte Napoli, non si è visto.
Per il bilancio finale di queste elezioni dobbiamo aspettare i dati definitivi e soprattutto i ballottaggi. Per tirare le somme occorrono quanto meno i dati completi dei 29 comuni capoluogo e delle 11 province. Ma il test decisivo sarà a Milano. Se il 30 Maggio Pisapia diventerà sindaco si potrà dire che qualcosa è veramente cambiato al Nord e quindi nel Paese.
Il Sole 24 Ore 17.05.11