«Sbaglia Paola Mastrocola, nel suo pamphlet Togliamo il disturbo, a criticare pesantemente la scuola pubblica, che per la verità viene attaccata anche da autorevoli ministri della Repubblica e dal presidente del Consiglio» . All’incontro dedicato «Alle origini dell’identità italiana» che ieri mattina ha aperto la terza giornata di questo ventiquattresimo Salone del libro, Tullio De Mauro, storico della lingua e ministro della Pubblica istruzione nel governo Amato, non ha esitato a definire la scuola pubblica «primo baluardo» del nostro Paese. Un baluardo da difendere nonostante i limiti, perché il panorama generale è davvero desolante: «Il 5 per cento degli italiani adulti — ha detto De Mauro — ha difficoltà a riconoscere alcune lettere dell’alfabeto, un 33%le sa mettere assieme ma capisce a stento il senso delle parole, un altro 33%ha un livello di comprensione molto basso. Arriviamo a un 71%, secondo le stime più ottimistiche, di persone che hanno difficoltà a leggere e scrivere. «Non è un caso che noi siamo il Paese con la maggiore diffusione di telefonini pro capite, perché c’è un evidente problema a misurarsi con la scrittura. E infatti soltanto il 38 per cento degli italiani naviga in Internet. Quando si parla dei limiti della scuola italiana, che pure esistono, bisogna tener presente questo dato di partenza» . De Mauro ha voluto commentare e completare così i dati riassunti da Carmela Palumbo del ministero dell’Istruzione, che si è rifatta ad alcune indagini condotte dall’Ocse Pisa («25%dei ragazzi alla fine del ciclo dell’obbligo si colloca al livello più basso di conoscenza» ) e dell’Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo), secondo cui uno su due dei nostri maturandi è insufficiente. Nonostante questi risultati, De Mauro ha difeso di nuovo con Luciano Canfora nel pomeriggio, durante un happening allo stand Laterza, la funzione ancora fondamentale della scuola pubblica. L’appuntamento pomeridiano è stato organizzato da Giuseppe Laterza per parlare della lettera-appello al presidente della Repubblica in difesa della scuola pubblica cui hanno già aderito circa duemila persone e che è stata firmata oltre che da Laterza, da Marco Cassini e Daniele Di Gennaro di minimum fax, Carmine Donzelli, Federico Enriques di Zanichelli, Carlo Feltrinelli, Sandra e Sandro Ferri di e/o, Sergio Giunti e Bruno Mari di Giunti, Stefano Mauri del gruppo Mauri Spagnol, Paolo Mieli della Rcs, Antonio e Olivia Sellerio. Oltre ad altri editori, tra cui Mondadori, hanno aderito una serie di scrittori con frasi pubblicate sul sito di Laterza che sono state lette ieri pomeriggio. Tra le altre (di Eva Cantarella, Dacia Maraini, Andrea Carandini, Franco Cassano, Gherardo Colombo), segnaliamo questa di Ernesto Galli della Loggia: «Tutto quello che so, o quasi, lo devo alla scuola pubblica del mio Paese. Se essa domani scomparisse sarebbe come se scomparisse un pezzo della famiglia in cui sono nato» . Nel segno di un amaro ottimismo la considerazione conclusiva di Luciano Canfora: «Se fossimo in un Paese normale questo incontro sarebbe inutile. Quel che altrove è considerato ovvio da noi si vuol mettere in discussione. Ma la scuola pubblica ha un corpo sano, pur tra alti e bassi, tra crolli psicologici ed entusiasmi. L’argomentazione che bisogna fornire tante scuole di tipo diverso per andare incontro al bisogno di libertà è un argomento falso perché si tratta soltanto della libertà dei ricchi. L’Italia ha avuto un Novecento drammatico e il fatto che la scuola pubblica abbia saputo reggere al fascismo è la dimostrazione che saprà superare anche questo momento difficile» .
Il Corriere della Sera 15.05.11