Ci sono voluti tre giorni affinchè gli industriali capissero la gravità degli applausi di Bergamo. La dichiarazione del direttore Galli. La signora Marcegaglia, invece, non parla. La potente Confindustria che chiede scusa, compie un’autocritica. Non si ricordano precedenti. È successo in merito a quell’applauso da brividi rivolto, sabato scorso, al manager della Thyssen durante l’assemblea di imprenditori a Bergamo. Quel battimani era apparso come il plauso nei confronti di un condannato in prima istanza per omicidio volontario (sette vittime nell’acciaieria dislocata a Torino la notte del 6 dicembre 2007).
Sono occorsi ben tre giorni di ripensamenti e ieri, finalmente, nel corso della trasmissione “Coffee Break” su La7, ecco le parole del direttore generale della Confindustria Giampaolo Galli: «L’applauso è stato sbagliato e inopportuno». E poi le scuse ai familiari delle vittime e all’opinione pubblica. Accompagnate dal goffo tentativo di trovare una motivazione parlando di «estrema incertezza del diritto in Italia». E ricordando un altro applauso rivolto a Emma Marcegaglia quando aveva affermato che ogni incidente sul lavoro »è una sconfitta per l’impresa».
Una brutta storia che potrebbe servire a riaprire il discorso sulla piaga dei morti sul lavoro. Molti tra gli esponenti politici (del Pd, dell’Idv) che ieri hanno commentato l’autocritica della Confindustria (accompagnata dalla scelta della Marcegaglia di incontrare i parenti delle vittime), hanno sostenuto che non basta scusarsi, sarebbe necessario che l’associazione imprenditoriale assumesse seri impegni sul fronte della sicurezza. Magari prendendo le difese di quel testo sulla sicurezza varato dal governo Prodi e che, come ha ricordato Pierre Carniti in un’intervista al nostro giornale, aveva recentemente suscitato le rampogne del ministro Giulio Tremonti. Costui (tanto amato dai burocrati leghisti) aveva infatti definito un lusso certe norme sulla sicurezza. Una definizione che dovrebbe essere rammentata ad un altro ministro, Calderoli, tutto intento ora ad accusare la Confindustria di insensibilità. Ha detto bene Fassina (Pd): «La Lega strumentalizza l’avvenimento in chiave elettorale tentando di rifarsi una verginità nei confronti dei lavoratori dipendenti, dopo aver condiviso e sostenuto tutte le misure regressive attuate nei loro confronti attraverso i provvedimenti del ministro Sacconi, in primis il Collegato lavoro».
Ma quali sono le ragioni vere di quell’applauso di Bergamo? Se lo è chiesto l’on. Antonio Boccuzzi, unico sopravvissuto a quella tragedia torinese. È probabile che gli imprenditori plaudenti, in qualche modo “aizzati” dal conduttore di turno Oscar Giannino, si siano identificati con il manager sotto accusa. C’è anche però in quel gesto una filosofia antica. Quella che punta sulla necessità di liberarsi di lacci e lacciuoli, di non scommettere sull’innovazione dei prodotti, sull’introduzione di nuove tecnologie, su relazioni “umane”, bensì sul risparmio a tutti i costi, sul sacrificio dei diritti (perché anche i diritti costano, vedi il caso Fiat), sul mantenimento di una crescente parte della mano d’opera in uno stato di precarietà. Il tutto in nome della globalizzazione e per impedire “fughe”. E infatti ora la Thyssen annuncia preoccupanti dismissioni europee. Quasi una vendetta.
L’Unità 12.05.11