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Essere precari nella scuola di oggi. Cronistoria di una “guerra tra poveri”, di Manuela Ghizzoni

Una premessa indispensabile: il governo porta tutta intera la responsabilità della condizione in cui versano oggi i precari della scuola mentre i tentativi di attribuire colpe anche al Pd, che in questi anni si è battuto contro la politica sciagurata della Gelmini, sono strumentali e fuorvianti. Detto ciò, ecco i fatti. Nel 2007 il governo Prodi decide di dare una risposta definitiva al problema del precariato con un piano di 150 mila immissioni in ruolo. Obiettivo: stabilizzare il personale che da anni lavora nella scuola. Funzionale al risultato è la trasformazione delle graduatorie dei precari da “permanenti” a “esaurimento”, consentendo per l’ultima volta il trasferimento in una provincia. Con l’arrivo della Gelmini, lo scenario cambia radicalmente. Nel luglio 2008, la ministra cancella dall’organico 87 mila posti di docenti (di cui il 53% nelle 8 regioni meridionali) e blocca il piano di assunzioni Fioroni. Ai precari viene offerta demagogicamente – per compensare i tagli e le mancate immissioni – la possibilità di inserirsi in ulteriori 3 graduatorie provinciali, ma in “coda”, e quindi in una posizione che non corrisponde al proprio punteggio. La’’cura’’ Gelmini ha effetti devastanti: organici tagliati, immissioni con il contagocce, divario accentuato tra regioni del nord (con molte graduatorie’’esaurite’’) e del sud (con graduatorie ingolfate e immissioni pari allo zero). In questo contesto si apre lo scontro tra chi resta fermo nella graduatoria iniziale e chi, per poter lavorare, si mette in coda, pur avendo un punteggio maggiore di chi lo precede. Un classico esempio di “guerra tra poveri”.
La Gelmini viene “bocciata” dal Tar ma persevera nell’errore e con il decreto “salva precari” del 2009 sdoppia le modalità di aggiornamento delle graduatorie: code per il biennio 2009/10 e “inserimento a pettine” per il 2011/12. Un vero “mostro a due teste”. Interviene allora la bocciatura inappellabile della Corte costituzionale, ed é per “ottemperare alla sentenza della Consulta” che la Gelmini si rimangia tutto e dispone l’inserimento a pettine su una sola provincia. E’ la sentenza di incostituzionalità, quindi, che impone al ministro di riaprire le graduatorie, e non “l’inedita alleanza con il Pd” di cui qualcuno parla a sproposito e in modo strumentale. Quanto al senatore Pittoni della Lega, venuto a Modena per dichiarare che si sarebbe battuto per il congelamento delle graduatorie, è lo stesso che nel 2008 approva senza batter ciglio il taglio delle 87 mila cattedre e si dichiara a favore del “salva precari”, quindi del “mostro a due teste” che avrebbe riaperto le graduatorie da quest’anno. Alla faccia della coerenza!
L’aggiornamento delle graduatorie con l’inserimento a pettine è l’ennesimo cambio delle regole, ma deve essere chiaro che la responsabilità non è della Consulta, bensì della Gelmini, che prima taglia gli organici, poi s’inventa il pastrocchio delle tre graduatorie. C’è un solo modo per uscire da questa situazione: tornare al percorso delineato da Prodi nel 2007, cancellare l’ultima tranche di tagli (19.700 cattedre) e stabilizzare già dal prossimo anno 60mila docenti, per coprire le cattedre vacanti e gli spezzoni di orario. Così, gli effetti dell’applicazione della sentenza della Consulta sarebbero attutiti rispetto ai diritti acquisiti e si darebbero certezze ai docenti e continuità didattica agli studenti. Invece il governo cosa fa? Annuncia trionfalmente 30mila immissioni in ruolo in tre anni, senza dire che saranno in grado di coprire appena un terzo dei pensionamenti. E’ l’ennesimo tradimento dei precari e della scuola italiana.

La Gazzetta di Modena 12.05.11

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