Gli insulti per strada, le critiche del governo a immagini pubblicitarie dimostrano come nel nostro paese fa fatica ad affermarsi ciò che altrove è normale.
Un´ostilità causata dalla stupidità e dall´ignoranza di pochi, ma soprattutto dall´atteggiamento di certi politici e intellettuali. Che sia in nome della moralità, della natura del diritto o della religione, le nostre classi dirigenti continuano a negare l´evidenza
Camminava per strada ed è stata insultata. A due passi da Montecitorio, nel centro di Roma. Paola Concia stava passeggiando mano nella mano con la sua compagna. Due donne insieme, ecco lo scandalo, per l´omofobo di turno. Che ha urlato che quelle così “devono mandarle nei forni crematori”. Di fronte all´indifferenza generale. Come se il fatto di essere omosessuali fosse una colpa da espiare.
Ma in Italia va così, ennesima prova dell´incapacità della nostra classe dirigente di garantire a tutti i cittadini pari rispetto e pari dignità. Perché l´ostilità nei confronti dell´omosessualità non è solo il frutto dell´ignoranza e della stupidità di pochi, ma viene anche costantemente alimentata dalle dichiarazioni e dagli atteggiamenti di alcuni intellettuali e di una buona parte del mondo politico. Dopo le assurde dichiarazioni del vicepresidente del Cnr sugli “invertiti” che sarebbero stati responsabili della caduta di Roma, ecco il sottosegretario alla Famiglia, Carlo Giovanardi. Che questa volta se la prende con la pubblicità dell´Ikea, definendola offensiva, di cattivo gusto e in contrasto con la Costituzione italiana. Una provocazione “inaudita” quel manifesto che ritrae di spalle due ragazzi che si tengono per mano con lo slogan sfacciatamente eversivo “Siamo aperti a tutte le famiglie”. Mentre, come è ovvio, di famiglia, ne esiste solo una, quella “naturale”…
Che sia fatto in nome della natura, della morale, della religione o del diritto, in Italia si continua a negare l´evidenza. Quella che, per altro, coglie la pubblicità, facendone un chiaro target di mercato. Le coppie gay esistono, sono numerose e hanno diritto di vivere liberamente la propria sessualità, le proprie tenerezze, i propri amori. In Italia come nel resto del mondo. Le canzoni e i film ci raccontano ormai da molti anni le loro storie, non solo drammatiche e sempre più comuni, persino banali nella quotidianità. Si tratta dei nostri amici, delle nostre sorelle, dei nostri figli. Sono come tutti gli altri. Uomini e donne che si innamorano, litigano, vivono in coppia, hanno figli, vanno a fare la spesa: né meglio né peggio degli altri. Solo che in Italia, a differenza di molti paesi europei, esiste una frattura tra il mondo reale e il mondo politico. Si continua a fare “come se” le famiglie gay non esistessero. Come se il fatto stesso di evocarne l´esistenza fosse blasfemo. Perché costringe a riconoscere dei diritti (e dei doveri, ovviamente), ben oltre le pratiche, le trasgressioni e i desideri sessuali, che possono essere diffusi, tollerati e persino accettati, soprattutto quando sono bizzarria da vip.
Non si spiega altrimenti la reazione di Giovanardi. E che, nonostante esista già da tempo un testo unificato che si potrebbe approvare velocemente, non si riesca ancora a far approvare la legge contro l´omofobia. Unico modo per colmare il vuoto legislativo che lascia l´Italia tra i pochi Paesi dell´Ue a non avere alcun tipo di regolamentazione in materia. Ecco perché, anche quando i gay e le lesbiche cercano semplicemente di vivere la propria vita come chiunque altro, c´è ancora chi si permette di offenderli, insultarli o attaccarli fisicamente. C´è come un sentimento di impunità che garantisce chi agisce in questo modo. E che spiega anche perché pochi reagiscano o si indignino.
Anche perché, ai vertici dello Stato, non solo non si fa nulla perché queste violenze cessino, ma si alimenta con battute o affermazioni infondate l´idea di una presunta “inferiorità” dei gay. Il più delle volte in nome di un cosiddetto “ordine simbolico” che, però, non ha più alcun fondamento. Un ordine simbolico retrogrado, che si appoggia su una serie di dicotomie metafisiche e radicali che per secoli sono servite per legittimare le più gravi ingiustizie, come la differenza ontologica tra l´anima e il corpo, l´uomo e la donna, la natura e la cultura, la normalità e l´anormalità. Sono queste le categorie che hanno fin troppo a lungo strutturato il pensiero in modo dicotomico, legittimando l´instaurazione di una gerarchia di valori immutabili ed eterni cui tutti dovrebbero conformarsi. Sono queste stesse categorie che contrappongono l´eterosessualità all´omosessualità, come se, da un lato, ci fosse la norma e, dall´altro, la devianza. Da una parte, la “famiglia naturale”, dall´altra le “unioni innaturali”.
Nell´impossibilità di pensare l´esistenza e di concettualizzarne le sfumature, la logica binaria ha permesso, per secoli, di giustificare la schiavitù come se, per natura, alcune persone fossero inferiori ad altre. Ha relegato le donne al ruolo di madri, come se esistesse, per loro, una necessità biologica di procreare. Ha considerato l´omosessualità come una perversione della natura, come se il desiderio potesse essere codificato. Ma l´esistenza, al contrario dell´essenza, è sempre complessa, molteplice, variegata. Come spiega negli anni 1970 Georges Canguilheim, nella realtà non esiste alcuna norma valida per tutti. Quando si parla degli esseri umani, non ha alcun senso invocare una «normalità naturale».
Si dovrebbe lasciare stare la “natura” ed evitare di tirarla in ballo ogni volta che qualcosa disturba. Si dovrebbe piuttosto prendere atto del fatto che i gay sono come tutti gli altri e che, come chiunque, hanno voglia di fondare una famiglia. Indipendentemente dalla propria appartenenza politica o dal proprio credo religioso, continuare a negare la loro esistenza come individui e come famiglie è assurdo, non concedere loro gli stessi diritti è ingiusto, permettere che alcuni si sentano autorizzati a insultarli è criminale.
La Repubblica 28.04.11