Le dichiarazioni che il vice-presidente del Cnr ha rilasciato negli ultimi tempi hanno avuto grande eco nei media nazionali. Si tratta di affermazioni i cui tratti di fondamentalismo sono difficili da ritrovare persino nelle più estreme posizioni del clericalismo ipertradizionalista. Piuttosto che entrare nel merito delle gravi tesi sostenute, vorrei affrontare una questione metodologica. Il principio di libertà d’opinione non può esimerci da indagare con attenzione l’opportunità di certi giudizi quando espressi in sede di rappresentanza istituzionale e la loro compatibilità con incarichi di forte rilevanza simbolica. Il punto è: se le opinioni di De Mattei si fondano nella dimensione della fede perché mai dovrebbe egli assumere un incarico così rilevante nel principale Ente di ricerca nazionale?
Ente che esprime nella sua essenza più profonda le ragioni del pensiero razionale. Ente che organizza una comunità di scienziati, ne disciplina le azioni e ne finalizza le strategie. Perché mai una tale comunità (quella scientifica) deve trovare rappresentanza (seppure nella funzione di “vice”) in chi ha come principale obiettivo l’affermazione del pensiero dogmatico?
Altri ambiti socio-politici (o più strettamente metafisici e confessionali) possono ospitare tali opinioni. E la società può/deve prendersi carico di stabilire spazi di confronto costante e dinamico tra questi approcci metodologici differenti e contrapposti. Ma mai confonderli! Come è successo allora che De Mattei sia finito nel CdA del Cnr? Come si organizza la ricerca nel nostro Paese?
In queste settimane alcuni enti di ricerca (tra cui il Cnr) hanno definito i cosiddetti «statuti autonomi» a seguito della legge 165 del 2007. Il ministro Gelmini, ha fortemente distorto le intenzioni di quella legge e operato trasformazioni e pressioni tali che gli statuti varati non produrranno autogoverno e reale autonomia statutaria. In particolare, le comunità scientifiche non potranno esprimere loro rappresentanze dirigenziali e la politica continuerà a svolgere un ruolo preminente (con gli evidenti paradossi cui stiamo assistendo).
Le comunità scientifiche hanno manifestato pubblicamente le loro preoccupazioni per questo fatto ma l’opinione pubblica, alquanto disattenta ai temi sostanziali per il futuro del Paese, ha offerto un’attenzione infinitesimale rispetto a quella che oggi si è attivata per il caso De Mattei. Eppure i due fenomeni sono strettamente connessi. Ed è la stessa Costituzione ad indicare la soluzione quando nell’articolo 33 pone l’esigenza di rendere autonome le istituzioni della conoscenza. Ecco perché una malintesa relazione tra scienza e politica può condurre a clamorose e controproducenti aberrazioni.
L’Unità 13.04.11