Errori, sparate, leggende leghiste. Vent’anni di parole e letture storiche per creare un vocabolario e un immaginario della gente del Nord. Il Carroccio: nel 1176 la Lega Lombarda, fra Legnano e Busto, sconfigge l’imperatore Barbarossa in nome della “libertà dell’Italia” e non di una presunta Padania. Era presieduta, fra l’altro, da papa Alessandro III, che, per dirla tutta, era un Bandinelli (Rolando) di Siena. La Battaglia di Legnano è un melodramma di Giuseppe Verdi, libretto di Salvatore Cammarano, dato in “prima” assoluta a Roma, al Teatro Argentina, il 27 gennaio 1849 cioè alla vigilia della Repubblica Romana, con grande successo, in un delirio di slogan patriottici e di bandiere tricolori.
Va’ pensiero: non è affatto un coro “padano”, ma è il coro degli Ebrei oppressi ed esiliati da Nabucodonosor. Giuseppe Verdi scrive l’opera Nabucco (di cui il coro fa parte) negli anni in cui, da mazziniano fervente, preconizza che l’Italia sarà presto «libera, una e repubblicana». Quindi un coro assolutamente “italiano” e patriottico. Come fu Verdi. Nel giugno 2010 il governatore veneto Luca Zaia lo prescrive nella sua regione al posto dell’Inno nazionale di Mameli-Novaro. E non è grottesco che cantino un coro di ebrei esiliati gli stessi che poi si ritengono discendenti dagli antichi germanici?
Della Repubblica Romana del 1849 sono protagonisti uomini e donne del Nord: i liguri Garibaldi, Mazzini e Mameli, i lombardi Luciano Manara, alla testa di 800 volontari della sua regione, e Cristina Trivulzio di Belgioioso organizzatrice di infermerie e ospedali, il romagnolo Aurelio Saffi e altri. Con Garibaldi combatteranno poi i cinque fratelli Cairoli, pavesi, Nino Bixio, genovese, e il generale Francesco Nullo, bergamasco.
I Celti immaginati come loro avi dai fedeli di Bossi – quelli con gli elmi con le corna che gli stanno attorno – arrivano nella valle del Po un bel po’ dopo i Liguri (forse Iberi o addirittura Libici), dopo i Veneti (provenienti dall’Illiria) e dopo gli Etruschi che lasciano più di tutti un segno profondo di civiltà nella storia fondando città importanti come Bologna, Modena, Parma, Piacenza, Mantova. Secondo Plinio il Vecchio si spinsero fin nelle valli delle Alpi chiamate Retiche dal nome dei Reti di stirpe estrusca.
Roma ladrona: tanti dei più celebrati intellettuali della Repubblica e dell’Impero Romano provenivano dal Nord padano. Di Como erano i grandi naturalisti Plinio il Vecchio e Plinio il Giovane, da Sirmione veniva il poeta Catullo, da Padova lo storico Tito Livio, dalle paludi di Mantova, dall’attuale Piètole, il poeta ufficiale, col poema “Eneide”, del mito di Roma: Virgilio. Fra i tanti detti di Bossi: «La Roma dei porci ha spogliato il Nord».
Uno dei primi “colpi” della Lega in Parlamento fu quello di ostentare nel maggio 1992 (lo fece Luca Leoni Orsenigo) a Montecitorio un grande cappio a significare che voleva impiccare tutti i ladroni. Allora la Lega era giustizialista, anzi forcaiola. Ora, in omaggio a Berlusconi, tollera di tutto. E nel gennaio 1994 lo stesso Senatur ha dovuto ammettere al processo Enimont di aver incassato una tangente da 200 milioni di lire: condannato a 8 mesi.
A Venezia nel settembre del 1997 il senatore Bossi, vedendo come una provocazione un tricolore esposto dalla signora Lucia Massarotto alla finestra davanti al palco del suo comizio, disse: «Lo metta al cesso per pulirsi il c…» fra un delirio di applausi dei suoi. La signora ha ripetuto il rito del tricolore per dodici anni finché non è stata sfrattata. Il 1997 è un anno di fervide “invenzioni” leghiste. A Venezia (è il 14 settembre) «giurano di opporsi in ogni modo allo Stato italiano». Umberto chiama in causa il papa: «Mi rivolgo a Giovanni Paolo II da patriota padano a patriota polacco». In luglio alcuni leghisti veneti, chiamati i Serenissimi, assaltano e occupano per giorni il campanile di San Marco facendo ridere la stampa mondiale. Sempre in settembre la Lega lancia lo slogan: «Dai un taglio alla scuola italiana». A Dolo (Venezia) il sindaco leghista lancia l’idea di un “acchiappa-clandestini”, Prima di lui il sindaco di Treviso, Gentilini, aveva dichiarato che lui avrebbe sparato agli extra-comunitari come ai leprotti. Sempre nel fecondo 1997 sono apparse le primissime “ronde padane”, per pattugliare di notte strade e piazze “pericolose”. In effetti raccolgono poca gente. Ci riprovano più volte. Nel 2009 le ronde “verdi” si candidano a Milano a sostituire i Blue Berets promossi dal vice-sindaco Di Corato. Il loro capo, Bastoni di cognome e Max di nome, chiede tuttavia «un sia pur piccolo rimborso spese».
Mario Borghezio: merita un capitolo a parte. Il 6 febbraio 1999 accompagnato da alcuni volontari e volontarie con fascia verde sale sull’Intercity Torino-Milano e spruzza spray “disinfettante” contro due passeggere nigeriane suscitando le proteste di altri viaggiatori del convoglio. La squadraccia leghista è costretta a scendere prima che abbia la peggio.
Nel febbraio 2006il ministro in carica Roberto Calderoli ostenta a Porta a porta un a maglietta anti – Islam. Scoppiano per questo seri incidenti in Libia, un assalto al consolato italiano lascia sul campo di battaglia 11 morti. Subito dopo il prode Calderoli si scusa dicendo di aver capito che «la Libia ci vende gas e petrolio a prezzi che mi dicono molto buoni».
L’Unità 10.04.11