La responsabile ambiente: “A due anni dal sisma è doveroso ricordare quanti sono scomparsi e accertare le responsabilità di quanto accaduto”. Ricerca universitaria: la ricostruzione è più lenta che in Indonesia. Due anni dal terremoto che sconvolse L’Aquila e l’Abruzzo, due anni senza chiarezza su cosa è successo e due anni in cui anche l’Indonesia è stata più veloce nella ricostruzione.
“A due anni di distanza dal sisma che ha sconvolto l’Abruzzo è doveroso ricordare quanti sono scomparsi e essere vicini ai familiari delle vittime, e accertare fino in fondo le tante responsabilità di quanto accaduto quella terribile notte. Chiediamo chiarezza su chi ha autorizzato, omesso di controllare o eseguito i lavori di costruzione o rifacimento dei tanti edifici, anche pubblici, crollati per il sisma”. Così la responsabile Ambiente del Pd Stella Bianchi, al termine di una riunione della segreteria del partito dedicata anche ai problemi del dopo terremoto.
“Oggi – spiega Bianchi – ancora 39mila persone sui 70mila che risiedevano a L’Aquila sono fuori dalle proprie abitazioni, in sistemazioni che li privano dei legami e del vissuto a cui ognuno tiene. Noi del Partito democratico chiediamo che parta finalmente un’azione seria, programmata, per riportare la vita anche nel centro storico de L’Aquila e alimentare di nuovo il tessuto sociale ed economico”.
“Abbiamo presentato – prosegue Bianchi – una proposta di legge con misure che consentano di accompagnare la ricostruzione, di sostenere e dare risposte a quanti intendono tornare a vivere nelle loro case, nella loro città e riprendere la propria vita e attività economica. Esprimiamo la nostra forte vicinanza agli amministratori che da due anni sono accanto ai cittadini colpiti e si battono per tornare a far vivere le loro città”.
“L’Aquila – conclude la responsabile Ambiente del Pd – è stata uno dei tanti luoghi in cui il governo e, Berlusconi in particolare, ha annunciato miracoli sulla pelle delle persone. A L’Aquila, come altrove, sono rimasti i problemi, aggravati dal tempo, passato senza una seria azione del governo. Chi ha promesso deve rispondere: il governo deve chiarire agli italiani tutti qual é la vera situazione de L’Aquila e dei tanti centri colpiti. La ricostruzione vera non può più aspettare”.
Invece sta aspettando al punto da essere più lenta che a Sumatra, colpita da un sisma nel settembre 2009, come è emerso dalla ricerca “Micodis-l’Aquila”, condotta alla fine del 2010 dalle università di Firenze, delle Marche e de L’Aquila su 15.000 persone sono molti i dati sulla lenta ricostruzione che emergono. Il progetto, coordinato dal Cespro e finanziato dall’Unione Europea attraverso l’università belga di Louvain, è stato curato da uno dei massimi esperti in materia di grandi disastri, David Alexander. Ne risulta che a quasi due anni del terremoto, sono ancora numerosi i problemi relativi alle abitazioni, all’occupazione e soprattutto all’identità stessa dei terremotati. E questo perché come ha sottolineato l’esperto, non è stata data abbastanza attenzione al tessuto sociale.
Dopo il disastroso terremoto del 6 aprile del 2009, la cui scossa principale registrata attorno alle 3,32 ha raggiunto i 5,9 gradi della scala Richter, il bilancio delle vittime a l’Aquila è risultato altissimo: 308 morti e circa 1600 feriti. Il sisma ha spazzato via vite umane, case ed identità degli aquilani e il governo, nella persona di Silvio Berlusconi, aveva promesso mari e monti per risistemare l’Aquila e il suo hinterland, per ridare dignità agli abitanti. Ed invece abbiamo assistito solo a scandalosi giochi di potere, sulle spalle dei sopravvissuti, già lacerati da lutti e perdite di ogni genere. E tra le critiche mosse dal professore britannico è pesantissima quella che ritiene un elemento fondamentale del ritardo “la mancanza di separazione delle attività di protezione civile da quelle di ripristino e ricostruzione, una situazione raramente riscontrata in altri paesi del mondo. Il coinvolgimento del dipartimento nazionale della Protezione Civile nei processi di ripristino, un ente sotto l’ombra dello scandalo per presunta corruzione, ha creato disfasia più che simbiosi”.
Oggi a 2 anni dal sisma nel Comune de L’Aquila e nei comuni del cratere il totale delle persone in soluzioni alloggiative a carico dello Stato è di 22.947 persone; il totale delle persone beneficiarie del contributo di autonoma sistemazione: 13.561; il totale delle persone assistite in strutture ricettive e strutture di permanenza temporanea: 1.295.
Numeri certificati dal Commissario per la Ricostruzione, il presidente della regione Gianni Chiodi, che dimostrano come ancora 37.603 persone non sanno quando rientreranno in casa.
Errori che la proposta di legge popolare portata avanti dai cittadini e appoggiata dal PD vuole sanare come spiegava qualche giorno fa il deputato Pd Giovanni Lolli. “E’ un’occasione importante perché in quella sede potremo risolvere problemi che ci portiamo dietro da due anni e che paralizzano l’attività di ricostruzione post terremoto”.
Nella legge si indicano come prioritari la quantificazione del danno e il controllo sulla legalità della ricostruzione, si indicano gli strumenti a sostegno dell’economia, le agevolazioni fiscali, l’assegno di solidarietà ai famigliari delle vittime del sisma.
“Se il Parlamento sta discutendo su questa legge – ha concluso Lolli – il merito è di quei cittadini aquilani che hanno lavorato e hanno raccolto le firme all’Aquila e in tutta Italia”.
La legge andrà a concentrarsi su quattro punti fondamentali: uscita da uno stato di emergenza commissariale e ritorno alle strutture ordinarie; chiarimento sui rimborsi delle seconde case; attività economiche e modalità di restituzione delle tasse equiparato a Marche e Umbria; tassa di scopo che serve a finanziare la legge e alimentare un fondo nazionale per la prevenzione dai disastri.Il testo è nato nelle aree del cratere dopo il terremoto che nel 2009 ha colpito l’Abruzzo ma, negli intenti dei promotori, è adattabile a qualsiasi situazione analoga determinata da calamità naturale.
Aquilani, orfani della loro città. Oggi il 71% degli intervistati per l’indagine Micodis risulta fortemente demotivata ed ha dichiarato che “la vecchia comunità è morta assieme al terremoto”. Oltre il 73% degli sfollati ha lamentato infatti la “totale mancanza di posti di ritrovo per la comunità”, per i giovani tra i 18 e i 30 anni e per gli over 70. In quanto non si vive solo con un tetto sulla testa, quando si ricostruisce una città è necessario nel contempo servirla di piazze, strade, servizi, luoghi di culto, non si devono creare esclusivamente dei dormitori per la notte per mettersi apposto la coscienza. Per questo il 68% degli intervistati “vorrebbe lasciare la propria abitazione”, ed il 43% ha dei forti disagi psicologici, dati confermati purtroppo dall’aumento di abuso di alcol e droghe. A 2 anni dal terremoto solo il 65% della popolazione risulta occupata. Ne consegue un calo medio di reddito ed una forte diminuzione di iscritti alle università. Il giudizio negativo di Alexander riguarda soprattutto l’assenza nella fase ricostruttiva de l’Aquila, di “una coerente pianificazione della ripresa a lungo termine”, le indicazioni dicono che ci vorranno decenni “per un ritorno alla normalità”.
A.Pro. -Ma. Lau.
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