In mutande e reggiseno tra incunaboli e cinquecentine. Uno spogliarello, e nella Sala Teologica, per giunta. Ma persino Maria Teresa d´Austria, la fondatrice della Biblioteca Braidense, sarebbe stata d´accordo. «Con quello spot della Golden Lady abbiamo sistemato e ridipinto gli infissi e sostituito i vetri rotti». Aurelio Aghemo era da poco soprintendente: «Non fu un sacrificio. La sala restò chiusa un giorno solo, fecero tutto con grande velocità e rispetto per il luogo. E la modella, una ragazza francese, devo dire, era bellissima…».
La cultura si arrangia anche così, nell´Italia dei tagli che vanno, e vengono, e magari rivanno, del doman non v´è certezza, quest´anno dalla vergogna del disastro ci ha salvato una fermata al distributore di benzina, due centesimi d´accise in più sul litro per salvare il genio italico, ma cosa accadrà con la prossima finanziaria nessuno lo sa, si naviga a vista. E allora perché scandalizzarsi se ci si adatta ingegnosamente a sopravvivere nella precarietà, facendosene una ragione, quasi una filosofia. Sulla parete dietro la scrivania del suo ufficio, Aghemo ha appeso un ritratto di Napoleone, come memento: «per ricordarmi che da grandi altezze si può sempre precipitare in grandi insuccessi».
Finora non è accaduto, nonostante tutto. Da duecentoquarant´anni la Braidense è uno scrigno delle patrie lettere incastonato a Brera, quarta biblioteca italiana per importanza, un milione e mezzo di volumi, un fondo antico inestimabile, gli archivi di Foscolo, Manzoni, Pascoli, una mediateca multimediale aperta da poco nella vicina ex chiesa di Santa Teresa. La biblioteca aumenta i servizi, cresce di 18 mila volumi l´anno. Ma ha sempre meno denaro, e perde personale. Centoventi dipendenti fino a tre anni fa, entro l´anno coi pensionamenti senza turnover scenderanno a 69: è vicino il dimezzamento. «Ma non abbiamo tagliato neanche un minuto dell´orario di apertura», rivendica con orgoglio il sovrintendente. Certo, «è una partita a dama». Due o tre giorni a settimana, i catalogatori interrompono il lavoro sugli archivi per sedersi al banco del prestito e della consegna dei libri ai visitatori. Ci si adatta. Anche con gli acquisti si stringe la cinghia. Nel 2006 il fondo era di 320 mila euro l´anno. Oggi 70 mila, quasi un quinto. Bene, si taglia. Con «oculatissimo dolore». Si sacrificano gli abbonamenti a riviste meno lette, si rinuncia a completare quell´area di studio marginale. Il lettore medio non se ne accorge. Ma le lacune un giorno peseranno. La Braidense è un archivio del sapere, e un sapere coi buchi che sapere è?
Nell´augusta saletta che custodisce l´archivio manzoniano manca il celebre ritratto dell´Hayez: per le celebrazioni unitarie è andato in prestito al Quirinale. Vorrà pur dire che ci tiene, l´Italia, al romanziere della Patria. Daniela Goffredo, che ne è la conservatrice dal 1981, apre con cautela il faldone dei manoscritti, la grafia minuta di don Lisander recita: «Ei fu come al terribile / segnal della partita», è l´originale del Cinque Maggio, sì, quella che abbiamo imparata a memoria è una poesia diversa, vuol dire che l´arte è fatta di correzioni, che la manutenzione è una necessità delle parole come dell´edilizia.
Infatti le tegole si rompono. Il tetto della Braidense, da dove Schiapparelli scopriva i canali di Marte, ha qualche problemino. Niente di drammatico, ma è stato necessario sgomberare un paio di ambienti e metterci teloni impermeabili. Mica può piovere sul Manzoni. Allora s´è dato da fare il Fondo ambiente italiano, che assieme all´associazione Amici di Brera ha animato una colletta da 27 mila euro. Bene? Sì. Cioè no, perché la Braidense, essendo una proiezione del Ministero dei Beni culturali, non ha una contabilità autonoma, dunque non può accogliere e spendere donazioni private. Dovrebbe girarle al bilancio generale dello Stato, e poi chiedere per via burocratica un finanziamento straordinario per lavori. E avete già capito cosa significa. Così, ci si arrangia di nuovo. I privati pagano direttamente le fatture ai lattonieri, ai muratori, agli elettricisti. Anche con lo spot dello spogliarello andò così. Il dottor Aghemo si pente di avermi raccontato lo stratagemma non procedurale, «nulla di irregolare, ma se può sfumi sui dettagli…». La burocrazia non tollera certe creatività, ancorché sacrosante.
Nell´imponente sala Maria Teresa tutti i ragazzi seduti ai tavoli hanno un laptop acceso. Da un anno tutta la biblioteca offre il wireless gratuito. E solo per questo i frequentatori sono aumentato di colpo del 50%, da 300 a 450 in media al giorno. Però nella Braidense interconnessa si fatica a cambiare le lampadine. Bruciano, è inevitabile, e bisogna cambiarle. Non si dice “semplice come svitare una lampadina”? Bene, questo alla Braidense, che pure fu la seconda biblioteca del mondo illuminata elettricamente, non vale. Con soffitti da nove metri, ogni volta bisogna chiamare gli operai con il trabattello, l´impalcatura mobile, aprire un cantiere con piano sicurezza a norma antinfortunistica. Un investimento oneroso. Ma al buio non si legge. Solo che il fondo spese correnti, per la manutenzione ordinaria e le bollette, quest´anno è stato tagliato del 30%. Che si fa? «Non so, accenderemo le luci mezz´ora dopo. Oppure cambieremo una lampadina su due…».
Eppure ci fu un´età dell´oro anche per la Braidense. Quando il ministro Veltroni inventò il “lotto del martedì” riservato alla cultura, piovvero denari per le spese extra, per le iniziative. Poi anche quella manna s´inaridì, tagliata per esigenze di bilancio dalle successive finanziarie. Chissà se alla tassa culturale sulla benzina accadrà la stessa cosa. Alla Braidense sono già abituati da anni ai soldi che vanno e vengono, ai bilanci decisi a Roma senza poter spostare neppure un euro da un capitolo all´altro, versati sempre in ritardo, a spese già fatte. S´arrangeranno ancora. Finché si può. «Manca la carta per le fotocopie, ricordiamoci di trovare uno sponsor».
La Repubblica 05.04.11