Hillary, Eni, nuovo clima: e ora siamo più francesi dei francesi. E un bel giorno l’Italia si scoprì più francese dei francesi. Ieri la posizione del governo di Roma sul conflitto in Libia ha infatti subito una svolta di 180 gradi. Mentre il premier Silvio Berlusconi volava a Tunisi per trattare sul rimpatrio degli immigrati, il ministro Franco Frattini, dalla Farnesina, riscriveva la politica estera italiana. Punto primo: «Abbiamo deciso di riconoscere il Consiglio nazionale transitorio libico (Cnt) come unico interlocutore legittimo – ha dichiarato Frattini durante una conferenza stampa congiunta con il rappresentante della politica estera del Consiglio di Bengasi, Ali Al-Isawi – Inaugureremo molto presto l’Ufficio di rappresentanza. Il regime di Tripoli non ha più un futuro e in Libia ha perso la sua legittimità.
Gheddafi e la sua famiglia lascino la Libia».
Punto secondo: «L’estrema ratio sarà quella di aiutare le persone ad autodifendersi, e il rifornimento di armi è un’opzione che non può essere esclusa. È una questione molto delicata che dovremo discutere con tutti i partner». Punto terzo: «Le truppe di Gheddafi sono alla base dell’immigrazione clandestina che viene da Tripoli e che viene usata dal Colonnello per fare pressioni sull’Europa».
Si tratta di tre posizioni che finora avevano sposato soltanto i «falchi» di questa guerra, ovvero Francia e Gran Bretagna, e che dunque spostano radicalmente l’Italia dal fronte degli scettici (in cui rimane saldamente la Germania) a quello degli anti-Gheddafi. Niente più «non voglio disturbare il Colonnello», come aveva improvvidamente dichiarato Berlusconi all’inizio delle ostilità. Niente più «sono addolorato per Gheddafi e mi dispiace», come ripeteva il premier poco più di dieci giorni fa.
Sulla questione delle armi il dibattito era stato aperto proprio dal ministro degli esteri francese Alain Juppé, che però non aveva trovato, a parte la Gran Bretagna, grandi sponde. Questioni di interpretazioni della risoluzione Onu: l’Occidente può armare i ribelli? «Fonti diplomatiche italiane» avevano fatto sapere, pochi giorni fa, che il nostro governo era contrario. Ora Frattini spiega: «La risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza “non impedisce” di fornire armi ai ribelli libici in lotta contro il regime».
Gheddafi addio, insomma. È stato bello, ci siamo divertiti, ma Roma ha definitivamente deciso di puntare su un altro cavallo. «L’Italia è vicina al popolo libico da molto tempo, e lo sarà ancora», ha chiarito Frattini, dove il riferimento al popolo è un modo sottile per distanziarsi ancora dal Colonnello.
Ma come si spiega questa svolta? Sono soprattutto tre i motivi. Il primo è un clima nuovo nel rapporto tra gli alleati. Dopo la clamorosa esclusione dell’Italia dalla conference call del 28 marzo tra Washington, Berlino, Parigi e Londra, nei confronti di Roma sono arrivati alcuni segnali distensivi, soprattutto da quella Francia di Nicolas Sarkozy contro cui la stampa vicina al centrodestra italiano sembrava essere entrata in guerra. «Immigrati, l’Italia ha ragione», era il titolo dell’intervista di sabato scorso del Corriere della Sera al premier francese François Fillon, mentre il giorno dopo arrivava l’annuncio di un prossimo vertice tra Berlusconi e Sarkozy.
Il secondo motivo lo spiega così a Europa Federiga Bindi, senior fellow della Johns Hopkins University di Washington: «La posizione dell’Italia ha seguito l’evoluzione di quella degli Stati Uniti, e del Dipartimento di stato in particolare. Hillary Clinton, inizialmente contraria all’intervento, ha pian piano cambiato idea, influenzando così l’alleato italiano. D’altronde Frattini e Clinton si sentono due volte alla settimana, il loro rapporto è solido, e non a caso qui in America le ultimo dichiarazioni del ministro italiano sono state riprese anche alla radio, in un paese in cui in questo periodo l’Italia fa notizia solo per altre ragioni…». Dunque Roma segue Washington, più che Parigi (e proprio ieri anche Bill Clinton si è dichiarato favorevole ad armare i ribelli). Ma la terza ragione? Ci possono essere state delle promesse fatte all’Italia dagli alleati? Non è escluso. «È sicuramente ipotizzabile che sia stata rassicurata sul suo ruolo nella gestione delle risorse energetiche nella Libia post-Gheddafi», sostiene Bindi.
E infatti ieri Frattini ha confermato che il Cnt ha avuto contatti telefonici con l’ad di Eni Paolo Scaroni.
L’Italia cambia linea, dunque. Ma colpisce che lo faccia per bocca solo di Frattini e non del suo presidente del consiglio, che è solito esternare su tutto. Sarà un caso? E sarà un caso che il presidente americano Barack Obama, la settimana scorsa, abbia telefonato a Giorgio Napolitano e non al premier? Oppure forse è una condizione, implicita o esplicita, del negoziato? L’Italia può tornare ad avere un ruolo – potrebbe essere stato il ragionamento di Obama, Sarkozy e soci – purché non ci costringa ad avere a che fare direttamente con lui, il premier che a partire da domani, come sanno le tv di tutto l’Occidente, sarà processato per prostituzione minorile.
da Europa Quotidiano 05.04.11
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Ribaltone libico, armeremo chi vuole far fuori Gheddafi
L’Italia riconosce Bengasi. Per tenersi il petrolio e spartire gli immigrati
Gheddafi addio. L’Italia cambia linea e volta definitivamente le spalle al Colonnello. Ieri il ministro degli esteri Franco Frattini, mentre Berlusconi volava a Tunisi per trovare un accordo sul rimpatrio degli immigrati, ha annunciato la svolta.
Il governo ha riconosciuto il Consiglio nazionale transitorio dei ribelli come «l’unico interlocutore politico legittimato a rappresentare la Libia ». Al termine di un incontro alla Farnesina con il rappresentante della politica estera di Bengasi Ali Al- Isawi, Frattini non ha poi escluso la possibilità di fornire armi ai ribelli come extrema ratio per difendere i civili dagli attacchi di Muammar Gheddafi, che secondo il ministro sarebbe all’origine dell’immigrazione clandestina che viene da Tripoli e che viene usata dal Colonnello «per fare pressioni sull’Europa».
«Qualunque soluzione per il futuro della Libia ha una precondizione », ha avvertito Frattini, e cioè che «Gheddafi e la sua famiglia lascino il paese». Molto presto, forse già in settimana, il consolato italiano a Bengasi si trasformerà in una sorta di “ambasciata” presso il Cnt, un ufficio di rappresentanza che sarà guidato dall’attuale console Guido de Sanctis.
Così l’Italia smentisce la posizione attendista delle ultime settimane e si allinea a Stati Uniti e Francia. L’Eni prende contatti con il Cnt, e Roma – una settimana fa esclusa dalla conference call a quattro – può tornare a giocare un ruolo nella crisi libica.
da Europa Quotidiano 05.04.11