Ileana Argentin: “Gridavano: non fate parlare quell´handicappata del cazzo”. “Erano anni che non mi succedeva, un insulto tanto più offensivo perché detto alla Camera”. “Avevo chiesto al mio operatore di applaudire poiché io sono paralizzata”. È ancora scossa, Ileana Argentin. «Erano anni che non mi sentivo dare dell´handicappata», sospira la deputata del Pd. «Un insulto tanto più offensivo perché pronunciato in un luogo sacro come il Parlamento».
Ci racconta com´è andata?
«Eravamo in aula, la maggioranza era in forte fibrillazione perché non era riuscita a far passare il processo verbale e Fini aveva sospeso la seduta. Quando l´ha riaperta, è stata data la parola ai vari capigruppo. Durante l´intervento di Italo Bocchino ho chiesto al mio operatore di applaudire perché stava dicendo cose che condividevo».
Poteva farlo?
«Naturalmente. Francesco è un ragazzo di 24 anni che mi accompagna sempre: oltre a votare per me, svolge tutte quelle mansioni che mi sono precluse perché sono paralizzata, muovo a stento la mano sinistra e basta. Faccio persino fatica a sostenere la testa».
E a quel punto cosa succede?
«Mi si avvicina il collega del Pdl Osvaldo Napoli e con il dito alzato, in modo minaccioso, mi fa: “Gli devi di´ a questo che non deve applaudire, hai capito?”. Col leghista Polledri che urlava: “Ha ragione, ha ragione”. Io non ci ho visto più e ho chiesto a Fini di intervenire per denunciare il fatto che, non potendo muovere le mani, avevo il diritto di scegliere chi far applaudire al posto mio. È allora che dai banchi del Carroccio qualcuno ha gridato: «Non gli date la parola a quell´handicappata del cazzo!». Ma non so chi è stato, sono solo sicura che venisse da lì».
Cos´è che le ha fatto più male?
«Mi sono sentita quasi violentata perché ho dovuto denunciare il mio limite, che pure è visibile a tutti. C´è questo di vergognoso: che mi abbiano costretta. Perciò ho rispedito indietro, senza neppure leggerlo, il bigliettino di scuse che Napoli mi ha fatto recapitare tramite un commesso».
Perché?
«Doveva pensarci prima. Ma lui non ha desistito, quando sono uscita dall´aula mi ha raggiunta e, peggiorando la situazione, mi ha detto: “Io non ti ho mai guardato, quindi non lo sapevo che non muovi le mani”. Mi ha fatto una gran pena».
Lui che fa pena a lei?
«Sì perché questi sono così. Anche la destra ha eletto un disabile, un colonnello che a Nassirya è rimasto in carrozzina, però lui è visto come un eroe, mentre io sono una sfigata. E per giunta comunista. È difficile far politica con questa maggioranza: loro si fermano a ciò che sei esteriormente, non si confrontano sulle idee, specie se a esprimerle è una donna».
Come si sente adesso?
«Orgogliosa di ciò che sono. Affetta da amiotrofia spinale sin dal nascita, ho preso due lauree, convivo con un uomo da tanti anni e mi ritengo una donna felice. Faccio politica perché ci credo, sono stata 13 anni consigliere comunale e ora faccio anche il dirigente del Pd, delegata per i diritti dei disabili. Incarico che Bersani ha voluto darmi nonostante sia mariniana».
La Repubblica 01.04.11
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“Diversamente”, di Massimo Gramellini
Fra le tante manifestazioni di beceraggine verificatesi alla Camera nelle ultime 48 ore, ce n’è una che rappresenta un salto di qualità. Durante l’intervento in aula della parlamentare diversamente abile Ileana Argentin, un suo collega diversamente intelligente ha gridato: «Fate stare zitta quella handicappata del czz». L’episodio non può essere liquidato con la solita alzata di spalle con cui ogni giorno cerchiamo di proteggerci dalle aggressioni al buongusto perpetrate dai nostri rappresentanti. L’insulto a una donna in sedia a rotelle esorbita dal dibattito ideologico, perché attiene a una dimensione prepolitica e semplicemente umana della convivenza. Per questo tacerò il partito a cui appartiene chi ha pronunciato quelle parole, seguite da scuse frettolose che confermano lo scarso peso che l’autore attribuisce al suo gesto. Rivelarlo qui sposterebbe l’attenzione del lettore, innescando la solita rissa fra fazioni che, dopo averci annebbiato il cervello, sembra averci sterilizzato anche il cuore.
Mi interessa di più vedere se quel partito avrà il coraggio morale di punire il suo indegno soggetto. E mi interessa comprendere quando la nostra rassegnazione supererà il livello di guardia. Quando cioè cominceremo a stufarci di pagare lo stipendio a dei ceffi che sarebbero tollerati a stento in una curva di ultrà. Certe frasi sputate in un momento di irritazione non vengono dal nulla. Incubano, magari per anni, in una palude di pensieri facili e brutti. Quanti elettori si sentono parte della palude? Io spero nessuno di noi. Altrimenti avrebbero ragione loro.
La Stampa 01.04.11