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"PD, partito patriottico", di Rudy Francesco Calvo

Il partito di Bersani evidenzia la sintonia con il Quirinale. Fischi a destra, applausi a sinistra. È una celebrazione “patriottica” anomala questa per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Anche se i meno sorpresi sembrano proprio i Democratici, che sull’importanza di questo anniversario insistono da mesi, a partire dalla Festa nazionale che si è svolta a Torino a inizio settembre. «Io voglio che il mio sia un partito di patrioti, di autonomisti e di riformatori – ha detto ieri Pier Luigi Bersani guidando una delegazione del Pd sull’Altare della patria, omaggio inedito per un partito politico – la parola “patriota” è stata sempre legata ai democratici, mai ai conservatori, e noi dobbiamo recuperare questo tratto in una Italia che deve essere ricca di autonomie».
Ieri questa intenzione è apparsa evidente, dalle coccarde tricolori indossate dai deputati dem ai primi versi dell’Inno intonati in aula al termine del discorso di Napolitano, con il resto dell’emiciclo che si accoda all’iniziativa del Pd.
Se Berlusconi, e con lui tutto il Pdl, paga in termini di immagine soprattutto in questi giorni l’alleanza con Bossi, che tante volte lo ha premiato invece nelle urne, il segretario dem ha scontato rapidamente le immediate polemiche per la sua intervista alla Padania e oggi può parlare di «tradimento» dei principi costituzionali da parte della Lega senza il timore di contraccolpi. Rovesciando, anzi, le responsabilità leghiste sul Cavaliere: «Chi giura sulla Costituzione e sulla bandiera o è coerente o va a casa e il presidente del consiglio deve renderne conto», ha ribadito ieri.
Il clima favorevole al Pd, peraltro unico partito italiano ad avere un simbolo tricolore, si allarga anche agli ex rappresentanti istituzionali a esso più vicini. Ieri, al loro ingresso a Montecitorio per le celebrazioni ufficiali, la folla presente in piazza ha calorosamente applaudito i presidenti emeriti Oscar Luigi Scalfaro e, ancora più intensamente, Carlo Azeglio Ciampi.
Tra i primi “ospiti” a giungere alla camera c’è stato Romano Prodi e anche per lui dalla gente in attesa sono arrivati solo applausi, che hanno fatto apparire ancora più stridenti i fischi piovuti poco dopo su Ignazio La Russa. Bersani ha accolto per primo in aula con un abbraccio sia Ciampi che Prodi, con il quale ha scambiato anche qualche parola. E, alla fine della celebrazione, ha apprezzato il discorso di Napolitano come «un punto esclamativo su una giornata splendida, nella quale tanti cittadini hanno fatto sentire il loro affetto per l’unità del nostro paese e per le sue radici democratiche e costituzionali».
È difficile prevedere la possibile ricaduta nelle urne di questo clima favorevole ai Democratici. E sarebbe anche riduttivo spiegare l’impegno straordinario del Pd per questo anniversario in termini di semplice tattica elettorale. Certo Bersani ha puntato molto sull’idea di un partito “responsabile”, pronto a sacrificare perfino alcuni tratti identitari a favore di una alleanza costituzionale, per andare “oltre” il berlusconismo. Una scelta che lo ha sottoposto alle critiche della minoranza interna e lo ha costretto a leggere per mesi sondaggi al di sotto delle aspettative. Oggi questa strategia sembra stia iniziando a pagare. Lo dimostrano non solo i primi segni più delle rilevazioni statistiche, ma anche alcune sensazioni, diversissime tra loro, che non sono sfuggite al Nazareno: dalla vittoria del brano di Roberto Vecchioni a Sanremo al successo su quello stesso palco (e sugli schermi tv) della serata celebrativa culminata con la performance di Roberto Benigni, dalle numerose manifestazioni spontanee di piazza fino alle contestazioni anti-Lega e anti-Pdl di questi giorni. Fenomeni che non sono certo animati solo da un popolo di sinistra e che il Pd non vuole cavalcare, ma semmai “affiancare” con una presenza discreta. La verifica dell’efficacia arriverà a maggio con le amministrative.

da Europa Quotidiano 18.03.11