Il miliardo che il governo ha stanziato nella legge di stabilità per rifinanziare gli ammortizzatori nel 2011 è “sospeso”, in attesa dell’assegnazione ai governatori. Il motivo? Nella partita sulla riforma del federalismo, alle regioni è chiesto di investire risorse sulle politiche attive per i cassintegrati, mentre lo Stato si impegna a trasferire fondi per il trasporto pubblico locale. Uno scambio di “oneri” che fatica a trovare un punto d’incontro.
«È chiaro che c’è un ritardo – commenta Vasco Errani, presidente della Conferenza dei governatori -, ma le regioni sono pronte a rispettare gli impegni. Auspichiamo di firmare il nuovo accordo quadro nel giro di poche settimane e dare così il via libera alle risorse, a patto però che ciascuno faccia la sua parte».
Sullo sfondo della contesa il ritorno di fiamma della cassa integrazione, che proprio sulle deroghe ha registrato il maggiore aumento a febbraio rispetto a gennaio (+23%, si veda l’articolo sotto). Insieme a un dato di fatto: rispetto agli otto miliardi del biennio 2009/2010, quest’anno ci sarà comunque un taglio di risorse, anche considerando l’eredità del passato stimata in 500 milioni. Basteranno i fondi a soddisfare le richieste delle imprese per tutto l’anno? Dal ministero del Lavoro assicurano che «la copertura per il 2011 sarà garantita: stiamo calcolando i residui, alla luce dell’effettivo utilizzo delle ore di cassa integrazione nel 2010». Il 48% del totale autorizzato, secondo i dati diffusi venerdì scorso dall’Inps «segno che le risorse sono sufficienti a coprire le esigenze reali delle imprese».
Ma tra i sindacati cresce la preoccupazione. «Bisogna essere preparati a fronteggiare la coda velenosa della crisi – commenta Vincenzo Scudiere, segretario confederale Cgil -: a oggi non sappiamo quante saranno le risorse e da dove verranno attinte». Gli fa eco Guglielmo Loy, segretario confederale Uil: «Il rischio di rimanere senza fondi è reale se non si supera al più presto la fase d’impasse. Al terzo anno di crisi bisognerà anche rimodulare gli interventi, con più politiche attive e incentivi alle imprese che creano occupazione».
Più fiducioso Giorgio Santini, segretario generale aggiunto della Cisl: «I tasselli da incastrare sono ancora tanti, ma se Regioni e Stato remano nella stessa direzione e non ci sono nuove impennate della crisi i fondi dovrebbero bastare».
In attesa di una nuova iniezione di risorse, la maggior parte delle Regioni ha siglato accordi transitori con le parti sociali per garantire continuità al paracadute della Cig in deroga in questi primi mesi dell’anno, utilizzando i fondi risparmiati negli scorsi anni.
Ha provato a fare un passo avanti la Lombardia, dove è stato firmato a fine febbraio l’accordo quadro: i nuovi criteri, in vigore da aprile, prevedono un legame più stretto tra sussidio passivo e politiche attive e il ricorso ai fondi interprofessionali come fonte di finanziamento. Al patto però manca la firma di Confindustria che rileva un aggravio di obblighi e oneri per le imprese rendendo più rigido l’accesso allo strumento.
Nel carnet di nodi da sciogliere non può mancare, infine, la questione delle politiche attive. L’offerta di percorsi di riqualificazione attivata dalle Regioni appare, sulla carta, ampia e articolata: voucher formativi, borse lavoro, tirocini. Ma spesso gli interventi si fermano a un semplice colloquio al centro per l’impiego, in un contesto di «estrema eterogeneità delle risposte dei territori ai bisogni dei lavoratori» evidenzia il rapporto sulle misure anti-crisi realizzato da Isfol e Italia Lavoro. «La sfida per quest’anno – conclude Santini – sarà monitorare gli effetti delle politiche attive, l’unico modo per evitare sprechi di risorse e costruire un’offerta formativa efficace, che vada oltre i generici corsi di informatica e inglese».
Il Sole 24 Ore 15.03.11