La Repubblica intervista Bersani: “Servono tenuta, grinta e progetto per andare oltre Berlusconi. La riforma Alfano della giustizia? E’ solo un diversivo populista”. E sui referendum: “Sì all’abrogazione del legittimo impedimento. Sì all’abrogazione della legge sul nucleare non per ragioni ideologiche ma perché siamo contro il piano del governo”
La linea resta uguale: arrivare a un’alleanza “tra moderati e progressisti”, tra il Terzo polo e il centrosinistra classico. “Abbiamo delle buone occasioni per realizzare questo incontro – spiega Pier Luigi Bersani -. Alle amministrative, nel passaggio dal primo al secondo turno. In Parlamento, con le battaglie sui temi costituzionali”. E se nel Partito democratico qualcuno mette in dubbio la strategia, in vista di tempi lunghi per il voto, “deve con precisione indicare un’altra strada. I semplici dubbi non è che non aiutino me, non aiutano l’alternativa a Berlusconi”. Il segretario del Pd parla anche della contestata raccolta di firme per le dimissioni del premier, costellata di sostenitori fasulli online, da Stalin a Hitler a Ruby. “Sono contento che abbia firmato Paperino. Credo invece che contro Berlusconi non firmerà mai la Banda Bassotti”.
Fini è sicuro che quest’anno non ci saranno le elezioni anticipate. Lo pensa anche lei?
“Non faccio previsioni. So però che le fasi non cambiano ogni 15 giorni. E la fase che stiamo vivendo è quella del tramonto berlusconiano. Sarà un crepuscolo che creerà tensioni drammatiche sul piano politico e istituzionale. Berlusconi si difenderà con tutte le energie per sopravvivere e alla fine del ciclo la ricostruzione democratica avrà bisogno di un concorso di forze. Sono parole che ho pronunciato un anno e mezzo fa. Non ho cambiato idea”.
A proposito di Fini, che ingratudine! Lo avete lusingato.Vi ripaga dicendo che la sinistra è conservatrice come Berlusconi
“Fini deve destreggiarsi fra un’opposizione al premier, e la necessità tattica di far intendere che lui si occupa di riorganizzare la destra. Se il suo orizzonte è quello, ci limitiamo a fargli gli auguri. Se invece vuole costruire un’alternativa di centro, il discorso cambia”.
La “linea della fermezza”, dopo la sconfitta del 14 dicembre e il voto più lontano, rischia di farle pagare un prezzo anche nel PD?
“Sfortunatamente l’idea che le fasi cambino a ogni piè sospinto fa breccia anche nel centrosinistra. Pur non facendo pronostici, credo che il governo non arriverà alla fine della legislatura. Allora dico che il nostro campo si deve reggere su tre parole-chiave: tenuta, grinta e progetto. Berlusconi userà tutta la sua determinazione. Noi dobbiamo avere più grinta e più tenuta, non di meno. Nonostante la sua tenacia i sondaggi dimostrano che sta perdendo la presa sull’opinione pubblica mentre l’opposizione migliora la sua capacità di parlare ai cittadini. Eppoi si vota, altro che. A maggio dieci milioni di italiani vanno alle urne per le amministrative. A loro diciamo: vota per la tua città ma anche per il tuo Paese”.
Ha detto che sarà un test nazionale. Se l’esito fosse negativo, si dimetterà?
“Non ci penso nemmeno a un esito negativo. So che si voterà in universo politico trasformato rispetto a cinque anni fa. Ma mi aspetto un buon segnale rispetto ai dati delle politiche, delle Europee e delle regionali. Sarebbe un messaggio nazionale”.
Ci sono dubbi sull’autenticità dei dieci milioni di firme contro il premier. Online sono tantissime quelle taroccate.
“Fra quelle già raccolte e quelle che arriveranno ai milioni di moduli distribuiti alle famiglie l’obiettivo è raggiunto. Sapevamo che su Internet ci saremmo esposti alla goliardia del centrodestra. Ma chi vuole metterla in burla sbaglia. Abbiamo una certa esperienza di banchetti: non è mai stato così facile raccogliere adesioni. Il nostro compito adesso è tenere viva questa straordinaria partecipazione. I sondaggi confermano che per gli italiani Berlusconi è l’ostacolo alla soluzione dei problemi. E non parliamo dell’immagine all’estero. Nei rapporti con certi regimi ci vuole il senso della misura. Il baciamano a Gheddafi è parso l’omaggio a un dittatore non alla Libia. Oggi rischiamo di pagare un prezzo salato nel rapporto con quei popoli”.
Il progetto del Pd è oscurato dalle incertezze sulle alleanze?
“Ho sempre detto che prima delle alleanze c’è il progetto di governo e che il Pd ha la responsabilità di proporlo. Abbiamo un pacchetto di riforme sociali e sulla democrazia. Da lì partiamo. La proposta politica del partito resta assolutamente ferma, si rivolge ai moderati e ai progressisti. Al momento giusto tireremo le somme. L’importante è che il Pd abbia questa impostazione generosa e aperta che ora viene compresa dai cittadini più ancora che dalle forze politiche”.
La riforma della giustizia non è una legge ad personam. Il Pd può almeno aspettare il testo prima di emettere la sentenza?
“Le carte vanno viste, per carità. Il punto è che da 17 anni non vediamo mai niente di accettabile. Io non mi aspetto niente di buono. E nel frattempo ci sono nell’aria e in Parlamento ipotesi di ulteriori leggi ad personam che vanno inquadrate in un’offensiva generale del premier contro la magistratura alla quale ci opporremo. È la solita bandiera populistica di Berlusconi, il solito modo di non andare ai problemi concreti, la solita chiamata a un giudizio di Dio sulla sua persona. Le chiacchiere non possono nascondere che la giustizia è l’unico settore che non ha visto uno straccio di cambiamento a favore dei cittadini. La riforma è solo un grande diversivo e la ricerca di un terreno di scontro”.
Sui referendum il Pd ha le idee chiare?
“Sì all’abrogazione del legittimo impedimento. Sì all’abrogazione della legge sul nucleare non per ragioni ideologiche ma perché siamo contro il piano del governo. Peraltro l’esecutivo ha appena fatto un danno alle energie rinnovabili, uno dei pochi settori in crescita, mettendolo nell’assoluta incertezza. Sull’acqua valuteremo. Abbiamo un progetto contro la privatizzazione, l’esito referendario ci porta verso una soluzione non convincente”.
23 parlamentari del Pd hanno abbandonato il partito in questi tre anni. Non è preoccupato?
“Mi dispiace molto. Ma registro che nel Paese siamo compresi meglio. Lo dicono i sondaggi”.
Scegliere subito il candidato premier darebbe una mano all’opposizione?
“Quando ci saranno le elezioni sarà chiaro lo schieramento e verrà definito il leader che come in tutte le democrazie deve emergere da un processo politico. Anche negli Stati Uniti si decide il candidato in ragione della scadenza elettorale. Una certa deformazione del concetto di leadership è il riflesso del berlusconismo che è in noi, come diceva Gaber”.
Lei è sempre in campo?
“Non escludo affatto la mia candidatura. Per il leader del maggior partito di opposizione oltre che un problema di volontà è un dovere d’ufficio esserci. Questo non significa mettere la persona davanti al processo politico”.
Intervista di Goffredo De Marchis per la Repubblica
da www.partitodemocratico.it