Il primo sgarbo a Fini lo hanno già fatto. Gli hanno fatto trovare sul tavolo la lettera per sollevare il conflitto senza un cenno d´avviso. Lo ha deciso il Cavaliere quando, dopo un lungo colloquio con Niccolò Ghedini, ha rotto gli indugi: «Voglio proprio vedere se avrà il coraggio di bloccarlo. Sarebbe la prova provata del suo legame con i magistrati. Sarebbe una follia». Poi, mettendo a tacere gli ultimi incerti: «Adesso andiamo avanti».
«Questo atto non fermerà il processo, né la persecuzione giudiziaria contro di me. Ma almeno tutti sapranno che la maggioranza è ampiamente dalla mia parte e i giudici si renderanno conto che il dibattimento che cercano di concludere è completamente nullo sin dall´inizio».
È un Berlusconi disincantato, ma deciso alla decisiva resa dei conti con Fini quello che dà il via libera al conflitto. Ce l´aveva pronto sul tavolo da giorni e più d´uno aveva sentito Maurizio Paniz, il capogruppo Pdl nella giunta per le autorizzazioni, dire riservatamente ai suoi: «Io il mio “compito” l´ho scritto. Adesso la decisione è politica». Doppiamente politica. Come il premier ha analizzato ragionandone a lungo con i suoi collaboratori. Perché è il primo atto formale dello scontro con i giudici che a brevissimo esploderà con la riforma costituzionale della giustizia, le intercettazioni, il processo breve, la prescrizione accorciata. E perché, per la prassi che vige alla Camera, è soprattutto la prova di forza più dura con il presidente della Camera.
Che da giorni era in stato di allerta. Ma ieri, ancora un´ora prima che arrivasse la lettera dei capigruppo, non sapeva nulla ed era convinto di ricevere almeno un segno di cortese preallarme. Un cortese atto dovuto al primi inquilino di Montecitorio. Che invece è stato messo di fronte al fatto compiuto. La lettera. E pure la contemporanea dichiarazione del ministro degli Esteri Franco Frattini per “avvertirlo” che ha «il dovere istituzionale» di passare il conflitto all´aula.
Fini reagisce gelido. Da lui non trapela un fiato. Ma nel suo entourage, dove il caso del conflitto è stato studiato nei minimi dettagli, fanno subito notare che il quesito posto dai capigruppo, per come viene presentato, è di per sé anomalo. «Non ci sono precedenti specifici» e quindi «bisognerà condurre un´istruttoria molto attenta». Nulla di scontato quindi. I conflitto potrebbe “morire” ben prima di prendere la via della Consulta. Per certo «la decisione sarà presa alla luce dei regolamenti e sarà valutata e approfondita dall´ufficio di presidenza e dalla giunta per il regolamento». È il preannuncio di un conflitto per il conflitto. Un finiano come Nino Lo Presti, che fa parte della giunta per le autorizzazioni e ieri è stato visto salire e scendere più volte dallo studio di Fini, conferma la volontà di dare battaglia per una lettera che conterebbe anche «un vero e proprio falso» sulla telefonata del 27 maggio tra Berlusconi e il capo di gabinetto della questura di Milano, visto che «non di una mera richiesta di informazioni si trattava, ma d´insistenti pressioni per commettere un illecito».
Tutto questo Berlusconi lo ha messo nel conto. Ancora ieri ne ha parlato a lungo con Ghedini. I numeri, nell´ufficio di presidenza, non giocano a loro favore (oggi la maggioranza perde dieci a otto, senza contare Fini, undici a otto se dovesse entrare in tempo uno dei Responsabili). Fini potrebbe stoppare il conflitto come fosse un´anomalia e una forzatura nella prassi della Camera. Un ipotesi che ieri il Cavaliere ha giudicato «surreale» convinto com´è che «tutti i precedenti indicano il passaggio obbligato in aula». Qualora Fini dovesse opporsi, nel centrodestra già sostengono che l´aula potrebbe pretendere con un voto di esaminare lo stesso il conflitto. Un atto che, dice chi ha affrontato la questione con il premier, «è istituzionalmente corretto, fisiologico, indicato dalla stessa procura di Milano dopo il voto della camera sulla perquisizione a Spinelli, identico al conflitto per Abu Omar, per Matacena, per Matteoli». Un atto «normale» che, proprio per questo, «non può essere fermato, a patto che non ci sia un inaccettabile pregiudizio politico».
Lo scontro ci sarà, durissimo. Berlusconi lo ha messo nel conto. E vuole sfruttarlo per mettere in crisi il ruolo di Fini come presidente della Camera. Ma, nel merito del conflitto, come mossa per fermare i giudici, il premier è scettico. Innanzitutto, e lo ha detto ieri ai suoi, è convinto che la Consulta potrebbe anche respingerlo e dichiararlo inammissibile. Inoltre sa bene che il dibattimento si aprirà comunque il 6 aprile. Sa che Ghedini e Longo giocheranno anche lì la carta della competenza, ma sa che le udienze proseguiranno. Per questo, nel frattempo, vuole schiaffeggiare in magistrati e la Consulta con la riforma della giustizia che, «a tutti i costi», andrà in consiglio dei ministri la prossima settimana. Con le intercettazioni, per cui oggi la Consulta Pdl deciderà i prossimi passi e una discussione celere alla Camera. Con la prescrizione breve per gli incensurati che sarà presentata in tempi stretti al Senato.
La Repubblica 02.03.11