«Berlusconi peggiora sempre di più». E il Pd chiama alla piazza gli insegnanti: siete diventati movimentisti, onorevole Franceschini?
«Una parte determinante e centrale del nostro lavoro è in Parlamento e nelle istituzioni. Ma ci sono momenti in cui la coscienza civile di un paese si sveglia ed è una prova di vitalità e di democrazia mostrare indignazione».
Dopo le donne il 13 febbraio, ora l´onda della scuola?
«Le belle piazze italiane del 13 febbraio erano stracolme di donne e di uomini senza bandiere o simboli di partito. E ora potrebbero riempirsi di italiane e di italiani che difendono la scuola pubblica e il ruolo degli insegnanti».
In piazza quindi il 12 marzo, dal momento che gli organizzatori della manifestazione per la Costituzione hanno accolto e rilanciato la sua proposta?
«Grande cosa, sarà un´occasione di protesta pacifica e di indignazione civile».
Berlusconi ha poi rettificato.
«Patetico che dica di essere stato travisato. Le parole del premier scoprono il deserto culturale e la devastazione dei valori di cui è interprete e protagonista. Di fronte alle scuole che cadono a pezzi, alle classi sovraffollate, agli insegnanti con stipendi da fame, anziché impegnare la politica in un grande investimento sulla scuola, l´università, la ricerca, la cultura cioè sull´unica vera risorsa che abbiamo per rendere l´Italia competitiva nel mondo globale, valorizzando i talenti dei ragazzi italiani, il capo del governo, dopo i tagli, demolisce il ruolo degli educatori dei nostri figli».
Ma i mali della scuola italiana non sono di oggi.
«C´è molto da fare. Il berlusconismo però ha dato il colpo di grazia; ha rovesciato la gerarchia dei valori che ha fatto forte l´Italia e l´ha sostituita con il mito che vale solo chi raggiunge la ricchezza e la notorietà con ogni mezzo. Un modello televisivo che spiega tante cose. Va ricordato che nelle nostre università negli ultimi quattro anni le immatricolazioni sono calate del 14%; che il numero di laureati figli di non-laureati è sceso al 10% mentre in Francia e in Inghilterra è tra il 35-40%. I giovani sono le vittime di un messaggio del tipo “cosa conta studiare, quando ci sono mezzi più facili e semplici per fare strada”. Nella scuola bisogna investire sul futuro: io penso a scuole aperte il pomeriggio, a borse di studio ai più bravi, a un Erasmus interno, cioè a uno scambio per mandare giovani del sud a studiare al nord e giovani del nord a studiare al sud».
Secondo lei per gli insegnanti è tempo di riscossa?
«La figura dell´insegnante è la metafora della devastazione dei valori compiuta dal berlusconismo: per decenni il maestro era rispettato nella sua comunità, ci si toglieva il cappello per strada. In questo mondo rovesciato, l´insegnante non lo è perché guadagna poco. E solo se sei ricco conti qualcosa. Dopo la fine di Berlusconi, che sia tra un giorno o tra un anno, troveremo macerie non solo legislative ed economiche ma di valori. Il nostro compito più difficile – prendo in prestito Guccini – sarà proprio costruire su macerie».
Il ministro dell´Istruzione Maria Stella Gelmini, che ha difeso il premier, dovrebbe dimettersi?
«Dovrebbero dimettersi tutti, da Berlusconi in giù».
Anche la Chiesa potrebbe non prestarsi ai tentativi di Berlusconi di offrire un assist alle scuole cattoliche in cambio di una “assoluzione” per i suoi scandali sessuali?
«Cosa c´entra? Berlusconi non ha affatto parlato della libertà d´insegnamento. Ha attaccato semplicemente la scuola pubblica».
Com´è che l´opposizione non riesce a mandare a casa Berlusconi?
«In democrazia ci vogliono i numeri in Parlamento o alle elezioni. Però è chiaro che il premier non ha più consenso sociale, è isolato nel paese. Proprio per questo arriverà la fase più pericolosa dei colpi di coda e il livello di vigilanza democratica deve essere massimo. Così come l´unità tra le opposizioni».
La Repubblica 28.02.11
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Bersani: uno schiaffo, via la Gelmini Il ministro: l’istruzione non è vostra
È un botta e risposta che va avanti per tutta la domenica quello sulla scuola dopo le parole di Silvio Berlusconi che aveva accusato gli insegnanti di «inculcare idee diverse da quelle che vengono trasmesse dalle famiglie». Non è solo il mondo della scuola a sollevarsi, con i sindacati che usano quasi le stesse parole, dalla Flc Cgil alla Ugl, e si uniscono al coro di associazioni degli studenti e presidi, come di rado avviene. La questione monta fino ad occupare il centro della scena politica. «La scuola pubblica è il luogo in cui l’Italia costruirà il suo futuro e non permetteremo che Berlusconi la distrugga» , dice Pier Luigi Bersani che parla di «schiaffo inaccettabile» . Per questo il Partito democratico è pronto a scendere in piazza già domani con un sit in davanti a Palazzo Chigi, mentre prende quota l’ipotesi, per il 12 marzo, di una manifestazione senza bandiere di partito e simboli in difesa della scuola pubblica, sulla scia di quella di due settimane fa in difesa delle donne. Bersani dice anche che «la Gelmini dovrebbe dimettersi» . E lo stesso invito arriva da un uomo di ben altra storia ed orientamento: «Se il presidente del consiglio è convinto di questo — dice Cesare Romiti, ex amministratore delegato della Fiat ed oggi presidente della Fondazione Italia— Cina— doveva chiamare il ministro e costringerla a dimettersi» . Secondo Romiti, la «maggioranza degli insegnanti ha pochi mezzi, guadagna pochissimo, eppure le famiglie amano maestri e maestre di scuola elementare» . Ma alle dimissioni il ministro Gelmini non pensa affatto: difende Berlusconi, anche lei dice che il presidente del consiglio è stato frainteso e poi risponde dura al segretario del Pd: «Bersani si deve rassegnare perché la scuola non è proprietà privata della sua parte politica» . C’è anche chi va oltre Berlusconi come il vicecapogruppo del Pdl alla Camera, Osvaldo Napoli, che accusa gli insegnanti di essere in buona parte «sessantottini» e anche ignoranti perché «laureati a suon di 18 politico, con esami più o meno esotici sulla vita culturale degli esquimesi» . Scontro totale, feroce. Ed una linea respinta da tutte le opposizioni: i finiani dicono con Italo Bocchino che il «vero centrodestra è dalla parte della scuola pubblica» , Nichi Vendola che la «crisi della scuola aiuta il premier» , l’Italia dei valori che il «vero programma di Berlusconi è lo smantellamento della scuola pubblica con un sistema solo per ricchi» . Ma anche da Italia Futura, la fondazione di Luca Cordero di Montezemolo, che parla di «ennesima, imbarazzante, novità che l’Italia offre al mondo» . E questo perché «proprio in tema di valori, i maestri e gli insegnanti che fanno un lavoro difficile e malpagato hanno veramente poco da imparare da Silvio Berlusconi» . Anche l’Udc critica Berlusconi, ma da una posizione diversa. Rocco Buttiglione e Luca Volontè invitano il governo ad evitare polveroni e trovare i soldi per il buono scuola, che favorirebbe l’accesso alle scuole paritarie, in larga parte di orientamento cattolico. L’Udc annuncia di voler «incalzare» il governo su questo punto con una serie di emendamenti in Parlamento, come già fatto durante l’esame della legge di stabilità trovando il no di Giulio Tremonti.
Il Corriere della Sera 28.02.11
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