A subire i colpi più duri è stata la scuola di Stato, che ha dovuto incassare un taglio importante di fondi, classi e insegnanti. Un trend che va avanti fin dall’insediamento dell’esecutivo. Più tagli per tutti, ma soprattutto per la scuola pubblica. Il governo Berlusconi nell’ultimo anno ha portato meno soldi sia nelle casse dell’istruzione statale che di quella privata. Ma a subire i colpi più duri è stata la scuola di Stato, che ha dovuto incassare un taglio importante di fondi, classi e insegnanti. Un trend che va avanti fin dall’insediamento dell’esecutivo.
Chiusi 295 istituti. Tanto per fare due conti, fra il 2009 e il 2010 sono state chiuse 295 scuole statali per “razionalizzare” il sistema e contenere la spesa. Le classi tagliate sono state quasi 5mila. Cura da cavallo, poi, per gli organici: tra il 2009 e il 2011 il governo ha messo in conto 87mila cattedre e 45mila Ata (Ausiliari, tecnici e amministrativi) in meno. Le cattedre relative al 2009 e al 2010 sono già volate via: 42mila nel 2009 e più di 25mila nel 2010. Alle migliaia di insegnanti lasciati a spasso il governo ha dovuto rispondere con un decreto ad hoc per garantire corsie preferenziali per le supplenze a chi da anni insegnava e all’improvviso si è ritrovato senza contratto. Ora si attende l’emanazione della circolare che renderà effettivi i tagli del 2011 e che li distribuirà regione per regione. Inutili le proteste degli insegnanti.
8 miliardi di risparmi. La legge 133 del 2008, la manovra estiva di quell’anno, del resto, parlava chiaro: alla scuola statale è stata imposta una cura dimagrante pari a 8 miliardi di risparmi (456 milioni per il 2009, 1,6 miliardi per il 2010, 2,5 miliardi per il 2011, 3,1 miliardi per il 2012) da conseguire attraverso l’innalzamento del numero di alunni per classe, il taglio del personale, l’accorpamento e la chiusura di istituti. E la dieta non è finita: nella legge del 2008 c’è scritto che l’ultima tranche di tagli (3,1 miliardi), quella più sostanziosa, vale a “decorrere dall’anno 2012”. Salvo nuovi interventi normativi, dunque, il risparmio dovrà andare avanti.
A dieta pure le private. Anche il settore privato ha perso una parte dei sussidi erogati dallo Stato: le scuole non statali nel 2010 hanno ricevuto 539 milioni di euro (il 15% va alle comunali), quest’anno ne avranno 10 in meno. Ma il confronto non regge: la scuola privata è sostenuta anche dalle rette delle famiglie e raccoglie solo il 5% degli iscritti a livello nazionale. E, comunque, secondo una tabella della Flc Cgil, dal 2008 ad oggi, fatta eccezione per il calo di quest’anno, i fondi per le paritarie sono sempre cresciuti. Insomma, la bastonata più grossa l’ha presa il sistema pubblico. Peraltro a novembre, dopo forti rimostranze da parte dell’area cattolica, il governo ha ripristinato buona parte del taglio inferto alle non statali: all’inizio Tremonti aveva decurtato del 48% (255 milioni) lo stanziamento. Poi, nel maxi emendamento presentato alla legge di stabilità, sono stati messi 245 milioni per coprire quel buco. A conti fatti le scuole private hanno perso solo il 2%, pari a 10 milioni. Ma non è solo una questione di soldi: la ‘rivalità’ fra scuola pubblica e privata è alimentata anche a suon di dichiarazioni.
La parità nel programma del Pdl. Nel suo programma elettorale il Pdl aveva espresso con chiarezza la propria intenzione di sostenere il sistema non statale con aiuti economici alle famiglie per “una effettiva libertà di scelta educativa”. E se il governo non ha dubbi sull’importanza delle paritarie nel sistema dell’istruzione, sulla scuola pubblica piovono spesso critiche di inefficienza.
Il Messaggero 27.02.11