Provo con questo articolo a sintetizzare l’esito di un importante sondaggio, svolto dalla Swg per conto dei Cristiano sociali, sull’atteggiamento dei cattolici praticanti nei confronti del governo e degli scandali legati al presidente Berlusconi.
Una parte consistente degli elettori cattolici praticanti, come è noto, ha scommesso in passato su Berlusconi, affidandogli il proprio consenso in occasione di diverse elezioni. Alle ultime elezioni politiche, nel 2008, più della metà dei cattolici praticanti che aveva votato, aveva scelto il Cavaliere e il 42 per cento il Pdl. Da allora il rapporto tra l’elettorato cattolico e il premier è andato incrinandosi, in parte a causa di una diffusa insoddisfazione nei confronti dell’operato del governo da lui guidato, ma anche per via di una condotta privata che è risultata sempre più difficile da tollerare per chi si riconosce nei principi fondamentali della cultura cattolica.
A produrre una più rapida erosione del consenso nei confronti di Berlusconi in questi ultimi mesi, sono state le note vicende giudiziarie, l’emergere, cioè, di un sistema costruito attorno alle residenze del presidente del consiglio, delle giovanissime ospiti e delle loro famiglie, degli accompagnatori, delle promozioni e delle carriere politiche assicurate, dei compensi elargiti, dei ricatti e delle pressioni esercitate.
Vicende tutt’altro che riconducibili ad un presunto principio di intangibilità della vita privata del premier. Vicende a sfondo sessuale e presunti episodi di prostituzione e concussione, che hanno ampliato ulteriormente le distanze dei cattolici dalla figura di Berlusconi.
Tra i cattolici si registra una pesante diminuzione del gradimento, verificatosi tra novembre 2010, ovvero prima dello scoppio del caso Ruby, e gennaio 2011: un tracollo di meno dieci punti a fronte di un gradimento sostanzialmente stabile nell’elettorato totale.
Diversi malumori si erano rilevati già in passato, ma evidentemente per un segmento rilevante dei cattolici i recenti scandali hanno rappresentato la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
L’operato del governo viene criticato da due cattolici praticanti su tre e risultano largamente negativi i giudizi sui temi ai quali l’elettore cattolico è solitamente più sensibile. Le valutazioni peggiori, infatti, riguardano le politiche per l’occupazione, l’orientamento dell’esecutivo sulle questioni etiche e l’attività a sostegno delle famiglie.
Emerge una vera e propria crisi di credibilità del centrodestra su questi argomenti. I punti di forza di un rapporto ricercato e accarezzato con la Chiesa da parte del centro destra, politiche per la famiglia, questioni etiche, lavoro, sono colpiti in modo inequivocabile.
Tra i cattolici che si riconoscono nell’area di riferimento della maggioranza una parte minoritaria (il 42 per cento) è del tutto soddisfatta, mentre un ulteriore 27 per cento, pur rimanendo su un giudizio globalmente positivo, si ritiene in qualche modo deluso.
Le conseguenze giudiziarie ed etiche delle notizie inerenti le presunte feste di Arcore hanno inasprito ulteriormente il contrasto tra il premier e la magistratura nelle percezioni dei cittadini, e lo steso vale per i cattolici praticanti. Vi è oramai uno spartiacque evidente che separa di netto i soggetti che sostengono Berlusconi da quelli che supportano le toghe. Prevalgono le posizioni favorevoli alla magistratura, sia in termini di fiducia sia sul piano della credibilità delle tesi inerenti i recenti scandali.
In sostanza, le reazioni dei cattolici alla questione del sex-gate sono riassumibili in tre tipologie: 1.Indignazione e condanna: (non solo disagio e disorientamento) sono le posizioni della maggioranza dei cattolici praticanti, ovvero di una quota che oscilla tra il 57 per cento e il 59 per cento; stanno dalla parte dei magistrati, provano disgusto o ritengono le vicende una vergogna per l’immagine del paese; sostengono che il comportamento in privato del presidente del consiglio sia strettamente legato alla sua funzione pubblica, lo considerano un cattivo esempio per le nuove generazioni e segnalano un peggioramento della propria opinione sul premier.
2. Difesa del presidente Berlusconi: il 26 per cento dei cattolici si trova su posizioni diametralmente opposte, ovvero tende a non credere alle accuse dei pm, condividendo la tesi dell’uso politico della giustizia o dell’ingiusta invasione della vita privata del premier.
3. Indifferenza: coprono tra il 15 per cento e il 17 per cento del totale non credono a nessuna versione dei fatti, non pensano sia corretto giudicare i politici sulla base dei loro comportamenti privati e le notizie sul sex-gate non hanno influito sull’immagine che hanno di Berlusconi, la quale è in parte positiva e in parte negativa.
Complessivamente emerge che le vicende delle presunte feste hanno prodotto uno smottamento notevole nel mondo cattolico. Per il 57 per cento si è avuto un peggioramento delle opinioni relative al premier, anche se gran parte di questi, il 40 per cento partiva già da un parere critico. Il fatto, però, che per il 17 per cento dei cattolici praticanti lo scandalo abbia rappresentato una motivazione a cambiare il proprio giudizio sul Cavaliere da positivo a negativo, dimostra l’importanza che la questione riveste nelle percezioni dell’elettorato cattolico.
Il dibattito sull’opportunità del considerare il comportamento nel privato come parte integrante della condotta politica coinvolge anche l’opinione pubblica cattolica.
Una minoranza molto ristretta (14 per cento) sostiene occorra escludere del tutto la sfera privata dalla funzione pubblica, mentre gran parte delle posizioni (80 per cento) riconoscono l’importanza della condotta personale (del comportamento nella vita privata).
Gli effetti delle dichiarazioni legate alle vicende del sex-gate dimostrano che l’autorità ecclesiastica rappresenta un punto di riferimento importante per una parte consistente dei cattolici.
Per il 40 per cento le dichiarazioni hanno avuto un’incidenza sull’immagine che ha del premier, in gran parte rafforzando un’opinione già negativa (23 per cento).
Nel 12 per cento dei casi ha alimentato addirittura un’inversione del segno nel giudizio, 8 per cento in senso negativo e 4 per cento in senso positivo.
Molti cattolici sono al corrente degli interventi delle autorità ecclesiastiche, anche se poco meno della metà dice di conoscerle in modo approfondito.
Il 22 per centonon ne ha sentito parlare e il 31 per cento sì, ma solo vagamente. Secondo l’opinione prevalente, i richiami della Chiesa sono stati di carattere generico e troppo indulgenti.
Circa la metà dei cattolici praticanti avrebbe preferito un rimprovero più chiaro e diretto alla condotta del presidente del consiglio, mentre poco più di un terzo condivide la linea moderata.
Non si devono strumentalizzare le parole dei vescovi. Ma, certo, non si può nascondere che per un non breve periodo si è temuto il silenzio, la prudenza, se non addirittura l’ambiguità rinunciataria. Invece la Chiesa ad un certo punto è intervenuta, con parole forti e autorevoli. Certamente non nel modo diretto ed esplicito che una parte dei credenti si aspettava, ricorrendo più agevolmente al linguaggio della diplomazia piuttosto che della profezia, ma, nella sostanza, la Chiesa ha detto cose importanti alle coscienze dei cattolici e del paese.
Il presidente della conferenza episcopale italiana ha parlato di comportamenti contrari al pubblico decoro, di disagio morale della collettività, di disastro antropologico, e, infine, chiesto che «si faccia chiarezza nelle sedi appropriate» che sono quelle previste dall’ordinamento giudiziario.
L’appello al cambiamento non è generico. Implica un ripensamento di valori e dei modelli di comportamento, soprattutto di quelli proposti alle giovani generazioni.
Il cardinale Angelo Bagnasco ha parlato anche di disoccupazione giovanile, delle ragioni serie della rivolta dei giovani rispetto ai temi della scuola e dell’università, degli effetti drammatici della crisi economica sulla vita delle famiglie.
Forse – almeno così voglio credere – vi è la presa di coscienza della difficoltà di lanciare con credibilità la sfida educativa, indicare un sistema di valori positivi ai giovani e alle famiglie, senza pronunciarsi sulla crisi dell’etica pubblica, sulle responsabilità del governo in carica, o sugli effetti di lungo periodo dei messaggi promossi dal sistema mediatico e di intrattenimento del presidente del consiglio.
Il rischio è quello di incrinare irreparabilmente la credibilità della Chiesa nell’azione pastorale e del suo stesso ministero di amore e di verità nella vita civile e nel dibattito pubblico.
Il rischio è quello di non vedere che in questo degrado dell’etica pubblica è in gioco un insieme di valori non meno negoziabili di quelli tante volte evocati nel dibattito sulle questioni eticamente sensibili, come la legalità, la moralità, la dignità della persona umana e della donna in particolare, la giustizia, il decoro e l’onore delle funzioni pubbliche.
Infine, l’indagine svolta di recente da Swg segnala l’orientamento di voto dei cattolici praticanti che hanno votato Silvio Berlusconi nel 2008. Solo il quarantadue per cento dichiara che lo rivoterebbe sicuramente, il trenta per cento probabilmente. Quelli che non lo voterebbero più raggiungono ormai il ventidue per cento.
da Europa Quotidiano 17.02.11