economia, lavoro

«Il governo mai protagonista:al massimo fa il tifo», di Giuseppe Vespo

Poteva essere un’occasione per recuperare il confronto sul piano industriale, partendo da una migliore definizione degli investimenti. Invece si continua a parlare in modo generico di venti miliardi, ma dove e come verranno impiegati non è dato saperlo». A Vincenzo Scudiere, segretario confederale Cgil, non bastano le rassicurazioni della Fiat sugli investimenti in Italia: «C’è bisogno di risposte precise sulla direzione strategica del gruppo. Invece restiamo nella più totale incertezza». D’altra parte è il presidente John Elkann a dire che “dobbiamo imparare a vivere col dubbio”. «Infatti: i dubbi sono di tutti. Delle imprese e dei lavoratori. Per renderli un po’ meno forti ci vorrebbe un governo che aiutasse le aziende a restare in Italia. Basta guardare fuori: Bmw, Volkswagen, Peugeot. In Germania, in Francia, negli Stati Uniti. Obama mette fondi e sostegno». Noi non siamo gli Usa o la Germania. Tra l’altro in Europa gli aiuti alle imprese non sono ammessi. «Ma, come avviene in Germania o in Francia,nonsono vietate politiche industriali d’investimento sulla ricerca e l’innovazione. Si possono cercare soluzioni diverse ai problemi del mercato. Invece in Italia il governo preferisce stare a guardare, assiste come uno spettatore che fa il tifo per la Fiat e non è mai protagonista. Perché? «Non fa parte della sua politica, del ruolo che pensa debba avere nel Paese. L’aver negato per molto tempo la crisi, l’essere intervenuti così in ritardo su Fiat, sono la dimostrazione di come si scelga di stare a galla più che di prendere il toro per le corna. Mentre le responsabilità vengono scaricate tutte sui lavoratori: anche oggi (ieri) Sacconi è tornato a parlare della “governabilità delle fabbriche” ». Ci sono diversi esponenti dei sindacati e dei partiti che si dicono soddisfatti di quanto garantito ieri da Marchionne e Elkann. «È vero. Ciascuno, a seconda del suo ruolo, si accontenta di quello che dice Marchionne. Tutti sostengono genericamente che bisogna creare le condizioni perché l’investimento si faccia. Questo dà l’idea dell’incertezza in cui ci muoviamo ». La Cgil è impegnata su più fronti: all’esterno con i sindacati e i partiti che sostengono gli accordi Fiat; all’interno con la Fiom e adesso anche la Funzione pubblica in piena mobilitazione. «È chiaro che le criticità che si vivono nei luoghi di lavoro si riflettono poi all’interno del sindacato. Per quel che riguarda l’ultimo strappo, quello al tavolo della funzione pubblica, è ancora una volta opera del governo, che ha favorito l’intesa separata. Stiamo decidendo come proseguire l’azione sindacale. Per quanto riguarda il rapporto con gli altri sindacati, noi speriamo che si possa tornare a discutere di crescita, democrazia e rappresentanza, sennò sarà complicato andare avanti. Su democrazia e rappresentanza, la Cisl vi chiede di ripartire dal tavolo del 2008. «Prima di tutto bisogna ripartire: noi abbiamo fatto una proposta che non è ultimativa, ma ci vuole la volontà di tutti di tornare al tavolo. Torniamo alla Fiat. Se la immagina, come dice Marchionne, a più teste? «È già a più teste, è una multinazionale. Il problema è capire dove sarà il centro direzionale. Dove si decideranno politiche e strategie globali ».

L’Unità 13.02.11

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“Fiat: il vertice non scioglie i nodi. Resta in Italia,ma fino al 2014”, di Federica Fantozzi

Due ore di vertice a Palazzo Chigi non spazzano via le ambiguità sul futuro della Fiat. Ieri mattina i vertici dell’azienda torinese, il presidente John Elkann e l’amministratore delegato Sergio Marchionne, hanno visto Berlusconi, Gianni Letta, i ministri dell’Economia Tremonti, delle Comunicazioni Romani e del Lavoro Sacconi.

FUTURO ANCORA INCERTO Confermati 20 miliardi di investimenti in tre anni per raddoppiare la produzione auto (dalle 650mila attuali a 1 milione 400mila). Ma sulle condizioni affinché la testa del gruppo resti italiana il velo si alzerà nel 2014. E il Lingotto ha chiesto le «condizioni di competitività giuste» per investire, prima tra tutte «la governabilità delle fabbriche». Sacconi conferma: «Il nodo è la governabilità, noi siamo d’accordo ». Lunedì sera è previsto l’incontro tra il governo e i sindacati. Quello di ieri era un incontro obbligato, dopo le polemiche dei giorni scorsi seguite all’annuncio di Marchionne: risanata la Chrysler, Fiat sarebbe andata «via da Torino». Verso Detroit. Parole choc, piombate come macigni in calce ai controversi referendum che hanno, a malincuore da parte degli operai, sancito la nascita delle “newco” libere dai vincoli del contratto nazionale di categoria. A quel punto il governo, che durante la partita Fiat era stato molto defilato – a partire da Berlusconi e Tremonti – si è trovato costretto a intervenire. Se non altro per non perdere la faccia.

LA CGIL: È UNA PASSERELLA Intervento però giudicato tardivo e inutile sia dall’opposizione che dalla Cgil. «Una passerella – ha detto Susanna Camusso – Se un esecutivo non è in grado di essere autorevole nei confronti di una grande impresa la si insegue come è accaduto solo ieri». La segreteria confederale Cgil ha anche bocciato il vertice in una nota: «Non ha risolto i problemi, sia dal punto di vista dell’ allocazione degli investimenti e quindi della definizione precisa del piano industriale, sia dal punto di vista della collocazione della di rezione strategica del gruppo, rimandata al 2014». «Alla buon ora» aveva commentato in mattinata il segretario del Pd Pierluigi Bersani «Avrei molte domande da fare a Marchionne, spero che gliele farà il governo». E se il sindaco torinese Sergio Chiamparino e Piero Fassino, uno dei possibili candidati a succedergli sotto la Mole, vedono un «significativo passo avanti» nella conferma degli investimenti economici e nella crescita della produzione di veicoli, Stefano Fassina dalla segreteria di Largo del Nazareno boccia il vertice che «non ha chiarito nulla. È stato un passaggio ad uso mediatico, data l’assenza di strategie industriali da parte del governo». Per Antonio Di Pietro è andata «addirittura peggio del previsto, il governo avalla l’azienda in tutto e per tutto».

I PALETTI DI SACCONI Alla fine del summit, sono soprattutto i ministri coinvolti ad essere di buon umore. «La Fiat – ha detto Romani – rimane con il cuore italiano. Rimane in Italia, con la volontà di investire nel paese, ma con l’obiettivo e la necessità di arrivare alla soglia critica di produzione di 6 milioni di autovetture soglia minima delle grandi multinazionali». Poi ha scandito: «C’è un certo modo di fare automobili nel mondo, Fiat chiede di poterlo fare anche nel nostro paese». A Termini Imerese si insedieranno «sette nuove iniziative produttive» con aumento dell’occupazione complessiva Fiat e dell’indotto da 1.500 occupati a 3.300. Sulla stessa linea Sacconi: «Il futuro della Fiat e il suo sviluppo sono condizionati dalla governabilità degli stabilimenti. Abbiamo concordato che sono necessarie relazioni industriali costruttive per la piena utilizzazione degli impianti e il ritorno degli investimenti. Dire che il costo del lavoro vale solo il 7%è una grande stronzata, perché è legato al grado di utilizzazione degli impianti».

L’Unità 13.02.11