attualità, politica italiana

"Processo breve, Berlusconi accelera Vietti e Anm: legge devastante", di Liana Milella

Pd: in fumo migliaia di cause. Granata: pronti alla piazza. L´obiettivo è approvarlo entro maggio, liberando il premier di due procedimenti
Anche Pecorella critica il ddl che riduce a sei anni i tempi dei tre gradi di giudizio. Berlusconi accelera sul processo breve. Alla Camera. In commissione Giustizia. Già dalle prossime ore. Sarà pure «devastante», come gridano subito Michele Vietti, al vertice del Csm, e Luca Palamara, il presidente Anm. Sarà «una vergogna», come lo bolla il pd Enrico Franceschini. Sarà «un colpo mortale alla giustizia», parola di Antonio Di Pietro. Sarà solo «un escamotage ad personam», secondo il centrista Roberto Rao. Sarà «una prescrizione breve», come lo boccia Daniela Melchiorre, la liberaldemocratica che pure molti accreditano come già passata nelle file berlusconiane. Di certo «non è tra le priorità del Paese», parola del finiano Italo Bocchino. E Fli, per bocca di Fabio Granata, preannunci «le barricate». Sarà pure tutto questo, ma il Pdl volutamente lo ignora e sul processo breve va per la sua strada. Si muove Enrico Costa, il capogruppo in commissione Giustizia, e scrive alla presidente Giulia Bongiorno per chiederle che il ddl torni subito in carreggiata. Già questa settimana. Subissato dalle critiche, dopo una giornata in Piemonte con il Guardasigilli Angelino Alfano, Costa difende la misura e il suo passo: «Vogliamo introdurre regole che combattano gli insostenibili ritardi dei processi penali. È inutile che il Pd ci attacchi visto che loro avevano fatto al Senato la stessa proposta. E che dire dei finiani? L´hanno votato anche loro. Basta con le strumentalizzazioni. Andiamo avanti».
Sì, avanti, e subito. Il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto ha chiara la strada. Il calendario di febbraio, purtroppo, è già pronto, ma in quello di marzo ci sarà il processo breve. Giusto in tempo per incardinarlo in aula e passarlo poi al mese successivo con i tempi contingentati. Nel frattempo gli avvocati-deputati-senatori del Pdl (oggi la prima riunione) lavoreranno per un testo blindatissimo, che approvato a Montecitorio necessiti solo di un passaggio lampo a palazzo Madama. Per maggio il processo breve potrebbe diventare legge. E Berlusconi si libererebbe di due dei suoi tre processi (“morti” Mills e Mediaset, in piedi Mediatrade per la frode fiscale fino al 2009).
Questo è il processo breve. Una legge-manifesto per vantarsi, come dichiarano tutti i berluscones, «di aver accorciato i tempi della giustizia», e una legge ad personam, per “potare” quelli del capo. Una legge che riduce a sei anni complessivi i tempi dei processi (nella versione del Senato), articolati nei tre gradi di giudizio; una legge che si applica subito ai reati commessi prima del 6 maggio 2006, quindi indultabili. Una norma che, secondo il pdl Maurizio Paniz , è «presa in prestito» dalla circolare dell´ex procuratore (oggi pg) di Torino Marcello Maddalena. Quindi, nella sua lettura, una legge giusta. «Una legge che l´Europa ci chiede» come dicono Cicchitto e Luigi Vitali. In realtà una legge che a partita aperta cambia le regole del gioco, al punto che pure l´ex avvocato del premier Gaetano Pecorella prende le distanze: «Anche il diritto alla difesa verrebbe compromesso».
Processo breve per azzerare i vecchi processi e conflitto d´attribuzione alla Consulta per “scippare” a Milano il Rubygate. Questo è il menu che il Pdl si appresta a servire a Montecitorio. Un en plein che già mette in allerta Csm, Anm, tutta l´opposizione. Quasi basiti Vietti e Palamara. Il primo si augura che il processo, pur se breve, «rimanga processo». Il secondo si sorprende per un ddl che sembrava «abbandonato». I pd Andrea Orlando e Donatella Ferranti etichettano come «irresponsabile» la richiesta di Costa perché il ddl «cancellerà centinaia di migliaia di processi». La Finocchiaro ironizza «sul lupo che perde il pelo ma mai il vizio». Granata descrive Fli come «pronta alla mobilitazione in Parlamento e nelle piazze». Altrettanto fa Di Pietro con la minaccia di «barricate». Anche il rutelliano Pisicchio dice no «a una legge piegata alle sole esigenze di Berlusconi». La Lega di Maroni tace, pur se il lavoro di tanti poliziotti andrà in fumo. Con esso i soldi spesi per fare le indagini. Ma la priorità adesso è chiudere i processi di Silvio.

La Repubblica 08.02.11